Facciamo vivere il 25 aprile e il Primo maggio
di Franco Turigliatto
Mentre l’uragano della guerra infuria in Ucraina dove ogni giorno si manifestano gli orrori dell’invasione russa e il conflitto corre verso una nuova drammatica accelerazione prodotta dalla volontà di Mosca di conseguire il successo finora impedito dalla capacità di resistenza dell’esercito e del popolo ucraino e dalla decisione degli Usa e dei paesi della Nato di concorrere con sempre maggiori investimenti militari e supporti logistici, ognuno alla ricerca della “vittoria finale”, rinunciando a qualsiasi prospettiva di cessate il fuoco e di trattativa, vale la pena di soffermarsi per un momento sulla realtà sociale e politica del nostro paese.
Per sintetizzare il nostro giudizio: una palude stagnante da cui si alzano i peggiori miasmi reazionari sospinti dal governo dei “peggiori”, da una maggioranza divisa e litigiosa, ma che si ricompatta nei passaggi decisivi intorno alle scelte del piccolo bonaparte Draghi; una maggioranza disponibile anche talvolta ad assumere direttamente le proposte politiche della finta minoranza, l’estrema destra di FdI, con i suoi riferimenti fascisti, forza che alcuni sondaggi elettorali danno ormai quasi stabilmente come il primo partito.
Gli elementi della palude italiana
1. La pandemia non è finita se non nella demagogia delle forze della destra, nelle scelte del governo che non ha voluto intervenire con investimenti adeguati sulla sanità, nell’indifferenza di larghi settori della popolazione stremata dall’emergenza e dalla confusione dei messaggi lanciati dalle istituzioni pubbliche. I dati sono implacabili, si oscilla tra 60 mila e 100 mila contagi giornalieri, un milione e 200 mila persone sono coinvolte dal virus e più di 162 mila vittime ufficiali; la comparazione con gli altri paesi del mondo colloca l’Italia in 5° posizione per il numero dei contagi e dei morti. La voce del ministro della sanità Speranza (la “sinistra” del governo) che chiede cautela sulle misure e sui comportamenti individuali è completamente flebile, anzi afona.
2. Ma in Italia si continua a morire quotidianamente anche per un’altra ragione: la strage dei lavoratori e delle lavoratrici che cadono nei cantieri, nelle fabbriche, mentre corrono al lavoro, sottoposti alla logica infernale del supersfruttamento là dove più tirano le produzioni e le attività, ma non meno dove il lavoro manca e dove si accetta ogni forma di lavoro pur di riuscire ad avere qualche misero reddito, continua infinita, appena segnalata nei media, in una generale atmosfera di rassegnazione al presunto “inevitabile”, quando invece a determinarla è la deregulation, la logica del profitto e la conseguente disperazione che queste determinano.
3. Sul piano economico l’euforia per il grande rilancio delle attività produttive dopo il crollo del 2020, ma la ripresa non aveva mai coinvolto pienamente tutti i settori, si sta esaurendo di fronte alle ricadute negative inevitabili della guerra; così il Dpef ha dovuto ridurre le previsioni di crescita, ma sono in molti a ritenere che anche queste nuove ipotesi del governo siano troppo ottimiste, mentre il processo inflazionistico (vicino ormai all’8%) ha assunto livelli che non si riscontravano da decenni, un carovita selvaggio che taglia i salari e le pensioni e tanto più massacra coloro che un reddito fisso neppure ce l’hanno. La guerra in corso e la propaganda intorno ad essa, nasconde una crisi sociale e una povertà senza precedenti, che a breve mostrerà tutta la sua dirompenza con effetti politici e ideologici imprevedibili.
