Grecia, prima conferenza dell’Unità popolare

di Antonis Ntavanellos, da A l’encontre, traduzione di Fabrizio Burattini

La Conferenza di Unità popolare (UP) – che si è svolta dal 24 al 26 giugno 2016 ad Atene[1] – è stata il luogo e l’occasione per una riunione militante, preziosa e combattiva, della sinistra radicale e antimemorandum. Unità popolare conta circa 5.000 iscritti. Gli organismi dirigenti, tra i quali il Consiglio politico composto da 111 membri, sono stati eletti dai 1.009 delegate e delegati presenti alla Conferenza. A causa di problemi di trasporto, un certo numero di delegate/i sono stati costretti ad andarsene prima della fine dei lavori. Le tre principali componenti del «fronte politico» costituito da UP sono: la Tendanza di sinistra (il cui portavoce più noto è Panagiotis Lafazanis), che ha avuto il 55% degli eletti; la coalizione «Rinnovamento radicale» con il 19,7% degli eletti e il «Red Network» con il 12,8%.

La prima conferenza dell’UP segna una differenza in rapporto ad altre correnti della sinistra detta radicale, sia che si orientino essenzialmente nella prospettiva della partecipazione alle elezioni, sia che considerino prioritario, nell’attuale congiuntura, il «raggrupparsi» (mettendo l’accento soprattutto su un giudizio politico-teorico del periodo SYRIZA), cosa che implica che l’azione politica è obiettivamente rinviata ad un momento successivo [2].

Durante i due giorni di intensa discussione politica, con tutte le difficoltà connesse con la «fondazione» di una organizzazione di questo tipo nella attuale fase socio-politica, l’UP ha approvato un quadro programmatico e una risoluzione politica che costituiscono la tabella di marcia per l’azione politica delle sue strutture locali e settoriali (circa 180). Questi testi hanno necessariamente il carattere di un compromesso tra posizioni politiche a volte distanti. Tuttavia, come ha potuto costatare la grande maggioranza delle delegate e dei delegati, questo compromesso segna un avanzamento nell’elaborazione e nella convergenza politica. Non poteva essere altrimenti: l’UP è un fronte politico, dunque gli accordi di fondo devono essere «larghi». Nello stesso tempo, l’UP è un nuovo fronte – nessuno può dimenticare che è stato creato meno di un anno fa ­– e nel suo seno esistono tendenze che hanno traiettorie e esperienze politiche assai differenti. Una gran parte viene dalla Piattaforma di Sinistra di SYRIZA (dunque dalla Corrente di sinistra o dal Red Network), mentre un’altra parte è il frutto dei bilanci effettuati dai gruppi di Antarsya, tra l’altro in rapporto con posizioni passate settarie.

La discussione politica durante i due giorni della conferenza ha affrontato questioni di importanza cruciale. Alcune correnti hanno tentato di definire il carattere dell’UP come prima di ogni cosa una «corrente contro la l’UE», sottovalutando che è necessario legare il nostro obiettivo di rottura/uscita dalla zona euro alle battaglie decisive e immediate contro l’austerità, i memorandum e il neoliberismo [3]. La sottovalutazione del contenuto chiaramente classista della nostra opposizione all’euro e alla UE è legata alla sottovalutazione della strategia anticapitalista (adottata esplicitamente dalle conclusioni della conferenza); alla sottovalutazione del riferimento più generale alla liberazione/emancipazione socialista (un riferimento che «colora» in maniera decisiva la nostra politica e pone limiti chiari, ad esempio per ciò che concerne le alleanze politiche ammissibili…); e alle strategie che si articolano attorno alla cosiddetta prospettiva dell’ «indipendenza nazionale».

