Si scrive MES, si legge fondo salvaCapitale!
La nascita del MES: dalle condizioni rigorose alla troika. La riforma del MES: un colpo letale alla democrazia nell’Unione europea. Tutte le ipocrisie del MES pandemico [Marco Parodi]
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La nascita del MES: dalle condizioni rigorose alla troika
Di fronte alla crisi pandemica, una delle risposte dell’Unione europea è stata quella di consentire l’attivazione di una linea di credito speciale per gli stati membri finalizzata appositamente al finanziamento straordinario della sanità, attraverso il prestito elargito dal Meccanismo europeo di stabilità (MES). Da quel momento in poi è cominciata una omelia ossessiva e pressoché unanime, da parte della borghesia, dei mezzi di informazione e dei principali partiti politici, affinché l’Italia richiedesse questo miracoloso prestito al MES. Sembra che soltanto in questo modo potremmo finalmente investire nella sanità, sperare di sconfiggere il virus e andare in pace. Amen! Ma le cose stanno davvero così, o viceversa si tratta dell’ennesima truffa, dove ancora una volta il caro prezzo finirà per pagarlo la classe lavoratrice e sfruttata?
Il Meccanismo europeo di stabilità è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, ossia al di fuori del quadro giuridico della Unione europea, con l’obiettivo di fornire un sostegno finanziario secondo condizioni rigorose ai paesi membri che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari. Il MES si configura come uno strumento integrato rispetto ai presidi europei previsti dal Patto di stabilità e dalla Procedura di squilibri macroeconomici. In particolare, nel trattato istitutivo si esalta lo stretto legame tra il MES e il Fiscal Compact, i quali vengono considerati come “complementari nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio all’interno dell’Unione economica e monetaria”.
Il MES può pertanto fornire un sostegno alla stabilità sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Le disposizioni in vigore, prima della riforma attualmente proposta, prevedono che a ciascuna delle azioni suddette sia associata la definizione di condizioni proporzionate all’impegno richiesto, elaborate attraverso la stipula di un protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU). È prevista, inoltre, la possibilità di integrare la capacità di prestito del MES attraverso la partecipazione del Fondo monetario internazionale (FMI). Nasceva così la famigerata troika, ovvero la sorveglianza rigorosa della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
Il MES è, quindi, intervenuto dapprima a sostegno della ricapitalizzazione delle banche in Spagna per un ammontare complessivo di 41,3 miliardi, poi in assistenza finanziaria di Cipro per 6,3 miliardi, infine dal 2015 nei confronti della Grecia per un’erogazione complessiva di 61,9 miliardi di euro. Il debito residuo nei confronti del MES sarà interamente assorbito e rimborsato dalla Spagna nel 2027, da Cipro nel 2031 e dalla Grecia soltanto nel 2060. Il programma di aggiustamento macroeconomico previsto nel Memorandum stipulato con la Grecia rappresenta in termini relativi l’emblema, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, delle condizioni rigorose di austerità in termini di consistenti e duraturi avanzi primari, tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni ai fini della sostenibilità di lungo termine del debito pubblico. Lo chiamano in modo meschino un fondo salva stati a sostegno dei paesi indebitati, ma resta a tutti gli effetti un fondo salva capitale per l’estorsione da parte della borghesia creditrice.
Fu così che il MES divenne quello che la BCE per statuto e per trattato europeo non poteva diventare: il prestatore di ultima istanza, lender of last resort. Ciò che vale per la crisi economica e per la crisi finanziaria dei debiti sovrani vale anche per la crisi del sistema bancario. Qui si gioca l’altro tassello fondamentale del fondo salva stati che si accinge a diventare anche il fondo salva banche. La proposta di riforma del MES si esplica su due filoni principali: da un lato, l’introduzione della funzione del backstop, ovvero del prestatore di ultima istanza delle banche europee; dall’altro lato, la correzione radicale della precedente funzione generale di meccanismo di stabilità, ovvero del prestatore di ultima istanza per gli stati membri. Il filo conduttore è lo stesso e duplice: rendere ancora più stringente l’austerità per banche e stati in difficoltà finanziaria; subordinare gli interventi di assistenza a condizioni sempre peggiori, sino ad agevolare la risoluzione delle banche e la ristrutturazione del debito degli stati, insolventi o a rischio di insolvenza.
La riforma del MES: un colpo letale alla democrazia nell’Unione europea
Maggiore controllo e maggiori condizionalità: le due parole d’ordine della riforma. L’Unione europea butta definitivamente al macero ogni forma di solidarietà di trasferimenti perequativi e di Europa sociale per approdare senza vie d’uscita in una giungla terribile dove vige solo la regola del profitto e degli affari. La riforma proposta prevede un cambiamento radicale, ma in senso peggiorativo, della funzione del MES come meccanismo di stabilità nei confronti degli stati. Il MES viene inserito nel quadro giuridico della valutazione della sostenibilità del debito degli stati al fianco della Commissione che, a differenza del MES, rimane un organo politico e non tecnico, europeo e non intergovernativo.
