Draghi 1, il governo che unisce i padroni

- di Franco Turigliatto - Un esecutivo di destra come poche volte nella storia d'Italia che nasce con l'assenso dei sindacati. Al nuovo governo capitalista, deve corrispondere una stagione nuova di lotta e movimento, senza se e senza ma -

– di Franco Turigliatto – Un esecutivo di destra come poche volte nella storia d’Italia che nasce con l’assenso dei sindacati. Al nuovo governo capitalista, deve corrispondere una stagione nuova di lotta e movimento, senza se e senza ma –

Eccolo dunque il governo Draghi, il governo dell’unità nazionale o, per meglio dire il governo dell’unità dei padroni, di tutti i poteri forti e dei partiti che in diverse forme li rappresentano; il governo che deve e vuole interpretare fino in fondo le scelte e gli interessi della borghesia in questa grande fase di crisi economica e sociale, dominata dalla tragedia della pandemia. In  altri termini il governo dei peggiori nemici delle classi lavoratrici.

Un governo ancor più capitalista e di destra

L’operazione di liberarsi del governo Conte 2 considerato sempre più inadatto e insufficiente a gestire i desiderata della Confindustria e a indirizzare compiutamente i 209 miliardi del Recovery Fund nella giusta direzione, è pienamente riuscita sotto l’attenta regia del Presidente della Repubblica, la cui azione lascia parecchi dubbi anche dal punto di vista costituzionale, sostenuta da una massiccia e totale copertura dei media che hanno costruito in due giorni la credibilità politica della persona che più di ogni altro in questi ultimi 30 anni ha rappresentato dal punto di vista finanziario ed economico, e quindi anche politico, le scelte liberiste antipopolari ed antisociali, che hanno devastato l’Europa e il nostro paese.

Il curriculum di Draghi, che per le classi lavoratrici ha costituito precarietà del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici, politiche di austerità, dominio del capitale finanziario, massacro delle pensioni, tagli alla scuola e alla sanità, è invece il catalogo dei suoi titoli di merito per la classe dominante.

Così Conte e il suo ministro dell’economia Gualtieri, che pure avevano portato a casa parecchi soldi dall’Europa e che avevano gestito questo anno difficilissimo e drammatico con una serie di misure che davano molto alle imprese e ai padroni, ma anche qualche risorsa ai soggetti più deboli (blocco dei licenziamenti, cassa integrazione) per cercare di reggere la crisi sociale, sono stati messi alla porta senza alcun ringraziamento.

A differenza di alcuni settori della sinistra e beninteso dei militanti del M5S che consideravano questo governo più o meno amico, noi non abbiamo mai cessato di opporci al Conte 2, denunziandone la natura borghese e i connotati filopadronali delle sue scelte di fondo e cercando di favorire la costruzione di una più forte opposizione e mobilitazione sociale per costruire una alternativa a sinistra e tagliare l’erba sotto i piedi alle forze della destra.  

Ma alla Confindustria lo stesso Conte non bastava più, serviva un governo più forte e totalmente consono al progetto di ricostruzione del “suo paese”, cioè un governo più di destra, con gli uomini (soprattutto uomini, cioè maschi) più adatti per storia, capacità ed attitudini (ecco il vero significato di “alto profilo”) a servirne gli interessi.

Il governo di unità nazionale chiarisce ancora una volta che le differenze tra destra e cosiddetto centro sinistra, sono del tutto parziali e che invece convergenza sulle opzioni di fondo capitaliste; questi soggetti politici possono così ritrovarsi insieme, senza particolari problemi, al tavolo del Consiglio dei ministri sotto la regia del super mago/drago capitalista.