Peraltro, il mondo oggi non è lo stesso di quello dei decenni 1950-60. La politica dell’imperialismo non impone una «colonizzazione attraverso il debito» per mezzo delle cannoniere, ma principalmente con la leva delle banche. La differenza non è solo tattica: in paesi come la Grecia, la classe dominante locale è legata ai centri imperialisti europei con mille fili. Questa classe dirigente ha sostenuto con tutte le sue forze gli accordi con i creditori. Ha dato il proprio accordo ai memorandum. Non ha mostrato alcuna volontà di fare esperimenti di tipo «nasseriano», cioè di ricercare una qualche autonomia in relazione alle scelte delle «istituzioni» internazionali, anche solo in una versione conservatrice. Questa constatazione centrale toglie ogni fondamento a queste strategie di «indipendance nazionale»: il ribaltamento anti-memorandum dell’austerità, l’uscita dall’euro con un programma operaio e popolare, o farà parte di un programma di transizione internazionalista verso il socialismo, o non esisterà. E’ questa la base delle differenti valutazioni sulla Brexit.

Una cosa è considerare la Brexit come una prova della crisi dell’Unione europea e delle contraddizioni dell’avversario, altro è innamorarsene; è altro dall’insistere su un approccio autonomo, classista e politico. Una cosa è innamorarsi della Brexit, altro è sottovalutare i problemi specifici di direzione politica che esistono in Gran Bretagna; senza neanche parlare di cercare in Grecia i Nigel Farage locali, accordando loro – ancora di più – un qualche ruolo «liberatore»… [4]

La nostra insistenza per definire la linea dell’UP come antimemorandun-anticapitalista si precisa senza problemi nelle decisioni che abbiamo assunto circa la pianificazione dell’attività delle organizzazioni, delle sezioni dell’UP. Abbiamo deciso di agire contro la riforma delle leggi sul lavoro, di resistere alla controriforma del sistema di assistenza sociale, di lottare contro le privatizzazioni e la vendita all’asta delle case popolari, di organizzare la solidarietà con le rifugiate e i rifugiati.

Che significherebbe al livello determinante dell’attività – cosa che ci viene ricordata dal «modello francese» della mobilitazione prolungata contro la Loi travail, argomento un po’ sottovalutato nella discussione – la strategia dell’indipendenza nazionale? Quale sarebbe, ad esempio, il contenuto specifico dei «Comitati di difesa della sovranità nazionale»? Quale sarebbe il contenuto delle proposte – fortunatamente molto minoritarie – di «controllare le frontiere»? Chi vuole veramente comprendere lo spirito della base dell’UP dovrebbe anche sapere che l’UP è ormai, ufficialmente, il primo «partito» politico in Grecia ad affermare il rifiuto dell’omofobia, dopo aver sancito a larga maggioranza l’emendamento sul diritto delle coppie omosessuali di adottare bambini.

Noi non ci facciamo illusioni sul fatto che questa discussione sia «terminata»: sappiamo che continuerà e – in seguito – in stretto collegamento con l’attività delle 180 organizzazioni locali e settoriali dell’UP. E’ per questo che siamo ottimisti quanto al risultato finale del dibattito, poiché siamo convinti che ci sia una grande maggioranza orientata verso la politica radicale di sinistra.

La discussione sugli statuti dell’UP non ha potuto essere conclusa per motivi di tempo. La ricerca della «costituzione» più democratica possibile – discussione strettamente legata a questioni come l’allargamento dell’UP, il funzionamento collettivo della direzione e la relazione tra le decisioni del «partito» e il discorso pubblico dei quadri nei media – ha suscitato la presentazione di decine di emendamenti. Per motivi di tempo, dunque, il dibattito non si è concluso.

A nostro parere, tutto questo materiale dovrà essere studiato dai nuovi organismi eletti, e le problematiche raggruppate in modo chiaro. Occorrerà convocare un Congresso per discutere con un tempo congruo e per decidere, senza scontri, gli statuti e le regole di funzionamento dell’UP. Nel frattempo, l’UP dovrà funzionare sulla base della proposta sancita «in linea di principio», e con la necessaria sensibilità di tenere conto delle proposte presentate.

