Un voto ad Unione Popolare contro il partito trasversale della guerra
di Gippò Mukendi Ngandu
Sono ore drammatiche, quelle in chiusura della campagna elettorale. E’ sempre più serio il rischio che l’aggressione di Putin all’Ucraina si trasformi in un confronto diretto tra Russia e NATO, che potrebbe a sua volta sfociare in una guerra nucleare, chimica e batteriologica, quella che i militari di entrambe le parti stanno preparando da decenni.
E’ evidente che di fronte all’aggressione russa, le popolazioni ucraine hanno il diritto di difendersi. La solidarietà va sempre data agli oppressi, così come andrebbe data al popolo palestinese, al popolo curdo e a tutte le popolazioni a cui viene negato il diritto all’autodeterminazione.
Nell’attuale fase storica, tuttavia, mentre lo scontro tra le diverse potenze imperialiste si fa sempre più acuto mettendo a rischio la stessa esistenza del pianeta, occorre più che mai mantenere un punto di vista autonomo e di classe rispetto ai diversi governi borghesi che hanno a cuore i loro interessi e non di certo le vite delle popolazioni e combattere un modo di produzione capitalistico che porta inesorabilmente alla nascita di tanti dottor Stranamore.
Ai giovani è probabilmente sconosciuto, ma vale la pena ricordare la profezia del film dottor Stranamore, lo scienziato folle dal passato nazista, immortalato dal geniale regista inglese Stanley Kubrick, che aizzava i generali Usa ad usare le armi atomiche guerra contro l’allora Unione Sovietica, rischia effettivamente di materializzarsi.
Di dottor Stranamore, ora sono pieni tutti i paesi imperialisti, in Russia e nei paesi della Nato, così come è pieno anche il nostro paese. Sono presenti nella maggioranza dei partiti che si contendono il voto, a parte la rara e felice eccezione come quella di Unione Popolare, e prosperano nelle redazioni dei principali giornali e così in quelle dei canali televisivi mainstream.
Non a caso, nel corso degli anni si è rafforzato quello che può essere a giusto titolo chiamato il “Partito trasversale della guerra”. Questo partito unisce forze apparentemente in contrasto di loro, ma che hanno tutte governato nell’ottica di salvaguardare gli interessi capitalistici e imperialistici italiani e garantire la fedeltà alla Nato.
Il “pacifismo” con l’elmetto: Conte e l’aumento delle spese militari
I due governi guidati da Conte, che ora cerca di accreditarsi come convinto pacifista, hanno aumentato le spese militari tra il 2018 e il 2021 da 21 a 24,6 miliardi di euro l’anno, con un incremento del 17%. Occorre subito notare che in quel periodo non c’era ancora stata l’invasione russa in Ucraina e che l’aumento è stato mantenuto anche in piena crisi pandemica. In quel caso il M5s si era piegato senza problemi all’accordo sottoscritto dall’Italia in sede Nato nel 2014 per portare la spesa militare al 2% del pil. In Parlamento, nessuno contestò l’aumento, tranne Sinistra Italiana e qualche sparuto parlamentare che , tuttavia, ha deciso insieme ai verdi di allearsi con il Pd.
Pd: il partito della guerra
Peccato, però, che il Partito democratico sia tra le forze politiche quella più guerrafondaia, militarista e filoatlantiste presenti in Parlamento. Non a caso il Pd ha potuto vantare nel corso degli anni diversi ministri della difesa come Arturo Parisi, Roberta Pinotti e l’attuale ministro Lorenzo Guerini. Senza andare indietro nel tempo, proprio quest’ultimo, subito dopo la crisi di governo, ha sottoposto all’esame del Parlamento oltre venti programmi di riarmo per un investimento totale pluriennale per le prime fasi confermate che supera i 12,5 miliardi di euro. L’onere complessivo delle successive fasi dei programmi, potrebbe superare i 22 miliardi di euro nel corso degli anni di vita dei vari progetti. Queste decisioni, che impegnano fondi su futuri vari Bilanci dello Stato, sono proposte e discusse con un Esecutivo che dovrebbe solo garantire il “disbrigo degli affari correnti”, in attesa di nuove elezioni.
