Le piazze francesi, la passività sociale italiana. Mai le Alpi così invalicabili

Se in Francia la mobilitazione sociale sta raggiungendo dimensioni inedite, nella vicinissima Italia non sembra esserci alcun riverbero di quella permanenza delle lotte. Almeno finora [Franco Turigliatto]

Da tempo ormai sembra che le Alpi siano così alte e insuperabili tanto da disegnare due scenari sociali e politici completamente differenti tra l’Italia e la Francia, quando invece nel passato il rapporto e la reciproca influenza diretta e indiretta tra i due paesi era stata ben diversa. Stiamo parlando in primo luogo delle forze sindacali e politiche del movimento dei lavoratori, delle loro scelte rivendicative e delle conseguenti iniziative di lotta e mobilitazione contro le politiche liberiste delle rispettive classi borghesi dominanti.

Dall’altro lato delle montagne abbiamo assistito a una continuità delle resistenze sociali contro le scelte antipopolari dei governi, con lotte locali e nazionali anche di grande ampiezza ed asprezza, attivate da consistenti settori sindacali (molte volte in forma unitaria) e sostenute politicamente dalle forze della sinistra, che hanno permesso la socializzazione  delle esperienze, nonché il sedimentarsi di settori di avanguardie molto motivate e capaci di attivare la lotta di classe dal punto di vista degli interessi delle classi popolari.

Questa permanenza attiva delle lotte ha determinato che, intorno alla battaglia per la difesa del sistema pensionistico, si formasse una vastissimo movimento che ha coinvolto alla fine anche la gioventù, determinando una vera crisi di legittimità del governo, una prova di forza difficilissima, ma fondamentale tra le due classi che si contrappongono nel paese.

Rimandiamo in proposito alla dichiarazione delle nostre/nostri compagne e compagni francesi per lo sciopero di martedì 28 a cui vanno tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno.

Da questa parte delle Alpi la musica è da anni completamente diversa: una diffusa e persistente passività delle grandi organizzazioni sindacali, anzi un’inaccettabile collaborazione con i governi che si sono succeduti lasciando che questi portassero avanti le politiche di distruzione delle conquiste passate delle lavoratrici e dei lavoratori, con effetti drammatici sul terreno dei livelli salariali, della precarietà del lavoro, dello sfruttamento e naturalmente dell’allungamento della durata del tempo di lavoro con le successive controriforme delle pensioni culminate con la legge Fornero.

L’ultima vera lotta prolungata e di una grande ampiezza è stata quella del 2015 contro la famigerata “buona scuola” di Renzi, però interrotta nel momento cruciale e decisivo dalle direzioni sindacali di fronte al nodo degli scrutini al termine dell’anno scolastico. Per il resto da parte della CISL c’è stata la piena collaborazione coi governi e da parte della CGIL, qualche volta con la UIL, l’indizione di rari scioperi parziali, dimostrativi del tutto simbolici per la preservazione degli apparati, foglie di fico funzionali solo a “salvare la faccia” delle direzioni.

Una citazione speciale va fatta per quanto riguarda il segretario della CGIL Landini, specializzatosi dai palchi delle manifestazioni e dei congressi a riaffermare “ la ferma volontà di dare continuità alle lotte” a cui è sempre seguito invece il totale immobilismo nelle iniziativa, il  rinvio e la ricerca di fallimentari tavoli di trattativa con governi e padroni, quasi che per trattare con gli avversari di classe non occorra prioritariamente costruire un rapporto di forza, dato solo dalla mobilitazioni di massa delle lavoratrici e dei lavoratori.

E questa fallimentare coazione a ripetere il “vuoto” si è rinnovata al congresso di Rimini della CGIL: il segno degli orientamenti della burocrazia sindacale non è stato solo la vergogna dell’invito a parlare alla nemica totale dei lavoratori, Giorgia Meloni, ma anche l’altra vergogna, quella di evitare accuratamente di parlare delle lotte in Francia e della solidarietà di classe da costruire.

La manifestazione nazionale di Firenze, indetta dal Collettivo di fabbrica GKN, del 25 marzo 2023

Alla fine del congresso Landini, beninteso, ha elencato tutti i punti di grave disaccordo, sarebbe il caso di dire di conflitto acuto, con i provvedimenti del governo: l’autonomia differenziata che spacca il paese e l’unità dei lavoratori, l’ulteriore involuzione fiscale, roba da “ancien regime”,  le norme che favoriscono sempre più la precarietà e lo sfruttamento, l’ignominia di togliere il “reddito di cittadinanza” ai poveri e infine il nodo degli aumenti salariali di fronte alla rapina subita negli anni, accentuatasi ancora con il carovita galoppante. Sono tutti temi su cui ci sono iniziative sparse, anche se importanti, che richiederebbero proprio un processo di unificazione dentro un quadro di mobilitazione comune.

E’ un elenco così lungo di buone ragioni da perseguire con una lotta molto ampia e duratura come in Francia. Il segretario della CGIL ha assicurato che i segretari delle 3 Confederazioni si sarebbero visti nella settimana successiva per decidere le iniziative di mobilitazione. E in effetti costoro si sono visti, ma solo per non decidere niente, per rimandare ancora, cioè per non fare nulla di serio. Se palese è l’intenzione della CISL di impedire una mobilitazione degna di questo nome, palese è anche la disponibilità di CGIL e UIL di disperdere nel tempo una qualche iniziativa, rendendola largamente dimostrativa ed evitando il decisivo strumento dello sciopero quando invece il governo sta andando avanti come un treno nella realizzazione dei suoi progetti antioperai, per altro conditi da rimandi e suggestioni politiche ideologiche a quel passato infame da cui la principale forza di governo trae la sua origine.

Invece è proprio tempo di dichiarare l’opposizione totale e dura contro questo governo, strumento dei padroni ed anche fascisteggiante.

Devo dire che, tanto più in questo contesto, anche le organizzazioni sindacali di base dovrebbero mutare passo: lo sciopero del 2 dicembre deciso unitariamente tra loro, ha visto però il giorno dopo, nell’organizzazione della manifestazione nazionale, riproporsi una nuova  divisione, ad oggi non superata, che si esprime in un ripiegamento di ciascun sindacato nei suoi specifici ambiti di attività. Qualcosa deve cambiare anche in questi movimenti.

Sta quindi a tutte le forze del sindacalismo di classe, a partire dalla minoranza interna (Le radici del sindacato) alla maggiore confederazione, quelle/i che, per usare le parole di Marco Revelli con la loro azione al congresso hanno “salvato l’anima della CGIL”, lavorare per costruire una più forte sensibilizzazione tra i militanti sindacali e le lavoratrici, rendere credibile ed imporre un cambio di passo, non solo per sostenere le lotte in Francia, ma per “fare come in Francia”. E’ questa per altro la richiesta emersa dalla nuova e bella manifestazione promossa dal Collettivo della GKN di sabato scorso a Firenze.

E le forze politiche della sinistra radicale devono contribuirvi attivamente a partire dalle/dai loro militanti sindacali e poi naturalmente in quanto soggetti politici.

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