Naturalmente, come in ogni guerra, non tutti ci perdono, qualcuno fa profitti, anzi extraprofitti, come le imprese energetiche a quelle belliche e la crisi pandemica/economica accentua ancora le diseguaglianze sociali con gli strati superiori diventati ancora più ricchi e quelli inferiori più poveri; da ultimo lo confermano i dati che vedono i redditi degli abitanti dei centri città aumentati e quelli delle periferie scesi ancora più in basso. Le ultime rilevazioni dell’Istat mostrano più che mai un paese con divari e diseguaglianze sempre più grandi che riguardano la stessa speranza di vita, il tasso di mortalità “evitabile” e un arretramento delle condizioni di vita con oltre il 30% delle famiglie che si sente più povera; queste diseguaglianze colpiscono più che mai il Sud, le donne ed anche i giovani. Ben 3 famiglie su 10 non hanno ancora l’accesso ad internet.
4. Poi c’è l’emergenza salariale che colloca i salari italiani tra i più bassi di Europa; siamo il solo paese europeo in cui i salari sono più bassi di quelli di 30 anni fa. I dirigenti del PD, che richiamano nelle interviste ai giornali questa emergenza, appaiono decisamente ipocriti, visto che il loro partito (nelle varie metamorfosi che ha subito) è stato uno dei protagonisti governativi che hanno prodotto il trasferimento della ricchezza dal basso verso l’alto
Se poi prendiamo in considerazione i dati occupazionali due elementi saltano agli occhi: la ripresa dell’occupazione è stata in ogni caso parziale e si è caratterizzata in larghissima parte con contratti precari e a termine (con temporalità brevissime) in particolare per le donne, e i processi di ristrutturazione, delocalizzazione, chiusure di aziende continuano secondo i disegni dei capitalisti e del governo con licenziamenti selvaggi e collettivi, su cui si sta distinguendo proprio una azienda pubblica, la nuova compagnia aerea ITA; infine occorre sottolineare che il principale settore manifatturiero italiano, le automotive, dominato dalla più grande azienda, la multinazionale Stellantis, sarà sottoposto a processi di “razionalizzazione” produttiva molto violenti che mettono a rischio il futuro di migliaia di lavoratori dell’auto e dell’indotto collegato.
5. Nessuna delle scelte governative espresse nel PNRR e quelle prospettate nel DPEF rispondono a queste esigenze delle classi lavoratrici; anzi vanno in direzione opposta. I soldi del PNRR sono diretti soprattutto alle imprese, la spesa sanitaria e quella della scuola sono ridotte mentre quella per il riarmo subisce una accelerazione senza precedenti: in pochi anni si salirà da 26 miliardi annui a 38 miliardi di euro, cioè addirittura la metà di quanto si spende per la scuola e un terzo di quanto si spende la sanità. La natura politica del governo si misura da questi dati e il voto massiccio di un parlamento antipopolare ha sancito questa vergogna. La vergogna raggiunge il suo massimo quando viene proposta l’abolizione dell’IVA sulla produzione di armi. Le scelte di Mussolini di produrre più cannoni che burro vengono così confermate dopo più di 80 anni! Di fronte alle ricadute della guerra, a cui l’Italia partecipa sempre di più con l’invio di armi, ora anche quelle più pesanti, i diversi partiti chiedono un ulteriore scostamento di bilancio, cioè più deficit (che un giorno dovrà essere rimborsato, sappiamo già a chi sarà chiesto) rifiutando qualsiasi proposta di introdurre forme di tassazione patrimoniale per i capitalisti e i ceti abbienti. Si prospettano ancora una volta nuovi aiuti alle industrie in difficoltà e, per quanto riguarda i salari dei lavoratori, qualche piccolo miglioramento utilizzando il taglio sul cuneo fiscale, che produrrà solo altro debito pubblico o nuovi colpi alla spesa sociale. Per il rinnovo dei contratti del settore pubblico si prevede infatti una revisione della spesa pubblica, in parole povere si sposteranno risorse all’interno della stessa classe, tagliando la spesa sociale, per dare qualche briciola di aumento ai dipendenti pubblici penalizzati da molti anni dal blocco degli stipendi.
6. Il quadro non sarebbe completo se non sottolineassimo con estrema forza e con estremo dolore la strage infinita nel Mediterraneo dei migranti africani e medioorientali che cercano rifugio dalla fame e dalla guerra e le vergognose responsabilità del governo italiano e di quelli europei. E’ un buco nero che trova poche righe e quasi nessuna pietà sui giornali.