L’obiettivo della riforma è quello di svuotare di ogni residuo di democrazia quanto resta del processo di valutazione quantitativa e qualitativa della condizione macroeconomica degli stati membri anche in vista delle condizioni rigorose da applicare in base alla sostenibilità del debito. Inoltre, come se non bastasse, mentre sulla sostenibilità del debito l’ultima parola è pur sempre assegnata alla Commissione, si introduce un nuovo principio di valutazione, quello della capacità di rimborso del debito, e, in questo caso, l’ultima parola è proprio del MES. Insomma, pezzi importanti del coordinamento delle politiche economiche dell’Unione europea vengono scippate da qualsiasi limitato argine democratico per approdare in un campo esclusivamente tecnocratico e protetto da qualsiasi pressione della classe lavoratrice e dei ceti popolari.
Come abbiamo visto precedentemente, le linee di credito condizionali, precauzionale e rafforzata, del MES erano subordinate alla predisposizione di un programma di aggiustamento macroeconomico contenente condizionalità rigorose commisurate alla sostenibilità del debito, ma ora anche alla capacità di rimborso. Ora, però, diviene necessario distinguere tra la linea di credito soft, adatta agli stati membri disciplinati e compliant alle regole del Patto di stabilità e degli squilibri macroeconomici, per la quale non sarebbe più necessaria la stipula di un Memorandum of Understanding, da quella hard, prevista per i paesi con debito pubblico insostenibile e sottoposti alla supervisione tecnica del MES. Al contrario di quanto evidenziato da molti commentatori, la minore rigorosità della linea precauzionale non è affatto una buona notizia, piuttosto è semplicemente la conseguenza di una pessima notizia, quella per la linea di credito più probabile.
Inoltre, risulta parimenti necessario ridurre il ruolo politico della Commissione nelle situazioni di ristrutturazione del debito, in modo da minimizzare l’esborso finanziario di salvataggio. In principio si propose di trasformare il MES in un vero e proprio Fondo monetario europeo, in grado di imporre la ristrutturazione del debito pubblico insieme ai programmi di salvataggio; poi, si attenuò la proposta in una sorta di ristrutturazione automatica del debito allo scattare di determinate condizioni espressamente previste in allegato; infine, si è giunti alla più morbida revisione delle clausole di azione collettiva, in modo da agevolare la ristrutturazione del debito nella sostanza senza cambiare nulla nella forma.
Qui si è innescato lo scontro principale tra europeisti e nazionalisti, ma anche in questo caso, come lo fu pure per il bail in, occorre chiarezza. Ancora una volta la risposta dei populisti è l’opposto di quello che bisognerebbe rivendicare contro le minacce liberali. Infatti, la ristrutturazione del debito non è sbagliata in sé, semmai lo è la ristrutturazione capitalistica del debito pubblico. Al contrario di quanto sostenuto dai keynesiani di ogni razza, sostenibile o meno che sia, il debito pubblico produce una gigantesca montagna di miliardi che ogni anno travasano dalle tasche della classe lavoratrice per finire nei portafogli della classe borghese possidente. Dunque, una cancellazione del debito pubblico è imprescindibile per una minima forma di redistribuzione di classe. Rivendichiamo, al contrario: l’annullamento del debito pubblico selettivo e di classe, in grado di salvaguardare i risparmi della classe lavoratrice e dei ceti popolari; la ricapitalizzazione pubblica delle banche e delle istituzioni monetarie e finanziarie per mezzo di autentici meccanismi di stabilità finanziati da un’autentica banca centrale in grado di assistere realmente gli stati membri, ovvero di metterli razionalmente sul sentiero di una crescita sostenibile ed ecosocialista.
Tutte le ipocrisie del MES pandemico
Terminiamo allora con il punto dal quale eravamo partiti, ovvero la linea di credito pandemica del MES, Pandemic Crisis Support, pari al 2% per ciascun stato membro, circa 36 miliardi di euro disponibili per l’Italia. È stato richiamato che l’unico requisito per l’accesso a tale prestito sarà dato dal finanziamento diretto o indiretto delle necessarie spese sanitarie, di cura e di prevenzione, per fronteggiare la pandemia. Al posto del Memorandum o della lettera d’intenti, in questo caso sarà sufficiente un Pandemic Response Plan. Tuttavia, già lo statement dell’Eurogruppo stabilisce che il monitoraggio e la sorveglianza dovrebbero essere in linea con il quadro dell’UE e le pertinenti linee guida del MES. Sebbene, si evidenzi un quadro semplificato di rendicontazione e monitoraggio, limitato agli impegni dettagliati nel Piano di risposta alla pandemia, il MES implementerà anche il suo Early Warning System, il c.d. Sistema di allarme rapido, per garantire il rimborso tempestivo del debito. Dunque, l’unica differenza con le altre linee di credito del MES è data dall’assenza di rigorose condizioni ex-ante per consentire l’attivazione del prestito. Ciò nonostante, non solo la sorveglianza ex-post resta pienamente incardinata nel quadro giuridico dell’Unione e delle linee guida del MES, con tutto ciò che questo comporta, ma addirittura, al pari di tutte le altre linee di credito, si innesca comunque il temibile Early Warning System per il controllo delle successive rate di pagamento e rimborso.