Il governo degli ottimati e della schifezza

Il governo è davvero una schifezza, un perfetto connubio tra i cosiddetti tecnici, cioè gli esponenti borghesi, che sui diversi terreni hanno gestito gli apparati statali e le strutture portanti del sistema capitalista, con gli esponenti politici (i partiti) che da sempre gestiscono le strutture istituzionali, parlamentari e di governo di questo stesso sistema. Nessuno è stato escluso da questa unità nazionale, compreso beninteso Comunione e Liberazione. Per altro in Parlamento non è più presente da tempo una vera sinistra che provi ad esprimere e a rappresentare le istanze delle classi lavoratrici; non lo è evidentemente il PD e Leu è solo un simulacro di sinistra del tutto subalterna al PD stesso.

Dall’altro lato l’estrema destra con Fratelli d’Italia della Meloni, si è tirata fuori dal governo, ma ha già detto che lo sosterrà nella bisogna; cercherà contemporaneamente di capitalizzare con la sua “opposizione” il malcontento sociale che la crisi e le politiche dell’esecutivo produrranno. Un pericolo nel pericolo per il movimento dei lavoratori.

Che tutto questo provochi una crisi nel partito “né di destra, né di sinistra”, nel M5S è normale, non può stupire, anzi è giusto; questo partito andava incontro a una resa dei conti inevitabile di fronte alle grandi scelte della società e alla realtà dello scontro di classe. E’ giusto che ci sia questa crisi e non ce ne dogliamo.

La composizione del governo è davvero impressionante: da una parte i cosiddetti “tecnici”, quelli che si sarebbero chiamati una volta “i grand commis”, la squadra di Draghi che gestirà con lui tutte le grandi scelte economiche e finanziarie, l’uso del Recovery Fund e il rapporto con l’Europa di Bruxelles; poi ci sono gli uomini di Salvini piazzati in due strutture fondamentali come il ministero dello Sviluppo economico ed quello del Turismo che dovranno distribuire risorse ai vari soggetti e imprese private (una manna per il consenso di questo partito); poi i vecchi personaggi (uomini e donne) della nomenclatura berlusconiana di dieci anni fa, una garanzia per certi settori borghesi; poi una serie di altri soggetti che con la loro storia personale hanno avuto un ruolo e una presenza nelle più diverse istituzioni borghesi. In questo modo davvero nessun pezzo della classe dominante viene lasciato fuori e tutti possono avere il loro santo in paradiso ed essere rassicurati.

Alcune e alcuni ministre/i, tra cui la Gelmini, ma non solo, rappresentano in particolare il percorso verso la famigerata autonomia differenziata. Per parte loro le lavoratrici e i lavoratori delle Amministrazioni pubbliche non possono che prepararsi allo scontro con il nuovo, vecchio ministro. Mettere Brunetta nella Pubblica Amministrazione è come introdurre una volpe in un pollaio. Ma stessa storia sembra valere per il nuovo ministro della Scuola che va a sostituire la certo impresentabile Azzolina, che, per altro, aveva già provveduto ad introdurlo.

Se il governo rappresenta la borghesia italiana è normale che ci sia al suo interno una dominanza del Nord, perché così è strutturato storicamente il capitalismo italiano. E le masse popolari meridionali non possono certo essere rassicurate dagli esponenti del governo che provengono dalle loro regioni, le cui caratteristiche sono fin troppo note.

Il ministero della Transizione ecologica è una presa in giro ben rappresentato dal curriculum professionale e politico del suo titolare.

Ai due esponenti di “sinistra”, ad Orlando del PD e a Speranza di Leu sono affidati i due ministeri delle “disgrazie” attuali e future, cioè il lavoro e la sanità. Naturalmente questi dicasteri dovrebbero e potrebbero essere centrali della risoluzione della crisi nel suo complesso. Ma al di là delle più o meno buone volontà dei due esponenti, la loro azione sarà dominata ed incastrata nelle scelte complessive del governo. Orlando dovrà gestire il passaggio dalla fine del divieto dei licenziamenti alla nuova gestione degli ammortizzatori, sociali e a un’ennesima “riforma” delle pensioni e alle nuove flessibilità sul lavoro che Bruxelles chiede, per non parlare delle grandi ristrutturazioni industriali ed occupazionali che si produrranno.

