Privato è bello non funziona più. Naufraga l’inganno del referendum Atac

Quorum lontano. Atac resta pubblica.
La corazzata delle privatizzazioni ha potuto contare su testimonial d’eccezione – da Walter Tocci a Carlo Verdone – e sui giornali “per bene”, anche quelli che si danno un tono di sinistra ma poi “pompano” le grandi opere e il jobs act, ma quelli che furono il refrain degli anni ’80, “più mercato meno stato” oppure “privato è bello”, su una città stremata dalla crisi non fanno più presa. E non avrebbero mai fatto presa se le privatizzazioni fossero state oggetto di un vero debat public e non imposte dall’alto sulla scorta di un altro ritornello: “è l’Europa che ce lo chiede”.
Il referendum sulla privatizzazione di Atac era un inganno, spacciava la privatizzazione per liberalizzazione e ha fatto leva su un elemento reale: sul degrado in cui il definanziamento del fondo nazionale trasporti e le gestioni corrotte e clientelari hanno ridotto il servizio di tpl della Capitale. Uno degli ingredienti dell’inganno è stato che chi ha imposto definaziamento e clientelismo sono proprio i fautori delle privatizzazioni e di quei processi del neoliberismo che hanno frantumato le nostre vite, emarginato le periferie, governato costruendo meccanismi di colpa (sulla questione del debito), repressione e paura (il razzismo come collante).
Ma se un merito ce l’ha questa incursione dei radicali, truppe d’assalto del Pd per la guerra santa del liberismo, è quello di averci fatto ragionare su che città siamo divientati, di che tipo di trasporto pubblico ci sarebbe bisogno e, dunque, di cosa potrebbe diventare questa città se fosse capace di democrazia partecipata.
Questo ragionamento deve continuare costruendo un’alleanza di lavoratori e cittadini per rivendicare che Atac e tutte le partecipate diventino aziende speciali pubbliche, per rivendicare una gestione partecipata e un audit pubblico sul debito perché il debito illegittimo è uno degli strumenti per imporre l’austerità, comprimere i diritti, trasformare i servizi in merce e trasferire la ricchezza verso l’alto.
Proponiamo una festa-assemblea per festeggiare il fallimento dell’inganno referendario e aprire una nuova stagione di lotte.