Ma quale ”mitigazione”, INSORGIAMO!
di Sinistra Anticapitalista FVG
La vicenda della Wärtsilä non è un fatto locale, ma nazionale e internazionale.
Non si tratta infatti “solamente” di un’altra fabbrica che chiude a Trieste, dove la situazione è facilitata anche dalle scelte dell’amministrazione locale che vede lo sviluppo della città prevalentemente nel commercio e nel turismo piuttosto che nell’industria; ciò che sta accadendo qui è parte di una dinamica di ristrutturazione dell’economia a livello internazionale che va a colpire pesantemente i lavoratori e le lavoratrici.
Le scelte compiute dai governi degli ultimi trent’anni nel nostro Paese lo hanno reso estremamente dipendente dai cambiamenti del quadro internazionale: in primo luogo la privatizzazione di comparti strategici dell’industria italiana, avvenuta prevalentemente a partire dal ’92, ha reso particolarmente vulnerabile la nostra industria alle scelte dettate dal profitto delle multinazionali, come appunto in questo caso la Wärtsilä.
Un’ulteriore scelta è stata quella di non mettere un freno alla delocalizzazione delle aziende.
Il Governo Draghi – complici i partiti che lo hanno sostenuto – si è opposto, su pressione di Confindustria, a qualsiasi misura significativa di contrasto alle delocalizzazioni.
L’emendamento proposto indirettamente in Parlamento dai lavoratori della GKN, che chiedeva “norme volte a impedire casi come quello della GKN e tutelare l’occupazione e il tessuto produttivo del Paese da atteggiamenti predatori” è stato bocciato perentoriamente.
Un’altra precisa scelta è stata naturalmente quella di un attacco serrato ai diritti ed alle retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici, che ha portato in Europa e nel nostro Paese a un aumento della povertà e del cosiddetto “lavoro povero” e che alimenta la paura di organizzarsi e reagire fra lavoratori e lavoratrici.
Oggi in questo corteo ci sono molti corresponsabili di queste scelte: i liberisti che puntano a far accettare i licenziamenti con il falso obbiettivo di ottenerne una “mitigazione “in termini di dilazionamento o buonuscite, oppure i postfascisti che puntano ad obbligare la Wärtsilä a rimanere nel nostro paese, magari a costo di ulteriori finanziamenti.
Noi diciamo che con le vicende di delocalizzazione del nostro paese – ultimi casi Wärtsilä e Flex, dopo la GKN, la Whirpool ed altre ancora – il capitalismo ha fallito e non può più promettere niente ai lavoratori e alle lavoratrici.
Oggi serve un ritorno al pubblico, ovvero serve una nazionalizzazione senza indennizzo delle aziende minacciate di chiusura (l’indennizzo se lo sono già preso negli anni con i lauti finanziamenti statali e regionali) e un piano che se necessario ne riconverta la produzione in senso ecologicamente e socialmente sostenibile.
Non sarà una lotta facile e serve da parte dei lavoratori e delle lavoratrici un’ulteriore crescita di determinazione in piazza come in fabbrica. Proprio il caso della GKN di Firenze ha dimostrato che forme di lotta anche dure come l’occupazione dello stabilimento, il blocco di ogni ulteriore produzione, l’impedire l’uscita di macchinari e prodotto finito, insieme con il sostegno di tutta la cittadinanza, possono vincere contro l’arroganza delle multinazionali.