La sanità ai tempi… della scelta tra peste e colera
La campagna elettorale del 2022
di Enio Minervini
È finito ormai da tempo il momento in cui gli operatori della sanità erano considerati eroi. Era una narrazione tossica, fondata su malcelati sensi di colpa di un’intera classe politica e alimentata da un’ipocrisia che serviva a farla franca dai disastri compiuti. E pertanto di questa narrazione non sentiamo la mancanza.
Al tempo stesso quel momento era stato anche l’occasione per aprire un dibattito pubblico sulla sanità, per guardare in faccia le scelte fatte lungo tre decenni, per fare i conti una volta per tutte con gli esiti dell’aziendalizzazione dell’assistenza sanitaria, con le privatizzazioni, con i tagli e il sotto-finanziamento del sistema, con la riduzione del personale sanitario, con la precarizzazione dei rapporti di lavoro, con l’esternalizzazione dei servizi anche nel cuore delle attività sanitarie, con la regionalizzazione e la balcanizzazione del sistema, con le chiusure degli ospedali e i tagli dei posti letto, con il contemporaneo indebolimento della sanità sul territorio e delle cure intermedie e la riduzione dei medici di medicina generale, con l’introduzione e il progressivo aumento dei ticket e la negazione della tutela della salute per milioni di cittadine e cittadini, con lo svuotamento dei livelli essenziali di assistenza e la costante riduzione delle prestazioni sanitarie garantite dal servizio pubblico e universale, con i DRG e il sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere finalizzato a creare un mercato delle prestazioni in concorrenza tra pubblico e privato. Forse di questo dibattito, invece, se ne sente la mancanza.
La campagna elettorale non colmerà questa mancanza e d’altronde come potrebbe?
La proposta politica reale, su qualsiasi tema, e in sanità in particolare, non si basa solo sui programmi elettorali. Anzi i programmi elettorali offrono, al limite, un piccola visuale di tali proposte. Conta principalmente, invece, quello che ciascuno dei partiti in campo ha fatto negli anni al Governo del Paese e continua a fare nelle Regioni e nei territori.
Ad ogni buon conto, nelle proposte elettorali dei principali schieramenti, dalle destre al PD e ai suoi alleati, dalla coalizione tra Renzi e Calenda ai 5 stelle, delle tematiche sopra elencate non si trova quasi risposta e in ogni caso le risposte sono insoddisfacenti.
La politica italiana è marcata da tre decenni di costante indebolimento del Servizio sanitario nazionale.
I temi elencati sono stati nelle diverse stagioni politiche, sin dai primi anni ’90 del XX secolo, responsabilità delle destre quanto del cosiddetto centrosinistra.
Questi ultimi sono stati, tra le altre cose, gli scellerati protagonisti della Riforma del titolo V della Costituzione che ha aperto la strada alla frantumazione in 21 sistemi regionali.
All’interno delle politiche regionali troviamo tutto lo spettro delle privatizzazioni, della negazione del diritto alla salute e, nello specifico, di un’adeguata assistenza gratuita e universale.
Quando la pandemia si è affacciata in Italia, ha trovato territori che si erano svuotati degli strumenti per fronteggiarli, con sempre meno medici e sempre meno personale, collassati da una sproporzione tra medici di medicina generale e pazienti in carico, con posti letto tagliati sia nei reparti ordinari che nelle cure intensive, con pronto soccorsi costantemente in sofferenza.
Nella Regione più ricca d’Italia, la Lombardia, una delle più ricche al mondo, il sistema è andato a gambe all’aria in pochi giorni, conseguenza diretta e immediata delle scelte che le destre avevano fatto lungo un ventennio, da Formigoni a Fontana passando per Maroni. Ancora pochi mesi prima dell’inizio della pandemia, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Conte, il leghista Giorgetti, aveva rivendicato pubblicamente, al meeting di Comunione e Liberazione tra gli applausi degli presenti, come la cronica carenza di medici di medicina generale fosse per l’Italia un problema di poco conto perché tanto ormai, chi ha meno di 50 anni si fa la diagnosi da solo con google e lì cerca lo specialista migliore (sic!).
Ma queste dinamiche, pur nella balcanizzazione dell’organizzazione del sistema su base regionale e delle responsabilità, sono presenti in varie forme in tutte le regioni.
Oggi la campagna elettorale diffonde proposte che si legano una con l’altra come mucillaggini attorno ad un discorso che mette insieme retorica vuota di contenuti e vere e proprie scempiaggini inascoltabili.
E così abbiamo il leghista Mastrangelo che chiede soldi per lo sport “magari togliendo qualcosa alla sanità”. Se voleva essere un modo per rilanciare il tema della prevenzione, assente assoluto della campagna elettorale come dell’azione di tutti i governi, c’è da dire che è stato un modo assai maldestro. Ma forse è semplicemente un lapsus, una “voce del sen sfuggita”, la confessione di un’idea di mondo spietata con i più deboli. In fine dei conti è proprio l’idea di società della Lega, come il già citato Giorgetti aveva già annunciato.
Sullo sviluppo della sanità privata a discapito della sanità pubblica assistiamo alla solita pioggia di parole vuote di senso.