Direzioni sindacali insoddisfatte e lavoratori arrabbiati
Le tre confederazioni sindacali, recentemente, si sono dichiarate “contente” perché il governo ha accettato di incontrarle proponendo loro che questi incontri diventino un fatto strutturale. Non possono però essere felici della loro condizione le lavoratrici e i lavoratori tanto è vero che il segretario della CGIL ha dovuto dichiarare che le misure del governo sono insufficienti, che sarebbe necessario un contributo di solidarietà sui redditi e sui patrimoni alti aggiungendo poi: “non è questo il momento per aumentare le spese militari per armi ma oggi è il momento di aumentare le spese per la tutela sociale e il rilancio degli investimenti del nostro paese”.
Chiediamo a Landini, ma che cosa ha intenzione di fare la CGIL per sostenere questa proposta dato che il governo va in direzione opposta? Forse l’inchiesta nazionale sulle condizioni e aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori che la CGIL sta lanciando? Sembra davvero troppo poco, quasi una presa in giro; forse servirebbe una mobilitazione generale, una tornata di assemblee sui luoghi di lavoro per costruire le condizioni e la credibilità di uno sciopero generale; difficile pensare ad altri strumenti per sostanziare con la lotta di massa la difesa dei salari e delle condizioni di vita dei lavoratori.
Lo stesso congresso della CGIL dovrebbe servire a questo scopo e non tanto a confermare l’attuale direzione dell’apparato burocratico.
L’offensiva politica ideologica di guerra della borghesia
Abbiamo lasciato da ultimo, ma non è certo un elemento secondario ed anzi è uno degli aspetti centrali ed inquietante dell’azione della borghesia contro le classi lavoratrici e l’insieme dei movimenti sociali, l’offensiva politica ed ideologica reazionaria e martellante che punta a cancellare definitivamente quanto resta ancora di progressivo e di alternativo di classe nella coscienza delle classi lavoratrici e popolari.
La guerra è sempre un passaggio fondamentale negli snodi della storia e la guerra reazionaria di Putin in Ucraina, imperialista e imperiale, ha fornito alle borghesie occidentali la possibilità di un ulteriore passaggio per porre fine alle “anomalie” del secondo dopoguerra.
Siamo di fronte al tentativo, anche se le resistenze sono ancora molto forti come testimoniano alcuni sondaggi, di cancellare l’ideologia della necessità della pace con l’ideologia della inevitabilità delle guerre, con la necessità di condurle e di passare a una nuova fase accelerata di riarmo generalizzzato, che in realtà è già in corso da anni, con l’accettazione di una politica economica di guerra, cioè nuovi sacrifici per le classi subalterne e con la creazione del nemico assoluto. Naturalmente questa operazione viene condotta sia dai governanti occidentali in Europa, sia da Putin in Russia.
In Europa occidentale questa operazione di compattamento ideologico significa assoggettare le classi lavoratrici alla piena internità e partecipazione alle scelte dell’imperialismo occidentale, degli USA , della UE, e del loro strumento militare e politico, la Nato.
Tutto deve essere indirizzato a una costruzione binaria, i buoni e i cattivi, nemico ed amico, in cui devono scomparire i contrasti tra le classi sociali nel senso che la classe lavoratrice scompare in quanto tale e si assoggetta pienamente ai suoi dominatori. Nella costruzione binaria tutte le voci dissenzienti o critiche, anche quelle, come le nostre, che si oppongono alla aggressione russa dell’Ucraina, devono essere tacciate come sostenitrici di Putin, al massimo come incoerenti e fasulle.
Il movimento pacifista nelle sue diverse versioni politiche, più o meno radicali, che ha segnato la storia negli ultimi 50 anni contro le guerre condotte dall’imperialismo americano deve essere messo in mora, non deve più esprimersi, deve essere denunciato come collaborazionista col nemico. Non sfugge alla furia conservatrice neanche la storica marcia Perugia Assisi, a cui va naturalmente il nostro sostegno.
