Risoluzione del Comitato politico nazionale

20 novembre 2022

approvata all’unanimità

1. La classe lavoratrice del nostro paese è chiamata in questo difficile autunno a contrastare e combattere il governo delle destre portatore di un progetto politico/strategico che combina il neoliberismo economico capitalista a una concezione reazionaria della società (Dio, Patria, Famiglia, Impresa).

Gli atti compiuti dal nuovo esecutivo di Giorgia Meloni e quelli che sono in via di realizzazione, ma anche una serie di comportamenti e azioni messe in atto dal personale politico delle destre indicano il percorso intrapreso e la volontà di costruire una nuovo marchio ideologico del paese, nazionalista, sovranista, identitario, per emarginare e cancellare quei progetti politici e quegli ideali democratici, umanisti, di giustizia civile e sociale ben presenti nella società italiana dal secondo dopoguerra in poi e mai sopiti del tutto nonostante la controriforma liberista successiva alle grandi lotte degli anni 60 e 70.

Quello di Giorgia Meloni non è il primo governo di destra che conosce il paese. Solo per limitarci al periodo dal 1994 ad oggi sono state vari i governi orientati a destra, da quelli Berlusconi a alla contraddittoria esperienza del governo “gialloverde”. Ma quello di Fratelli d’Italia ha un progetto e delle caratteristiche che lo rendono molto più solido e molto più insidioso. Non è caratterizzato dall’affarismo edonista di Berlusconi né dalla caotica demagogia salviniana ma si inserisce in un solco molto più “lungimirante” che si propone di coniugare politiche economiche e sociali duramente antipopolari con la costruzione di un consenso di massa radicato in ben individuati strati sociali. Un progetto complesso ma che si basa non solo sul carisma di una “leader” ma anche su una “cultura” drammaticamente sperimentata nella storia.

2. Il governo conferma da una parte la piena continuità con le scelte economiche di fondo delle forze capitaliste rappresentate dal precedente governo sia sul piano  nazionale che su quello europeo e dall’altra l’immediata realizzazione di una serie di misure volte a colpire gli strati più deboli della società e a rafforzare gli strumenti repressive contro le mobilitazioni sociali, ben consapevole delle insanabili contraddizioni che segneranno la società in una fase di crisi economica acuta. Una serie di misure che stanno per essere varate per limitare l’impatto della spirale inflazionista sono rivolte a contenere reazioni di massa e possibili rivolte; molte di queste misure vogliono poi in particolare rispondere alle attese di quei vasti settori della piccola borghesia che hanno votato le destre e che sostengono il governo, spaventasti dalla grave crisi economica e dal rischio di perdere la loro condizione di relativo privilegio. I nuovi ricoveri economici indirizzati a queste categorie sociali e le parziali ipotesi di flat tax vanno in questa direzione. L’attacco al reddito di cittadinanza non punta solo a recuperare qualche miliardo di euro per indirizzarlo verso settore amici, quanto a  garantire la piena flessibilità e ricattabilità della forza lavoro per le attività della piccola e media borghesia. Né mancano ulteriori misure a vantaggio delle imprese.  Ma il governo Meloni si è mostrato capace anche di fare un’altra operazione economica e politica, (per altro con i soldi stanziati da precedente governo), di chiudere alla vigilia delle feste i contratti della scuola e del pubblico impiego, scaduti da anni. Una manovra ben riuscita propagandisticamente anche se truffaldina nella sostanza: un recupero degli stipendi del 4%, quando l’inflazione viaggia al 12%. L’inflazione infatti è al 12,6% (indice IPCA) su base annua secondo le rilevazioni di ottobre dell’ISTAT e l’indice FOI (consumi delle famiglie di operai e impiegati) registra un aumento tendenziale del’11,5%.

Su piano della politica internazionale il governo conferma la totale internità al blocco imperialista occidentale diretto dagli USA, allo strumento politico militare della NATO e la piena partecipazione al riarmo e alla guerra in Ucraina.

3. Ma la natura reazionaria e razzista di questo governo si misura appieno nella politica dei respingimenti dei migranti; non solo assistiamo alla continuazione delle politiche intraprese dai precedenti governi, ma anche a scelte sempre più violente ed inumane di negazione di diritti elementari e dello stesso diritto alla vita, una vera e propria barbarie. Quando si introducono gli sbarchi selettivi si supera un’altra soglia, siamo di fronte a qualcuno che decide “dei salvati e dei sommersi”; quando si parla di “carico residuale” semplicemente si disumanizzano le persone e si entra nel perimetro di qualsiasi nefandezza possibile degli apparati statali. In questa terribile vicenda trasuda sotto pelle tutto lo spirito fascista dei protagonisti governativi.