Quali sono gli obiettivi: la costruzione di uno scudo antimissile, l’armamento dei droni Predator, la costruzione di nuovi elicotteri per i Carabinieri, di sistemi di ricognizione aerea, di razzi anticarro, per una spesa complessiva pluriennale di quasi un miliardo. Inoltre in programma vi sono anche
nuovi pattugliatori e cacciamine della Marina, l’ammodernamento degli elicotteri per la Marina, la costruzione di nuovi missili antiaerei, l’ammodernamento di cacciatorpedinieri per la Marina e carri armati per l’Esercito) per una spesa complessiva pluriennale di oltre 6 miliardi.
Il primo di questo mese, Guerini ha poi rincarato la dose sostenendo la necessità di avviare alla costruzione di elicotteri d’addestramento, di navi anfibie per la Marina, satelliti spia, bazooka, droni di sorveglianza, nuovi carri armati leggeri, per una spesa totale pluriennale di oltre 5,5 miliardi il 1 settembre.
Alla serie di richieste per nuovi sistemi d’arma concretizzate dopo lo scioglimento delle Camere si deve aggiungere anche quella per l’ammodernamento e rinnovamento di un sistema satellitare SICRAL3 presentata solo qualche giorno prima (11 luglio) per un controvalore di 345 milioni di euro.
La lista della spesa si chiude, poi, con un fiore all’occhiello: la progettazione del futuro caccia Tempest, realizzato con la Gran Bretagna e la Svezia, un velivolo chiamato di sesta generazione a cui vengono destinati subito 200 milioni in più. C’è poi il piano per una serie di veicoli corazzati che vede crescere la dote di oltre un miliardo e mezzo: si prevede un investimento di 3,74 miliardi in tredici anni.
In un’intervista alla Stampa del 18 settembre Guerini ha dichiarato: “ chi frena sulle armi è con Putin,” Lo stesso ministro ha poi affermato che centrale è per lui la difesa della sanità pubblica. Peccato che un tale programma di guerra, molto lusinghiero per l’industria sempre più prospera degli armamenti, possa essere attuato avviando ulteriori tagli alla sanità pubblica.
Il vero obiettivo è quello di ridefinire il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo di fronte ai nuovi scenari caratterizzati da quello che Guerini stesso chiama “shock sistemico”. La necessità di invio di armi all’Ucraina è un pretesto per ulteriori azioni. Le risorse serviranno, infatti, anche per gli studi del nuovo “carro armato europeo”, per rafforza la task force navale per gli interventi dei “marines” italiani: la brigata San Marco della Marina e i Lagunari dell’Esercito. C’è uno stanziamento di 1.200 milioni per costruire due navi anfibie per le operazioni di sbarco. Le altre voci più rilevanti riguardano le quote annuali per i sottomarini U-212 (510 milioni), gli intercettori Eurofighter (1,4 miliardi) e i caccia invisibili F35 (1.270 milioni).
Si sta già, inoltre, pensando a nuove missioni militari. Si tace troppo spesso, infatti, che oltre alla vecchie missioni militari, dallo Stretto di Hormuz all’Iraq, dalla Libia al Golfo di Guinea, fino al Mediterraneo orientale e al Corno d’Africa, quest’anno il governo ne ha aggiunte tre nuove, di cui due legate allo sfruttamento di fonti fossili: la missione bilaterale di supporto alle Forze armate del Qatar in occasione dei “Mondiali di calcio 2022” e la missione EU in Mozambico. Il primo intervento punta a rafforzare “la sicurezza nel Golfo Persico” e risponde “all’esigenza di valorizzare gli interessi nazionali in un’area di importanza strategica”. Nell’ambito di un’audizione, Di Maio e Guerini hanno ricordato “gli importanti accordi in ambito energetico” stretti di recente con il Qatar. Già nel luglio scorso, inoltre, il ministro della Difesa aveva sottolineato che le violenze in corso nella provincia nord del Mozambico avevano causato le interruzioni dell’attività estrattiva“. Inoltre, le operazioni Gabinia nel Golfo di Guinea e Mare Sicuro al largo della costa libica continuano ad avere come primo compito la sorveglianza e protezione delle piattaforme Eni.