Il retaggio della Resistenza con il suo messaggio di pace ed anche di una società più giusta e di eguaglianza deve scomparire o peggio ancora deve essere stravolto nel sostegno addirittura a uno dei peggiori strumenti militari in circolazione, la Nato.
E’ questo il senso dell’attacco all’’Anpi condotto non solo e non tanto dalle forze di destra, ma dai giornali della borghesia e dal PD che vuole portarlo nell’alveo nella sua piena partecipazione all’imperialismo occidentale.
La Costituzione italiana, “nata dalla resistenza” viene così nuovamente colpita a fondo; l’articolo 11 che esprime il “ripudio della guerra”, viene disatteso o stravolto, mentre continua il processo di trasformazione presidenzialista della Repubblica con il tandem Draghi-Mattarella.
In questo quadro ci si “dimentica” naturalmente della presenza in Italia di consistenti forze dell’estrema destra, non solo quelle estreme e direttamente fasciste che avrebbero dovute, e nessuno lo vuole fare, esser messe fuorilegge, ma anche di quelle che hanno grandi consensi elettorali, ma che sono profondamente segnate da concezioni e pratiche che al fascismo si richiamano.
Nella loro involuzione qualunquista il PD arriva a sostenere l’istituzione della giornata degli alpini, per di più, guarda caso, per il giorno avanti a quello della “Giornata delle memoria” avendo come riferimento celebrativo la battaglia di Nikolaevka, uno dei momenti più negativi della storia del paese, ma centrale del fascismo, la partecipazione italiana a fianco dei nazisti nell’aggressione all’Unione Sovietica.
E’ un ulteriore strumento attraverso cui si porta avanti un pericolosissimo revisionismo storico, su cui si esercitano molti giornali a partire dal quotidiano principe della famiglia Agnelli-Elkan, La Repubblica.
Le falsità, le insopportabili ipocrisie, il razzismo e il doppio standard per cui gli orrori dell’imperialismo occidentale vengono coperti e le sue vittime dimenticate, anche perché di altro colore o religione, rispetto a quelle prodotte dall’imperialismo russo in Ucraina, (mentre per noi invece gli orrori degli uni e degli altri sono inaccettabili e comportano tutti la nostra ripulsa), devono sempre essere ben presenti.
Molti a sinistra però, sia per assurde inclinazioni storiche e staliniste del passato, sia perché devono aver saltato la puntata storica in cui è stato restaurato il capitalismo nella vecchia URSS, sia per un meccanismo psicologico parapavloviano, reagiscono alle ipocrisie delle classi dominanti occidentali infilandosi in un percorso politico demente per cui i nemici dei miei nemici sono miei amici o giù di lì, voltando così le spalle ai sacrosanti diritti del popolo ucraino e alla necessaria solidarietà di fronte all’aggressione russa, ma anche rendendo un pessimo servizio alla costruzione di un movimento pacifista e antiguerra e dell’unità e della coscienza di classe dei lavoratori e delle lavoratrici nel nostro paese rivolta a una visione solidale e internazionalista degli sfruttati e degli oppressi.
Facciamo vivere il 25 aprile e i Primo maggio
Ma è proprio questo su cui occorre invece lavorare alla vigilia di due date fondamentali per il movimento operaio, il 25 aprile simbolo della vittoria della Resistenza contro le forze fasciste, portatrice di una idea di libertà e di giustizia sociale e il Primo Maggio simbolo dell’unità e della lotta della classe lavoratrice contro la classe padronale per un progetto di trasformazione socialista della inaccettabile realtà esistente. La questione centrale è proprio questa: costruire il ritorno del protagonismo delle classi lavoratrici sia sul piano sindacale/rivendicativo per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro, sia sul piano politico e ideale contro la guerra, per i diritti dei popoli, per l’unità internazionalista delle lavoratrici e dei lavoratori contro i capitalisti e il loro sistema economico, che produce le guerre e ogni sorta di ingiustizia, per una alternativa socialista.