Dopo un anno di guerra in Ucraina
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin e la terribile guerra in corso che dura ormai da un anno hanno aperto una difficile discussione all’interno e tra le forze della sinistra radicale su scala internazionale.
Intenso è anche il dibattito nelle organizzazioni che fanno riferimento alla Quarta Internazionale in cui si sono espresse analisi e orientamenti articolati dentro il comune rigetto dell’aggressione di Putin e il pieno sostegno al legittimo diritto del popolo ucraino a lottare per la propria autodeterminazione.
In questo quadro pubblichiamo l’ultima risoluzione del Bureau dell’Internazionale che segna una parziale evoluzione di testi precedenti.
La diversa e specifica posizione di analisi e di orientamento di Sinistra Anticapitalista è invece espressa nella recente dichiarazione della Direzione che fa seguito a quella del 9 maggio 2022 dal CPN.
Pubblichiamo infine la dichiarazione di Anticapitalistas che, a sua volta, esprime le posizioni della sezione dello Stato spagnolo della QI.
Dichiarazione di Anticapitalistas
La guerra imperialista e criminale scatenata dall’autocrazia putiniana contro l’Ucraina sta distruggendo il Paese e seminando morte e sofferenza da un anno a questa parte, generando una spirale guerrafondaia e reazionaria a livello mondiale, alimentando il caos economico internazionale ed eclissando i compiti centrali della lotta di classe del nostro tempo: la transizione ecosocialista per evitare il collasso climatico, la lotta contro lo sfruttamento e le oppressioni, la lotta contro l’estrema destra e il neofascismo. Come Anticapitalistas ci opponiamo a questa guerra, lottiamo per una pace senza annessioni e per il ritiro delle truppe russe, così come per l’autodeterminazione dell’Ucraina e il suo non allineamento tra i blocchi imperialisti, e sosteniamo la disobbedienza contro la guerra.
Tuttavia, è necessario evitare la semplificazione di questa guerra in un senso o nell’altro e crediamo che, anche se il governo di Putin è responsabile dell’invasione, non è meno vero che il conflitto armato interno scatenato nell’Ucraina orientale dal 2014 (con un’innegabile origine endogena, nonostante la rapida interferenza di potenze straniere per aiutare una parte o l’altra) e, soprattutto, la permanente contesa geopolitica e geoeconomica tra l’imperialismo russo e quello occidentale (americano e anche europeo) per il controllo di quel Paese, nonché l’estensione della NATO nell’Europa orientale, ci dicono che la responsabilità di aver sabotato la pace nella regione è condivisa e viene da molto più lontano.
Dopo un anno di guerra è evidente che non ci può essere una soluzione esclusivamente militare al conflitto per una serie di ragioni:
a – L’occupazione militare dell’Ucraina da parte della Federazione Russa è impossibile per ovvie ragioni politiche e militari: la maggioranza dei cittadini ucraini rifiuta l’invasione ed è determinata a resistere. Dai tempi della Rivoluzione francese è una costante il fatto che, anche se un esercito nemico inferiore può essere distrutto, un popolo determinato a non essere occupato non può essere schiacciato all’infinito.
b – A meno che la figura di Putin non scompaia (per motivi di salute o attraverso quello che, per il momento, è un improbabile colpo di Stato), è difficile immaginare una sconfitta completa della Russia, date le dimensioni del Paese e il fatto incontrovertibile che il suo regime ha legato il proprio destino all’esito della guerra. Allo stesso tempo, il governo ucraino non può sconfiggere completamente la Russia (soprattutto se intende riconquistare la Crimea) senza il rischio molto elevato di trascinare la NATO in uno scontro frontale con la Russia, cosa che non solo Zelensky ma anche i governi di estrema destra di Polonia e Lituania hanno cercato di fare fin dall’inizio dell’invasione.
c – La rottura di questo equilibrio attraverso la fornitura all’Ucraina da parte della NATO di armi pesanti (carri armati) e forse presto anche di aerei da combattimento e missili a lunga gittata, provoca l’escalation del conflitto, la rappresaglia di Putin contro la popolazione civile e la distruzione delle infrastrutture di base del paese ed infine il rischio, che aumenta con il passare dei mesi, di sfociare in una guerra inter-imperialista su scala più ampia.
d – Come dichiarano esplicitamente molti dei suoi responsabili politici, la guerra per procura della NATO contro la Russia (che è l’unico obiettivo a cui si riduce il suo presunto interesse per la “democrazia” e la “libertà”) strumentalizza il legittimo rifiuto della popolazione ucraina dell’invasione russa. Così come la NATO, e soprattutto gli Stati Uniti e il Regno Unito, sono pronti ad approfittare della guerra per indebolire la Russia, non è da escludere che la Cina, principale avversario globale di Washington, decida di fare lo stesso armando la Russia con la logica simmetrica di non far cadere il proprio alleato, cosa che, se si verificasse, ci avvicinerebbe decisamente ad una terza guerra mondiale.