Il tutto ciò avviene, nella consapevolezza che le attività estrattive sono una delle cause delle profonde disuguaglianze e dei profondi cambiamenti climatici che imperversano il pianeta.
A questo proposito, risulta ancor più incomprensibile l’alleanza dei Verdi e Sinistra Italiana con uno dei principali partiti guerrafondai, filoatlantista e difensore di un modo di produzione votato esclusivamente al profitto.
Draghi capo della Nato?
In questo clima bellicista, più voci indicano Draghi come futuro capo della Nato come successore del danese Rasmussen. L’ipotesi si fa più credibile, dopo la benedizione di Henry Kissinger, ex segretario di Stato durante la presidenza di Nixon e di Gerald Ford, per il suo discorso all’assemblea delle Nazioni Unite. Senza dubbio Draghi avrebbe ambito alla Presidenza della Repubblica, ma questa soluzione potrebbe essere un onorevole ripiego e un premio all’Italia per la fedeltà dimostrata dall’Italia nel corso degli ultimi anni. Occorre ricordare che l’Italia, che è pur sempre il quinto paese contributore della Nato, non ha un segretario generale della Nato dai lontani tempi di Manlio Brosio, esponente del Partito Liberale che rimase in carica dal 1964 al 1971. Plausibile o meno questa ipotesi, Di sicuro vi è una spinta da parte della borghesia italiana ad ottenere un ruolo anche all’interno della Nato, per non rimanere ai margini di un processo storico che ridefinirà le gerarchie tra i paesi imperialisti.
Guerra e militarismo rafforzano i nazionalismi e le destre
Il clima di guerra asseconda quella che sembra l’inarrestabile ascesa dei nazionalismi e delle destre reazionarie e fascisteggianti in tutta Europa. Ne è un ulteriore dimostrazione il recente voto in Svezia, paese che fino a pochi anni fa era considerato la culla della socialdemocrazia e che recentemente ha deciso l’adesione alla Nato rompendo con la tradizione neutralista.La corsa forsennata al riarmo sta riportando in auge tutte le tradizionali concezioni ideologiche conservatrici e le pulsioni più reazionarie della società.
La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ne è l’espressione. Spesso chiude i suoi interventi con la seguente affermazione: “ io sono un soldato e non diserto !” Non è molto distante dal “credere, obbedire e combattere” di fascista memoria. Dopo aver sposato energicamente le tesi filoatlantiste, Fratelli d’Italia ha assunto l’idea tipicamente conservatrice e nazionalista secondo cui prepararsi alla guerra è indispensabile per difendere gli interessi del paese e forgiare anche un’identità. Quel che è chiaro è che un eventuale successo delle destre accentuerà gli spiriti bellici, ma non solo accrescerà le dinamiche di odio nei confronti degli stranieri, militarizzerà il mar Mediterraneo rafforzando gli accordi con Libia e Tunisia, rafforzerà la militarizzazione già presente sul nostro territorio ed ovviamente sarà partecipe della corsa agli armamenti in atto.
Un voto contro la guerra, l”imperialismo e il militarismo ad Unione Popolare
E’ chiaro che per fermare l’ondata militarista che imperversa l’Italia e l’Europa è sempre più urgente una mobilitazione contro la guerra, contro l’escalation militare, per il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina, contro l’aumento delle spese militari e per l’avvio di seri negoziati di pace.
Se, tuttavia, il voto a Unione Popolare difficilmente cambierà il corso degli eventi, tuttavia potrà essere un positivo segnale contro il “partito trasversale” della guerra che unisce destre, moderati e centrosinistra. Un buon risultato delle forze di sinistra, di classe, antiliberiste e anticapitaliste non potrà che creare un clima giusto alla ripresa delle lotte ed aiutare a non rassegnarsi di fronte alla crociata lanciata dai diversi dottor Stranamore, tutti “pronti”, abili e arruolati.