E lo scontro con la Francia e l’Europa rimanda a un confronto tra malfattori che si rinfacciano i misfatti reciproci. E’ la guerra e la barbarie della fortezza Europa contro le/i migranti.

4. Nella prossima fase tutti gli aspetti delle condizioni di vita e di lavoro delle classi lavoratrici e tutti i diritti economici, sociali e civili saranno sempre più attaccati e rimessi in discussione dai capitalisti e dal loro governo:

Salari, stipendi e pensioni massacrati dal carovita, gli aumenti delle bollette e dei servizi collegati all’energia, la dimensione della povertà, della disoccupazione e del lavoro precario,

le condizioni  sui luoghi di lavoro di sfruttamento e di ricatto che uccidono tre lavoratrici/tori al giorno. E poi i tagli alla spesa pubblica che colpiscono scuola, sanità, servizi, assistenza, l’emergenza casa con milioni di persone senza un tetto sotto cui vivere,  la messa in atto della autonomia differenziata che spacca ulteriormente il paese e colpisce i settori più deboli.

E ancora l’attacco ai diritti delle donne e della comunità LGBT e all’insieme dei diritti civili e democratici, la costruzione di un clima ideologico oscurantista, patriarcale e reazionario, una visione cupa della società, col moltiplicarsi dei rapporti conformisti e ipocriti tra le persone, la costruzione dell’ideologia dei perdenti e dei vincenti, i primi colpevoli essendo incapaci, i secondi meritevoli delle loro fortune perché intraprendenti ed abili.

E da ultimo la scelta delle guerre, delle missioni militari destinando enormi risorse alle spese militari a vantaggio dei capitalisti del settore e a scapito della spesa sociale.

5. Di fronte a questo attacco complessivo nel paese sono per fortuna ancora presenti movimenti sociali e resistenze ed anche forze politiche e sociali consapevoli del grandi rischi che le classi lavoratrici stanno correndo e convinti della necessità di costruire un forte contrasto alle politiche della borghesia e di opposizione al governo delle destre. Lotte, mobilitazioni ed anche manifestazioni consistenti sono presenti e si sono già manifestate in varie parti del paese tra cui quelle della “convergenza e della insorgenza” promosse dal Collettivo di fabbrica della GKN a Bologna il 26 ottobre  e a Napoli il 5 novembre. Queste mobilitazioni hanno mostrato anche la crescente convergenza delle rivendicazioni del lavoro con quelle ambientali dei territori e contro il riscaldamento climatico.

E i sindacati di base conflittuali, finalmente uniti nell’azione e nelle rivendicazioni, stanno costruendo una giornata di sciopero nazionale il 2 dicembre e una manifestazione centrale a Roma, il 3 dicembre che vuole dare una risposta a tutto campo alle politiche padronali e governative. Un passaggio molto delicato ed importante che sosteniamo appieno e a cui partecipiamo, la cui riuscita deve interessare tutte le forze di classe.

Per intanto abbiamo assistito a una giornata di lotta delle/degli studentesse/studenti e delle/dei ricercatrici/ricercatori che ha coinvolto circa 80 città e che segna il ritorno ala mobilitazioni di un fondamentale settore sociale, la scuola sempre più stravolta dai processi di aziendalizzazione portati avanti dai diversi governi che si sono succeduti e oggi più che mai nel mirino nei progetti reazionari del nuovo esecutivo.

E poi la grande manifestazione contro la guerra del 5 novembre che ha indicato come una parte molto larga e maggioritaria del paese continui ad essere contraria alle politiche di riarmo, che chiede lo smantellamento delle armi atomiche e un azione attiva per porre fine ai conflitti e una forte solidarietà verso le vittime di tutte le guerre a partire dalla popolazione ucraina sotto i bombardamenti dell’invasore russo.

6. Le grandi organizzazioni sindacali, compresa la CGIL, per altro forte protagonista della manifestazione romana del 5, hanno scelto finora nei confronti del governo e delle sue politiche, un atteggiamento a dir poco attendista, in realtà molto ambiguo e pericoloso: quello di presentare le loro proposte al governo nella speranza di avere qualche riscontro, rinunciando ad oggi a qualsiasi attivazione sociale e tanto meno a una azione di forte coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori di fronte ai pericoli rappresentati da questo governo e quindi a preparare un movimento di lotta. Per di più ancora una volta alcune loro rivendicazione sono molto discutibili come tutta la partita relativa alla defiscalizzazione di delle retribuzioni, che se fosse concessa semplicemente darebbe qualche risorsa in più in busta paga, ma la toglierebbe nello stesso tempo ai lavoratori con la riduzione delle spesa sociale. Una linea di mobilitazione e di lotta, di denuncia delle politiche dei padroni e del governo e contro l’attendismo delle direzioni sindacali, è quella condotta dall’area di sinistra nel congresso della CGIL, in particolare nei congressi di base in corso in tutto il paese e a cui va il pieno sostegno della nostra organizzazione.