L’UP è il «luogo» determinante del raggruppamento della sinistra radicale anti-memorandum, dopo la capitolazione di SYRIZA e i relativi effetti di disintegrazione della sinistra. La Conferenza è stata un passo positivo in questa direzione, una direzione nella quale noi ci impegneremo con determinazione.

Durante la Conferenza, il Red Network ha dimostrato di aver fatto passi avanti in direzione del proprio consolidamento e della maturazione politica: abbiamo eletto 14 compagne e compagni nel nuovo Consiglio politico dell’UP, su di una base «aperta» alle collaborazioni, ma facendo anche scelte ideologiche e politiche chiare. Abbiamo rifiutato di seguire il modello del «blocchi», dei raggruppamenti costituiti come circoli di collaborazione allo scopo di ottenere più eletti negli organismi del fronte; «blocchi» forse utili su questo piano ma pieni di contraddizioni non esplicitate.

Note

  1. L’Unità Popolare(UP) è stata fondata il 21 agosto 2015 da parte dell’opposizione politica aperta, pubblica che si stava sviluppando già da tempo all’interno di Syriza. La costituzione dell’UP è stata resa urgente non solo per la capitolazione completa del governo di fronte ai creditori e ai loro rappresentanti istituzionali, ma a seguito della dichiarazione della direzione Tsipras di indire le elezioni nel settembre 2015. L’essenziale dell’UP è stato costituito, inizialmente, dalla Piattaforma di sinistra di Syriza. Altri dissidenti di Syriza vi hanno aderito, così come delle forze che si sono separate da Antarsya, coalizione della sinistra radicale. Alle elezioni del 20 settembre 2015, l’UP, appena costituita, ha ottenuto il 2,87% dei voti, cosa che implica, in base alla legge elettorale, il non superamento dello sbarramento del 3%. L’UP dunque non ha rappresentanti in parlamento.
  2. L’autore si riferisce qui al «partito» promosso da Zoé Konstantopoulou (la ex-presidente del parlamento), denominato la «Corsa verso la libertà», a delle componenti di ANTARSYA, e a DIKTYOSI, rete di militanti fuoriusciti in gran parte dalla corrente di Syriza cosiddetta dei «53» che si sono rifiutati, sulla base di differenze ideologiche, di integrarsi nel fronte politico dell’UP.
  3. L’autore si riferisce alle posizioni dei militanti di ARAN e di ARAS, gruppi di origine maoista già membri di ANTARSYA. Anche alcuni membri della Corrente di sinistra flirtano con queste posizioni «anti-euro», in senso stretto. Kostas Lapavitsas, economista docente a Londra, e Dimitris Mpelantis, che ha raccolto dei militanti attorno a questo angolo di approccio, sostengono questa posizione non inscritta in una dinamica transitoria nella quale le battaglie contro i piani di austerità conducono a porre le questione della «uscita/rottura» con l’euro, evitando il tramite «nazionalista» o quello che afferma «è la precondizione ad ogni azione», cosa che era stata sostenuta da Lapavitsas al momento delle elezioni del settembre 2015.
  4. La Brexit ha funzionato come una metafora, come un «mito» la cui esegesi potrebbe offrire la chiave per una «soluzione alla greca». Panagiotis Lafazanis è intervenuto per individuare, in questo contesto, un punto di equilibrio tra una parte dei membri dell’UP che ponevano l’accento sulla via «d’una Brexit» greca e un’altra parte – tra cui Red Network – che sosteneva una «Lexit», un’uscita da sinistra.
  5. Questa è una questione che già esisteva all’interno di Syriza. Le conferenze adottano posizioni, tuttavia una parte dei dirigenti eletti difendono opinioni loro proprie, su punti precisi sui quali c’è una posizione adottata collettivamente. Cosa che tende a minare certe procedure collettive di assunzione di decisioni e può dare, su un problema o su un altro, letture particolari che possono essere ritenute quelle del partito in quanto tale.