Si potrebbe comunque obiettare che per circa 36 miliardi su un debito pubblico di oltre 2.500 miliardi, tale rimborso non rappresenta un onere rilevante; mentre esso garantirebbe comunque un risparmio in termini di interessi. Pure questa obiezione risulta davvero ipocrita. Ad oggi, il rendimento decennale dei titoli di stato si è ridotto a 0,52%, per effetto dell’intervento della Banca centrale europea, mentre il rendimento decennale del bond del MES è pari a -0,38%. Il risparmio è pari a 90 punti base, i quali, moltiplicati per 36 miliardi di potenziale credito, rappresentano un risparmio approssimato di 324 milioni l’anno. Tuttavia, il MES applica un margine di 10,5 punti base, uno 0,005% di service fee e circa 25 punti base di ulteriore commissione iniziale d’ingresso, per un totale medio annuo di 18 punti base. Quindi, il risparmio reale è pari a 259 milioni l’anno.
Ancora, però, le obbligazioni del MES saranno quinquennali o al massimo decennali. Il Tesoro italiano ha già emesso a fine ottobre titoli trentennali a tassi vantaggiosi, per lo stato s’intende, dell’1,7%, mentre oggi rendono addirittura l’1,12%. Il vero scopo, in una fase di rendimenti bassi, per il Tesoro dovrebbe essere quello di allungare quanto più possibile la scadenza dei titoli. Qui si misura il vero risparmio per il bilancio pubblico. Inizialmente, venne proposta, anche da economisti mainstream, una linea pandemica del MES cinquantennale o centennale; in quel caso, avremmo parlato davvero di risparmio, ma così com’è siamo di fronte all’ennesimo inganno meschino degli europeisti de’ noantri. Tutto ciò senza considerare l’effetto stigma che potrebbe incrementare lo spread sui titoli sovrani. Inoltre, il confronto non è corretto in quanto i titoli del MES godono del carattere privilegiato, ovvero senior, rispetto ai titoli nostrani, nel senso che devono essere rimborsati prioritariamente. Ma nel mercato ogni servizio ha un prezzo. Un confronto paritario dovrebbe scontare l’effetto derivante dal carattere privilegiato di questi titoli in quanto rappresenta comunque un costo niente affatto irrilevante per un paese come l’Italia. Infine, occorre pur sempre ricordare che, grazie al programma pandemico di acquisto dei titoli pubblici da parte della Banca centrale europea, la spesa per interessi dell’emissione aggiuntiva di titoli rientra in larghissima parte alla Banca d’Italia, e quindi come dividendo al Tesoro. I nostri benpensanti mentono sapendo di mentire. Ma perché cotanto interesse da parte di lorsignori? Hanno così a cuore la nostra salute?
Per rispondere occorre partire da due evidenze empiriche chiare: la prima è il ruolo che all’interno della Confindustria ha assunto da tempo l’ambito di rappresentanza della sanità privata; la seconda è data dall’attuale congelamento dei capitali del MES. Da un lato, vi è la pressione della domanda di investimenti da parte della sanità privata e la ricerca spasmodica di opportunità di lauti profitti in epoca di pandemia; dall’altro v’è la ricerca ossessiva di opportunità e di offerta di finanziamenti da parte del MES. La salute del capitale è quella che conta davvero. La pandemia val bene un MES!!!
Eppure, tra le soluzioni per affrontare la pandemia dal punto di vista della classe lavoratrice, ci sarebbe la necessità, attraverso il ruolo della banca centrale, di cancellare il debito pubblico creato per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica. Chiaramente, la cancellazione del debito pubblico per mezzo della monetizzazione può avvenire in molti modi: dall’annullamento dei titoli di debito pubblico acquistati dalla banca centrale alla trasformazione degli stessi in titoli pubblici perpetui senza scadenza.
Al tempo stesso, sarebbe necessario rimuovere l’intermediazione bancaria e finanziaria per la trasmissione della politica monetaria nell’economia reale, sia attraverso le operazioni sul mercato primario, sia attraverso il sostegno diretto alla classe lavoratrice, come i depositi in euro digitale potrebbero consentire senza problemi, a riprova di come il progresso tecnologico sarebbe in molti casi un alleato importante della rivoluzione e della classe lavoratrice. Non un helicopter money, quanto piuttosto un intervento radicale e selettivo della banca centrale, direttamente a favore della classe lavoratrice e dei ceti popolari.