7. Se l’offensiva padronale e governativa è rivolta a tutti gli aspetti della condizione della classe lavoratrice puntando a dividere tra loro gli sfruttati ed oppressi e a costruire dei falsi capri espiatori su cui indirizzare la rabbia e la protesta, l’orientamento politico delle forze di classe è di tenere unire coloro che il capitalismo divide, cioè tenere strettamente legate le battaglie economiche e sociali con quelle dei diritti democratici e civili, di perseguire l’unità delle/i lavoratrici/tori autoctoni e delle/i migranti (che sono sempre più parte fondamentale della nostra classe) e tutti i diritti perché da sempre costituiscono il quadro indivisibile di una prospettiva di alternativa al sistema. Anche perché contro un sistema capitalista che genera miseria, sfruttamento e guerre occorre costruire un’alternativa di società basata sulla giustizia, la solidarietà, i diritti civili e sociali in una prospettiva anticapitalista. Ed è possibile farlo solo con la mobilitazione, l’autoorganizzazione nei luoghi di lavoro e la partecipazione popolare mettendo in discussione i meccanismi dello sfruttamento padronale e del profitto a partire da una piattaforma rivendicativa di cui sintetizziamo i punti principali.

Contro il carovita, non solo misure straordinarie tampone, ma anche aumenti salariali strappati ai padroni e la riconquista della scala mobile dei salari.

Contro la disoccupazione e la precarietà l’abrogazione di tutte le leggi che la producono,

la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e un piano pubblico complessivo per creare milioni di posti di lavoro a partire dalla sanità e dalla scuola.

Basta con le privatizzazioni, basta con l’autonomia differenziata delle regioni che divide la classe lavoratrice  e spacca il paese.

Avere una casa è un diritto e va garantito attraverso adeguate normative ed investimenti.

Per disporre delle risorse necessarie occorre prendere i soldi là dove ci sono, nei giganteschi profitti fatti dai capitalisti anche in periodo di crisi: una forte patrimoniale sulle fortune, un’imposizione fiscale fortemente progressiva  E basta con le spese di guerra e l’aumento delle spese militari. Vogliamo servizi non missili.

Siamo contro il rilancio delle energie fossili che distruggono sempre di più il pianeta, contro i rigassificatori,  per una accelerata transizione che punti alle energie rinnovabili.

Per l’autodeterminazione delle donne e delle persone LGBTQ*, per il diritto di decidere sul proprio corpo, della propria vita e delle proprie relazioni occorre contrastare con forza le politiche familiste, antiabortiste e patriarcali di questo governo e la violenza sistemica contro le donne. Saremo in piazza il 26 novembre a Roma, a fianco del movimento transfemminista Non Una Di Meno con lo striscione Donne di classe e un volantino per far conoscere la nostra proposta politica femminista anticapitalista.

Così come sarà importante attivarsi contro  gli ulteriori processi di involuzione democratica che più che mai saranno portati avanti e rilanciare una permanente e vigile mobilitazione antifascista di fronte alle iniziative delle forze dell’estrema destra.

Per quanto riguarda il tema della guerra, rimandiamo ai contenuti del documento approvato dalla Direzione per la manifestazione del 5 novembre riaffermando la nostra opposizione a tutti gli imperialismi, quello russo che ha invaso l’Ucraina e quello occidentale della Nato che punta sul riarmo per riaffermare il suo ruolo egemone politico e militare nel mondo, siamo per il ritiro delle truppe russe, per la solidarietà con il popolo ucraino e il suo diritto all’autodeterminazione, in solidarietà con chi in Russia si ribella alle politiche di Putin, siamo anche per il cessate il fuoco che ponga fine all’immane macello (secondo le stime di una settimana fa degli USA centomila soldati russi sono stati uccisi o feriti, altri centomila soldati ucraini sono stati uccisi o feriti e le vittime civili sarebbero 40.000) e per l’apertura di un fronte negoziale, sostenuto da un nuovo forte movimento internazionale contro la guerra e contro le minacce di un conflitto nucleare.

E nel quadro della nostra attività internazionalista deve essere sviluppata una forte solidarietà e un permanente sostegno alle straordinarie e coraggiose mobilitazioni delle donne iraniane nella loro lotta contro il regime reazionario e patriarcale degli ayatollah.

8. L’attività dell’organizzazione, successiva al convegno di giugno si è caratterizzata in primo luogo sul piano politico nella denuncia e nell’opposizione alle politiche del governo Draghi e poi a quello Meloni, compreso il delicato passaggio elettorale che abbiamo affrontato indicando un sostegno alla lista dell’Unione Popolare e sul piano politico-sociale e sindacale nella partecipazione a tutti i tentativi di attivare e riorganizzare le forze delle classi lavoratrici, di favorire la ripresa delle lotte e nuovi livelli unitari tra i diversi movimenti con condivisione degli obbiettivi specifici di ciascuno, cioè la convergenza.