Non solo le gravi minacce di Putin di ricorrere alle armi nucleari devono essere prese molto sul serio, ma vale anche la pena ricordare che minacce simili sono state fatte da Biden anche prima dell’invasione e che – come ha fatto Macron di recente – non pochi leader della NATO stanno banalizzando l’enorme pericolo di ricorrere a tali armi (soprattutto per quanto riguarda le armi nucleari “tattiche”).
In questi tempi bui ci preme ricordare alcune banalità come questa: nessuno degli imperialismi (né la Russia, né gli Stati Uniti, né la Cina, né l’UE) rispetta il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Si occupano dei “diritti umani” solo quando vengono calpestati dai loro nemici e cercano di giudicare i crimini di guerra dei loro avversari. L’imperialismo non si batte mai per i “valori”, ma per gli interessi. Per dirla con le parole di un primo ministro vittoriano dell’Impero britannico, Lord Palmerston: “Non abbiamo alleati eterni, né nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui, e il nostro dovere è di custodirli”.
Per tutti questi motivi, riteniamo che la sinistra anticapitalista e internazionalista non possa cedere alla tentazione di scegliere tra i blocchi in competizione ma debba mantenere una posizione antimperialista indipendente, concentrandosi sul rifiuto della guerra, sulla solidarietà con il popolo ucraino che la subisce e sul sostegno all’opposizione contro la guerra in Russia, nonché sulla lotta contro il militarismo e i governi capitalisti. Tutto ciò ci obbliga a lottare contro le politiche dei nostri stessi governi in questa crisi: contro gli interessi imperialisti delle classi dominanti dei nostri Paesi, contro l’aumento dei bilanci militari e l’espansione della NATO, contro l’inflazione, l’alto costo della vita e le politiche di austerità, e contro il sostegno all’industria della morte approfittando dello shock della guerra.
La guerra per procura della NATO, con cui Washington ha fomentato e strumentalizzato la guerra in corso, si combina con le “sanzioni economiche” contro la Russia – che tra l’altro si sono rivelate del tutto inutili per fermare il conflitto-, che colpiscono le condizioni di vita delle classi lavoratrici russe e del resto del mondo (e in particolare dei popoli del Sud del mondo) e con una guerra economica contro l’UE (e in particolare contro la Germania) con la quale si punta a rendere competitiva l’economia statunitense e a favorire le delocalizzazioni (a Parigi e a Berlino c’è già panico in questo senso) non solo per rompere irrimediabilmente il partenariato economico tra Europa e Russia (“se c’è un’invasione, non ci sarà il Nord Stream”, nelle parole di Biden a Sholz), ma anche per rafforzare la subordinazione politica dell’UE agli interessi di Washington. I blocchi imperialisti si stanno concentrando e si preparano a un periodo di scontri a diversi livelli….
Viviamo in un contesto internazionale simile a quello degli “anni della sicurezza” che hanno preceduto la Prima Guerra Mondiale, quando il movimento operaio stava valutando come evitare con ogni mezzo una grande guerra. Ieri come oggi, il rischio è di vedere l’albero e non il bosco, e che la sinistra si adatti a denunciare le atrocità delle potenze rivali senza combattere le proprie, dimenticando, insomma, una delle frasi profetiche del leader rivoluzionario tedesco Karl Liebknecht: “il nemico è in casa”.
Se l’attuale guerra non verrà fermata al più presto, è assai probabile che ciò che verrà dopo sarà un salto nella barbarie infinitamente più grande e ancora più irreversibile. Per questo è necessario fermare la guerra prima che sia troppo tardi, ma ciò è impossibile senza una presa di coscienza e un passo avanti nell’azione politica indipendente delle classi lavoratrici per affrontare il grave pericolo che corriamo, non solo in Ucraina, ma anche in Russia, in Europa e nel mondo intero.
Per il ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina.
Per l’autodeterminazione del popolo ucraino, difendendo la sua neutralità e il non allineamento a tutti gli imperialismi.
Per il diritto all’autodeterminazione del Donbass sotto la supervisione di Paesi non allineati nel conflitto.
Per la cancellazione del debito estero dell’Ucraina e la fine delle sanzioni su scala globale.
Per un cessate il fuoco. Per la smilitarizzazione e la denuclearizzazione dei confini. La fine delle spedizioni di armi da parte dei Paesi imperialisti.
Guerra alla guerra: per l’internazionalismo e la solidarietà tra le classi lavoratrici del mondo.
23/02/2023