L’eroismo della ragione. Le memorie di Livio Maitan

di Michael Löwy

Nella sua bella prefazione a questo libro, Daniel Bensaid descive Livio Maitan come “uno degli ultimi Mohicani” di una generazione che ha dovuto combattere su due fronti, contro la dittatura imperiale del capitale e contro il non meno temibile dispotismo burocratico stalinista. E’ stato uno di quelli che hanno dovuto dotarsi di un “eroismo della ragione”, di una volontà indomabile, per resistere all’irrazionalità dei tempi. Il suo libro è allo stesso tempo una testimonianza della Quarta Internazionale e “la trasmissione di un’eredità”: il marxismo rivoluzionario.

[Livio Maitan in italiano Per una storia della IV Internazionale – la testimonianza di un comunista controcorrente Edizioni Alegre, Roma 2006, in inglese Memoirs of a critical communist. Towards a History of the Fourth International, Resistance Books, IIRE, Merlin Press, 2019, in francese Pour une histoire de la Quatrième Internationale – itinéraire d’un communiste critique, Editions La Brèche – IIRE, Paris 2020].

Per fortuna, la Quarta Internazionale non possiede una “storia ufficiale”. L’opera di Maitan è preziosa proprio perché è una testimonianza personale, e l’autore non esita ad esprimere, su varie questioni, le sue opinioni personali -che non sempre coincidono con le risoluzioni ufficiali- e il suo parere sul ruolo di varie personalità nel movimento. [1]

Le memorie iniziano con Livio (come lo chiamavano gli amici) che racconta come, da giovane socialista, aderì alla Quarta Internazionale nel 1948, dopo una discussione con Ernest Mandel,[2] e terminano con il XIV Congresso mondiale dell’Internazionale nel 1995 e la morte di Ernest Mandel. Come dirigente del movimento, dall’inizio degli anni cinquanta fino alla sua morte, tratta le principali attività della Quarta, i Congressi, i dibattiti, sempre nel contesto dei principali eventi storici, dalla guerra di Corea alla caduta del muro di Berlino. Come la descrive Livio, appare come una storia di scissioni e riunificazioni (seguite da nuove scissioni), di progressi e battute d’arresto, di idee brillanti e discussioni bizantine, di lotte eroiche e gravi errori. Ma nel complesso, almeno per la maggior parte dei suoi membri, non ha mai smesso di essere una lotta permanente per l’emancipazione internazionale dei lavoratori. Dato che è impossibile in questo articolo analizzare tutti i Congressi della Quarta e le azioni delle sue sezioni, ci occuperemo qui solo di alcuni momenti di questa complessa storia.

Se il Secondo Congresso della Quarta Internazionale del 1948 fu un passo positivo nella rifondazione del movimento, gli anni cinquanta furono anni di divisioni e scissioni: una grande battuta d’arresto. Livio riconosce che la scissione internazionale del 1953 fu “disastrosa” per l’Internazionale: “abbiamo continuato a pagarne le conseguenze fino ai primi anni settanta”. Se la sua analisi critica delle posizioni di JP Cannon e del SWP americano nel 1953 è abbastanza persuasiva, il suo approccio complessivo alla scissione mi sembra non sufficientemente critico nei confronti della direzione della Quarta, in particolare delle posizioni politiche di Pablo (l’opuscolo The Coming World ShowdownLa prossima resa dei conti mondiale-, 1951) e del suo comportamento autoritario nei confronti delle opinioni minoritarie. Particolarmente sorprendente è il suo quasi silenzio sulla crisi della sezione francese: il tentativo di Pablo di imporre, in nome della “disciplina internazionale”, una linea entrista nel Partito Comunista Francese, contro la volontà della maggioranza dei trotskisti francesi, portò alla sua rottura con la Quarta. Livio si limita ad accennare, in termini piuttosto criptici, al fatto che la connessione stabilita da Pablo e dalla direzione della Quarta tra la prospettiva della guerra a breve termine e l’entrismo ebbe conseguenze negative: l’Internazionale dovette pagarne un prezzo pesante in termini organizzativi “ad esempio nel caso francese”. Il miglior riferimento per uno studio approfondito di questo tragico episodio è il libro di Michel Lequenne Le trotskysme sans fard (2005).[3]

Il processo a Michel Raptis (Pablo) e Sal Santen ad Amsterdam nel 1960, accusati di aver falsificato i documenti di identità dei combattenti anticoloniali algerini, provocò un’ondata di solidarietà senza precedenti: J.P. Sartre, Simone de Beauvoir, Isaac Deutscher, Maurice Nadeau, Pierre Naville, Claude Bourdet, Laurent Schwarz e Michel Leiris sostennero i leader della Quarta e ne chiesero la liberazione. Mai prima di allora la Quarta Internazionale aveva raggiunto un tale grado di notorietà.