E Speranza che già nell’anno della pandemia ha fatto fatica a reggere i condizionamenti dei tanti soggetti privati e dei governi della Regioni avrà i margini di azione ridotti a zero e una pressione insostenibile per destinare tanti soldi ancora una volta alle sanità privata. E’ abbastanza probabile che si trovi presto in una situazione difficilissima, tra il piegarsi del tutto, oppure dover abbandonare per non venire meno a doveri elementari verso i cittadini e le cittadine.

Ci saranno contraddizioni

Tutto queste considerazioni non vogliono però dire che il nuovo governo avrà vita facile e che non sarà attraversato da forti contraddizioni. Esse deriveranno sia dalla crisi in atto, sia dalle difficoltà a gestire le diverse misure, compresa la necessità di avere, almeno nei primi tempi, un certo equilibrio nel combinare i diversi interventi, compreso il mantenimento di alcune misure sociali per non provocare reazioni troppo dirompenti e pericolose; ma i conflitti interni potranno sorgere soprattutto tra i vari settori borghesi e i partiti che li rappresentano nella ripartizione delle risorse.

Il fatto politico e sociale grave è costituito dalle organizzazioni sindacali che hanno scelto apertamente di affidarsi a questo governo, senza avere alcuna intenzione di attivare una mobilitazione sociale, sperando di ottenere quella concertazione sociale, che permetta loro di limitare appena i danni tra i lavoratori e soprattutto di preservare i loro apparati attraverso la concertazione. Sperano così nel prolungamento del blocco dei licenziamenti, senza avere un progetto rivendicativo complessivo (se non una generica richiesta al governo di una politica per l’occupazione ed ancor meno di avere anche solo un piano B di lotta dei lavoratori.

Per altro Draghi ha già avuto modo di precisare che i finanziamenti andranno a quelle aziende che hanno possibilità di essere efficienti e performanti sul mercato; è la riaffermazione che al centro del progetto di rilancio c’è l’impresa privata e che l’intervento pubblico è solo di supporto. E questa la vera funzione che il nuovo governo deve svolgere.

La mobilitazione senza se e senza ma

Per il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, per le forze della sinistra, del sindacalismo di classe e dei movimenti sociali non c’è molto da interrogarsi su che cosa si deve fare.

Bisogna mobilitarsi: le forze della sinistra autentica devono impegnarsi unitariamente fino in fondo per contrastare questo governo, devono lavorare per attivare le resistenze sociali, per costruire i movimenti più ampi possibili.

Nel paese le/i militanti politiche/i, anche se dispersi, sono ancora presenti in numero considerevoli; ci sono stati e ci sono movimenti sociali di resistenza, ambientalisti, sul lavoro, democratici, antirazzisti e antifascisti di fronte alle forze dell’estrema destra nazionalista e razzista che rialzano sempre più la testa sostenuti anche sul piano istituzionale. Deve esserci la volontà unitaria di costruire un vasto movimento sociale e politico di opposizione, un movimento rivendicativo su contenuti concreti di lotta contro i vari aspetti delle politiche liberiste, sul salario, sull’occupazione, contro l’autonomia differenziata, per un rilancio della scuola e della sanità pubbliche. Ci deve esser una scelta non solo affermata ma reale di unità delle direzioni delle forze politiche della sinistra antagonista (una azione ed iniziativa concreta ed immediata deve venire dalla due forze maggiori PRC e Potere al Popolo); si devono coinvolgere i movimenti sociali, le cui direzioni devono essere consapevoli che non possono chiudersi nel loro stretto ambito, che devono operare anche politicamente costruendo un rapporto con le forze politiche della sinistra di classe; se a queste ultime va chiesto una piena coerenza politica, ai gruppi dirigenti dei movimenti sociali va chiesto l’abbandono di fallimentari scelte lobbiste verso questo o quel rappresentante del governo.

Al nuovo governo capitalista, deve corrispondere una stagione nuova di lotta e movimento, senza se e senza ma.