Peraltro il modello retorico è consolidato da decenni. Almeno due decenni in cui nei piani sanitari regionali delle Regioni a guida PD, si consuma inchiostro per la sanità pubblica, gratuita e per l’universalità delle cure negli stessi paragrafi in cui si spalancano le porte del privato.
I 5 stelle riciclano questo modello (dopo aver riciclato se stessi in tutti i tre governi di cui si è composta la legislatura morente) e per bocca della capogruppo al Senato Maria Domenica Castellone parla di “un nuovo rapporto tra pubblico e privato con il privato che non deve più essere sostitutivo ma integrativo”. Che fantasia! Come se non avessimo già visto cosa significa.
Nel frattempo il responsabile sanità Walter Ricciardi di Azione, rilancia un sempreverde che sembrava dimenticato. Il MES per la sanità. Come sempre – non volendo procedere verso una seria patrimoniale e il recupero di una forte progressività della tassazione, che tolga a chi ha tanto e che anche nella crisi si arricchisce per restituire a chi le crisi (questa e quelle precedenti) le subisce sempre – la coppia Renzi-Calenda scarica sul futuro il peso del debito condendolo con le condizionalità che imporranno tagli futuri e ingerenze del mondo finanziario sulle nostre politiche di bilancio.
Il PD non si allontana molto da questa retorica e per il partito parlano direttamente le politiche concretamente realizzate dalle Regioni in cui governa. Colpisce la polemica affermazione di Letta che afferma, rivolto agli altri partiti: “Non sentirete nessuno parlare contro la sanità pubblica, ma si impegnino a dire oggi quante risorse intendano investire in questo settore”. Giusto il ragionamento. Contano i fatti, non le parole, siamo d’accordo. Due piccoli appunti, tuttavia, sono doverosi. Il primo appunto è che tutto ciò vale anche per il PD, anzi vale soprattutto per il PD, perché intanto Draghi la sanità l’ha già tagliata, con la pandemia nemmeno finita, e le politiche del Pd le conosciamo sia nel Governo nazionale che in molte Regioni.
Secondo. “Non sentirete nessuno parlare contro la sanità pubblica…” Be’, quasi nessuno. I suoi alleati di +Europa ne parlano esplicitamente da anni. L’abolizione del servizio sanitario nazionale a vantaggio della sanità delle assicurazioni private sul modello americano è da una vita l’obiettivo esplicito di Emma Bonino.
La verità è che la sanità non è un tema neutro come vogliono farlo apparire.
È un tema di classe, l’enorme classe degli sfruttati, che vivono del proprio lavoro e se non lavorano non mangiano e anche lavorando sbarcano il lunario a fatica.
È un tema da riconquistare per chi rinuncia alle cure per ragioni economiche, di chi non può permettersi cure odontoiatre e oculistiche, fisioterapie e altre terapie indispensabili, di chi rinuncia a diagnosi e screening sotto il peso di liste di attesa incompatibili con la protezione della salute, di chi non può permettersi il pagamento di ticket sempre più esosi, di chi deve fronteggiare la fragilità di persone anziane e non autosufficienti con un esborso economico enorme o rinunciare al lavoro, di chi non sa cosa sono i Lea (livelli essenziali di assistenza) se non quando si accorge che l’assistenza di cui ha bisogno è spesso fuori dai Lea.
È un tema di genere, perché il lavoro di cura familiare continua ad essere sempre a carico delle donne, come la pandemia e i lockdown hanno dimostrato nuovamente, senza che lo Stato e il servizio pubblico si attrezzino per dare risposte, tutele, presa in carico globale delle difficoltà.
È un tema di genere perché al soffocamento progressivo del sistema nazionale si aggiunge l’ignobile negazione di fatto del diritto delle donne di autodeterminazione del proprio corpo, a partire dalla negazione della possibilità di scelta di abortire a causa dei ginecologi “obiettori”, negazione drammatica in molte Regioni e comunque diffusa su tutto il territorio nazionale. Una situazione di fatto che è programma elettorale reale delle destre e di Giorgia Meloni.
A fronte di questo scempio, delle quattro proposte elettorali dominanti (le destre, il PD, Azione e 5 stelle) che offrono la scelta tra la peste e il colera con le loro sottovarianti, ci sentiamo di sostenere il programma di Unione popolare. Certo si poteva essere più espliciti nell’attaccare frontalmente il processo (più o meno strisciante) di privatizzazione. Ma nel complesso è soddisfacente tenere insieme la necessità di nuove risorse per la sanità, la riconquista di prestazioni che ormai sono quasi totalmente fuori dal perimetro del pubblico e la lotta contro il lavoro precario anche in sanità con la riconquista del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Quello che è certo è che dal 26 settembre, comunque vada, occorrerà ricominciare a costruire sui territori un’alleanza tra lavoratrici e lavoratori della sanità, comitati e collettivi di lotta della popolazione, gruppi di lavoro e di approfondimento, organizzazioni della sinistra antagonista e anticapitalista, affinché di fronte ai nuovi attacchi del futuro governo si costruiscano lotte, resistenze e la ripresa di una discussione pubblica per il diritto alla salute e la sanità pubblica.
Perché si guarisca sia dalla peste che dal colera.