Poco dopo, la Quarta e l’SWP americano cominciarono a trovare un terreno comune, sostenendo entrambi la Rivoluzione cubana, che nel 1960 aveva imboccato la strada del socialismo. Ciò portò al Congresso di unificazione del 1963, durante il quale la maggioranza della Quarta unì le forze con l’SWP (ora sotto la guida di Joseph Hansen) e con diverse altre organizzazioni. Ma seguirono altre scissioni: Posadas (figura affetta, secondo Livio, da “autoesaltazione patologica” e i suoi seguaci in America Latina) e, più tardi, lo stesso Michel Pablo, che fondò l’Alleanza marxista rivoluzionaria. Alcuni dei seguaci di Posadas, come il brillante storico argentino-messicano Adolfo Gilly, tornarono in seguito alla Quarta e Raptis, nei suoi ultimi anni, ebbe la stessa intenzione.

Un altro tipo di scissione si verificò nel 1964, quando il LSSP, la sezione di Ceylon della Quarta e uno dei maggiori partiti del movimento trotskista, si unì al governo borghese della signora Bandaranaike; quando i dirigenti della Quarta criticarono questa mossa, ruppero con essa. Pochi anni dopo (1971), questo governo, che comprendeva ancora alcuni dirigenti del LSSP, uccise migliaia di giovani insorti guevaristi del movimento JVP.

Il maggio 1968 fu, ovviamente, il momento più alto della Quarta Internazionale nel XX secolo. Per la prima volta dalle sue origini, sottolinea Livio, l’Internazionale era riuscita a uscire dal suo relativo isolamento. Inoltre, per la prima volta, una delle sue organizzazioni, la JCR (Gioventù Comunista Rivoluzionaria), ebbe un impatto reale sugli eventi rivoluzionari in un Paese imperialista (la Francia). Negli anni successivi, il movimento raggiunse una crescita senza precedenti, sia in Europa occidentale che negli Stati Uniti.

Livio aveva un grande interesse per l’America Latina e intraprese diverse “missioni” per la Quarta nel continente. In un viaggio in Bolivia nel 1964 descrive una visita ai minatori trotskisti di Catavi: “Mi sono quasi venute le lacrime agli occhi nel vedere, nella casa di un compagno, tra i suoi pochi libri, un’antologia di Hegel”: anche tra gli operai supersfruttati della Bolivia era possibile trovare “eredi della filosofia classica tedesca”! Questo commento ci dice molto di Livio come persona di cultura e di sensibilità umana.

Confesso che non condivido la critica dell’amico Daniel Bensaid alla trattazione di Livio sull’America Latina: “I commenti alle polemiche sulla lotta armata in America Latina possono sembrare a molti di noi incompleti e parziali”. Al contrario, queste pagine mi sembrano tra le più vivaci e interessanti delle Memorie. Il progetto di Livio sulla lotta armata, presentato al IX Congresso mondiale, provocò, come scrive, “momenti di massima tensione e di appassionato interesse”, sia tra i delegati latinoamericani che tra gli altri .[4] Riconosce che dare priorità alla guerriglia rurale fu un errore, ma spiega che queste erano le opinioni delle nostre principali organizzazioni nel continente, in Bolivia e in Argentina. Ci sono pagine molto toccanti su Roberto Santucho, il principale leader del PRT (Partido Revolucionario de los Trabajadores), la sezione argentina della Quarta fino al 1973, che criticano le sue idee sbagliate (l’illusione che, lasciando la Quarta, avrebbe ottenuto armi dai “compagni sovietici”) e rendono omaggio a un rivoluzionario intransigente che dette la vita per la causa.

Devo ora commentare un capitolo deludente della storia della Quarta: l’incomprensione della natura del regime di Pol Pot in Cambogia, che commise un genocidio contro il suo stesso popolo. Quando il Vietnam invase la Cambogia (1978), la Quarta chiese “negoziati per risolvere i problemi tra i due Paesi”. Come riconosce Livio, “la nostra prima reazione fu quella di minimizzare la repressione (del ML cambogiano)… Sembrava difficile accettare la cifra di 3 milioni di morti”. La minoranza (SWP) sostenne l’operazione vietnamita per rovesciare Pol Pot, mentre Mandel vi si oppose. Gli argomenti utilizzati da entrambe le parti erano (a modesto parere di chi scrive) bizantini: Mandel riteneva che Pop Pot cercasse la “distruzione della proprietà privata”, mentre Clark, dell’SWP, sosteneva che i Khmer Rossi cercassero di preservare il sistema capitalista… Una discussione puramente economica, mentre il genocidio avveniva in nome del “socialismo”. Livio riconosce che “i Khmer Rossi hanno compiuto uno dei peggiori massacri del XX secolo”, ma la sua critica alla posizione della Quarta all’epoca è molto timida…