In particolare abbiamo agito lunghe due direttive e settori di intervento:

Da un parte nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro con uno specifica e forte iniziativa collegata al congresso della principale forza sindacale la CGIL, in rapporto anche con altre correnti, per difendere un punto di vista di classe, per combattere la rassegnazione, per costruire un punto di riferimento alternativo rispetto alle politiche concertative dell’apparato; lo si sta facendo in condizioni ancora più difficili del passato segnate dalla riduzione degli spazi democratici, da un forte verticismo burocratico, dalla restrizione delle stesse procedure democratiche della discussione e della possibilità per la minoranza di accedere al maggior numero delle assemblee di base. Ma lo sforzo che si sta compiendo è proprio quello di riuscire ad arrivare a settori più ampi della classe.

Dall’altra, di fronte ad un ulteriore aggravamento della condizione di vita dei lavoratori e delle lavoratrici, prodotto dall’aumento dei costi energetici che stanno avendo e avranno un effetto dirompente su livelli salariali indegni, abbiamo sostenuto e partecipato alla campagna Noi Non Paghiamo.

Una campagna che nel suo manifesto di lancio fa riferimento alla necessità di costruire una prospettiva ecosocialista, partendo dalla denuncia di un sistema di approvigionamento delle energie basato su fonti fossili, la cui privatizzazione fa sì i prezzi vengano dettati dalla speculazione e dal profitto.

Da sottolineare come la ricerca di una convergenza con le manifestazioni di Bologna e Napoli, caratterizzate dallo slogan fine del modo – fine del mese – la stessa lotta, sia lo spazio sociale necessario dell’agire.

9. Sul piano politico e dei rapporti tra le diverse forze della sinistra antagonista, in primis gli orientamenti e le scelte delle forze politiche che compongono l’Unione Popolare, per ora siamo di fronte a una fase di transizione. Le nostre richieste di avere chiarimenti circa il percorso e le modalità che intendono seguire, non ha avuto alcuna risposta precisa e tanto meno ufficiale. Da parte nostra resta la piena disponibilità a tutte le forme di azione unitaria concreta, che per altro si sono espresse in numerosi passaggi locali o presenze nazionali nelle manifestazioni, così come rimangono per noi del tutto valide, ma tutte da verificare e costruire, forme stabili di unità a più forte valenza politica, che permettano sia un più incisivo intervento politico, sia il mantenimento della presenza delle diverse forze, sia un quadro permanente di discussione politica/strategica alla luce delle esperienze che vengono realizzate. Per noi dunque il quadro possibile e auspicabile è quello di una soluzione unitaria flessibile che integri e lasci spazio alle soggettività e alle discussioni e approfondimenti, e che il metro di misura sia dato da come si opera nei movimenti sociali.

Se si produrranno delle novità significative il CPN ne discuterà per valutarne la portata politica e definire il nostro orientamento.

10. Nelle prossime settimane è indispensabile per l’organizzazione, e deve essere un compito di tutti i circoli, provare a mettere in valore quanto è stato fatto e i rapporti politici e personali costruiti con il nostro intervento. Si tratta di individuare le iniziative che permettano un serio rafforzamento di Sinistra Anticapitalista.

Chiediamo a tutti, i circoli, salvo pochissime eccezioni, di prendere una iniziativa sui temi del lavoro, contestuale a combattere le misure del governo, volta a coinvolgere tutte/i coloro che hanno lavorato con noi in questi mesi e segnatamente i contatti costruiti nel congresso della CGIL. Fare questo non è meno importante di quanto abbiamo fatto per gestire al meglio la discussione nel congresso. Le due cose correlate possono garantire il futuro della nostra attività.

Altro asse sul quale agire per i nostri circoli, in questa fase cruciale della campagna “Noi non paghiamo”, a pochi giorni dalla scadenza del 30 novembre, è quello di dare nuova linfa ed energia per sostenere quei gruppi regionali dove siamo presenti come organizzazione, affinché la campagna si caratterizzi sempre di più come strumento di mutualismo e di lotta contro i cambiamenti climatici.

Al tempo stesso, tenendo conto anche della specifica risoluzione della Quarta Internazionale, che lancia una campagna europea contro il carovita, i nostri compagni e le nostre compagne dovranno impegnarsi attivamente affinché questa si costruisca anche in Italia dove, la convergenza tra la campagna “noi non paghiamo”, il collettivo gkn, il movimento friday for future, il movimento dei disoccupati napoletani, il sindacalismo conflittuale, ne siano gli agenti promotori.

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