Strage in centrale, operai figli di un Dio minore

Mentre piangiamo i nostri fratelli uccisi, dobbiamo essere consapevoli che la partita si gioca sulla capacità di organizzarsi per controllare ogni giorno i processi produttivi. Partecipiamo in massa allo sciopero dell’11 aprile [Franco Turigliatto]

Mentre scriviamo questo articolo, continuano a Suviana le ricerche di quattro operai dispersi dentro la Centrale Enel in cui ieri, 9 aprile, s’è consumata l’ennesima strage sul lavoro: 3 lavoratori sono rimasti uccisi e 3 feriti da un’esplosione durante il collaudo di una turbina. A 24 ore dalla strage, i delegati Cgil ancora non riescono a sapere da Enel di quale delle ditte del subappalto fossero dipendenti le vittime. Domani, 11 aprile, Bologna si fermerà per uno sciopero generale di 8 ore.

“Le lavoratrici e i lavoratori sono figli e figlie di un dio minore” è il grido che scoppia nel petto di fronte a questa ennesima e mostruosa strage sul lavoro nella centrale elettrica del Lago Suviana, nel bolognese. Immenso dolore, rabbia, ribellione verso tutte le ipocrisie e le ingiustizie di questa società e del potere capitalista, ma anche disperazione per non riuscire a costruire la risposta e l’insorgenza di massa che metta in discussione il sistema economico responsabile della tragedia e si cominci a costruire un’alternativa reale.

Questa volta la strage è avvenuta nel sito di una delle principali imprese del paese, un’azienda di eccellenza tecnologica e produttiva, ma dove si muore come in un qualsiasi cantiere edile di una qualsiasi ditta secondaria. A perdere la vita sono ancora una volta lavoratori della giungla del subappalto, una cerniera fondamentale dello sfruttamento capitalista.

Le lavoratrici e i lavoratori non sono soltanto le figlie e i figli di un Dio minore, ma sono come compare in ogni relazione economica “risorse umane” dove l’accento va posto sul termine risorse, un semplice elemento strumentale dei capitalisti per attivare la produzione, moltiplicare gli utili, fare profitti e garantire dividendi.

Se qualcuna di queste “risorse” perde la vita, per la mancanza di sicurezza, per la precarietà, per la necessità di fare in fretta, che importa, sarà sufficiente qualche articolo sui giornali, qualche dichiarazione, un po’ di lacrime, qualcuna sincera, altre di coccodrillo e poi si continuerà come prima perché ci sono tante altre “risorse umane” disponibili (quelle/i che devono vendere le loro braccia per vivere) per mantenere il ciclo dell’accumulazione del capitale.

Certo servono tutte quelle misure (leggi, prevenzione, vigilanza, ecc.) ben presenti nella piattaforma che CGIL e UIL hanno posto nella convocazione dello sciopero per la sicurezza dell’11 aprile, ma occorre essere consapevoli che il nodo di fondo è la precarietà del lavoro, anzi la fragilità del lavoro, una fragilità che è individuale, ma che anche collettiva. Stiamo parlando della forza e dell’organizzazione della classe lavoratrice in quanto tale; stiamo parlando della coscienza di classe e della possibilità di affrontare i padroni, la loro organizzazione del lavoro e i loro ricatti, attraverso l’azione collettiva.

Ma sono stati in tanti, capitalisti, media, partiti politici e governi che da 40 anni hanno costruito altre centralità rispetto alla condizione e ai diritti delle lavoratrici e lavoratori: la flessibilità, l’utilizzo libero della forza lavoro, la produttività, la competitività, l’urgenza, e tanto più l’indebolimento strutturale della classe lavoratrice, sconfiggendo i settori operai più trainanti e combattivi, rendendo sempre più subalterni e addirittura complici gli apparati delle maggiori organizzazioni sindacali, cancellando la memoria stessa di alcuni diritti di fondo, quindi la coscienza collettiva, rendendo ogni lavoratrice/tore un individualità smarrita e vagante dimentica che si deve alleare con chi lavora accanto a lei e che non “odiare” chi è più in “basso”, ma il padrone che vive del suo lavoro.

Il nodo è quindi questo, far tornare la consapevolezza che solo l’organizzazione collettiva può renderti più sicuro e capace di agire per salvare la tua condizione, di vita, il tuo salario ed anche e soprattutto un lavoro in sicurezza con la garanzia di poter tornare la sera ai tuoi affetti.

La ricostruzione del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori per la difesa e il conseguimento dei loro obiettivi, il ritorno al loro protagonismo, la risposta collettiva alla guerra di classe che i padroni e i loro governi hanno ormai da decenni scatenato con successo contro i lavoratori, è l’obiettivo da perseguire.

Mentre piangiamo i nostri fratelli che hanno perso la vita, mentre pretendiamo le norme che devono garantire maggiore sicurezza, partecipando tutte e tutti allo sciopero dell’11 aprile, dobbiamo essere consapevoli che la partita si gioca sulla capacità delle lavoratrici e dei lavoratori ad organizzarsi per controllare ogni giorno i processi produttivi e la sicurezza sul lavoro e per la costruzione di una nuova stagione di lotta e di riscatto delle classi lavoratrici.