Facendo un bilancio dei quattro decenni trascorsi dalla fondazione della Quarta, Livio pone una domanda difficile: perché il nostro movimento non è riuscito a svolgere un ruolo di primo piano da nessuna parte? Tra le ragioni: scissioni distruttive, il ruolo negativo di dirigenti autoritari, centralisti, addirittura “bonapartisti” (l’elenco dei nomi è troppo lungo), atteggiamenti propagandistici e volontaristici e, per alcuni, un approccio dogmatico, basato esclusivamente sull’esperienza russa del 1917 e sulle citazioni di Leon Trotsky. Ma il fattore principale era oggettivo: il potere di attrazione dell’URSS, della Cina, di Cuba. Il castrismo aveva un potere di attrazione particolare per la sinistra radicale e questo portò all’ultima scissione, quando l’SWP (sotto la guida di Jack Barnes) ruppe con la Quarta (nel 1990), abbandonò il trotskismo e adottò acriticamente la linea del governo cubano.

In tutti questi anni Ernest Mandel svolse un ruolo decisivo, in termini intellettuali e politici, nella storia della Quarta. Livio aveva una grande ammirazione per lui, pur criticandone il volontarismo e l’eccessivo ottimismo. Fu il principale autore di due documenti chiave della Quarta: “Dinamica della rivoluzione mondiale oggi” (1963), sulle interconnessioni dialettiche tra rivoluzione proletaria, coloniale e politica, e “Dittatura del proletariato e democrazia socialista” (1979), un’affermazione pionieristica, che incontrò la dura opposizione di alcuni esponenti “ortodossi”.[5]

La prima e unica volta che Livio prese in considerazione l’idea di abbandonare il suo ruolo dirigente nella Quarta fu nel 1978, quando una figura di dubbia reputazione, il nicaraguense (anti-FSLN) Fausto Amador, fu ammesso, su forte pressione della minoranza SWP, nella Quarta. Un anno dopo, l’SWP cambiò completamente politica e appoggiò pienamente il governo del FSLN in Nicaragua.[6]

Il racconto di Livio si conclude con il XIV Congresso della Quarta (1995), dove avverte “una pesante aria di disincanto”, basata sulla “percezione del nostro indebolimento”. Pochi mesi dopo Ernest Mandel muore e Livio gli dà l’ultimo saluto al funerale nel cimitero di Père Lachaise. Problemi di salute gli impedirono di continuare le sue Memorie.

Nella sua introduzione alle edizioni inglese e francese, Penelope Duggan, membro chiave dell’attuale direzione della Quarta, descrive brevemente gli eventi successivi al 1995 e i successivi Congressi della Quarta, ai quali è stato rappresentato un numero crescente di paesi. La storia della Quarta continua e la sua presenza nel mondo è oggi maggiore che in passato. Come cantavano i giovani ribelli nel maggio del ’68, “ce n’est qu’un début, continuons le combat!” (è solo l’inizio, continuiamo la lotta!).

Gennaio 2020


  1.  Nelle prime fasi della redazione del libro, Livio discusse con me l’impostazione generale. Gli feci alcuni modesti suggerimenti, che tenne presente.
  2.  Il libro tratta della sua esperienza come dirigente della Quarta Internazionale. Disgraziatamente, l’autore non parla delle sue posizioni politiche prima del 1947.
  3.  Lequenne aveva abbandonato la Quarta con la maggiorana francese, ma entrò presto in contrasto con Pierre Lambert, la cui posizione considerava profondamente negativa. Diventò marxista indipendente e pochi anni dopo tornò nella Quarta.
  4.  Livio riferisce che fra i latinoamericani c’era un delegato (il cui nome non cita nel libro) del Partido Obrero Comunista (POC) brasiliano, che stava in procinto di entrare nella Quarta. Questo delegato era l’autore del presente articolo. Il POC, dopo l’omicidio sotto tortura, nel 1971, di uno dei suoi giovani dirigenti, Luis Eduardo Merlino,  praticamente scomparve.
  5.  Nahuel Moreno pubblicò, con l’eccentrico pseudonimo di “Darioush Karim”, un violento opuscolo contro Mandel, con titolo La dittatura rivoluzionaria del proletariato (1979): in una specie di caricatura del comunismo di guerra in URSS, affermava che la democrazia era ammissibile “solo per il proletariato industriale e per gli operai rivoluzionari”.
  6.  Nel 1978 sono stato inviato dalla Quarta in Costa Rica, dove viveva Fausto Amador, per investigare sul caso. Pretendeva di criticare il FSLN da una prospettiva “trotzkista”. Ma solo pochi anni prima aveva accettato una missione minore nell’ambasciata nicaraguense (somozista!) a Bruselles. Gli chiesi perché avesse accettato un incarico così vergognoso e la sua risposta era stata: non per ragioni politiche, solo perché era l’unico modo in cui mio padre (amico di Somoza) mi potesse mandare un’automobile in Belgio senza pagare le tasse… Nel mio rapporto avevo consigliato caldamente di non ammettere Amador nella Quarta Internazionale. Livio aveva considerato la sua ammissione come “una pagina nera nella storia del nostro movimento”.
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