La voglia di rivoluzione in Medio Oriente è Donna
di Cristina Tuteri
C’è un filo robusto che lega le donne in rivolta Iraniane alle loro sorelle Curde e Afghane, ma anche a quelle Irachene che per anni hanno animato un forte movimento di massa contro il regime confessionale.
La rivolta iraniana, partita dalla morte di Mahsa Amini, ha radici antiche, dalla rivolta contro il regime di Reza Palevi di 43 anni fa, in cui si è lottato per la democrazia e non certo per avere gli integralisti islamici al potere, a quella del movimento verde del 2009 che accusava Ahmadinejad di aver manipolato i risultati elettorali, a quella del recente 2019 quando furono uccise 1500 persone in soli tre giorni, perché nelle manifestazioni contestavano la corruzione il carovita, la repressione e la mancanza soffocante di libertà, agita dal pugno di ferro del regime della repubblica islamica.
Questa volta però la rivolta iraniana si radicalizza e si diffonde, le donne che la hanno innescata sono riuscite a irradiarla, a renderla generale e generalizzata, perché hanno colto quella rabbia contro il regime che è soprattutto giovanile, e l’Iran è un paese giovane, il 70 per cento della popolazione ha meno di 35 anni, una rabbia intenzionata a sradicare la coercizione, la mancanza di libertà e di democrazia. La maggior parte di questa generazione va all’Università e sogna autonomia e indipendenza. Ma soprattutto vuole volare più in alto, superare la singola protesta, vuole essere una rivolta che si svolge nella vita quotidiana, ogni giorno, tutti i giorni, si struttura in comitati e assemblee. Questa rivolta non vuole soltanto rovesciare il regime ma immagina una redistribuzione del potere verso il basso verso le forme di autorganizzazione che questo forte movimento si sta dando.
Il modello è il Rojava, la sua organizzazione, trasmessa loro dalle donne curde.
Lo slogan JIN JIYAN AZADÎ, DONNA VITA LIBERTA’, proviene dalle donne combattenti curde, e si diffonde in tutte le città iraniane perché le donne curde del Rojava sono un modello per la gioventù iraniana, le donne iraniane hanno visto nelle donne curde il contropotere, la resistenza e il progetto politico.
Le donne afghane traggono molte ispirazioni dalle donne iraniane e sono per loro una vera speranza.
Attraverso l’associazione femminista rivoluzionaria Rawa le donne afghane è da lungo tempo che combattono, prima l’occupazione sovietica, poi il regime talebano, poi la guerra della NATO e l’occupazione militare ed ora di nuovo il regime talebano, a cui gli Stati Uniti hanno riconsegnato il paese. La lunga battaglia contro i regimi confessionali integralisti le tiene legate a doppio filo alle sorelle iraniane. Quando è iniziata la rivolta in Iran le donne afghane sono andate a protestare sotto l’ambasciata iraniana, in solidarietà con le donne iraniane, nonostante il rischio altissimo a cui sono sottoposte anche soltanto ad uscire di casa. Quando gli Stati Uniti hanno riconsegnato il paese ai Talebani, con gli accordi di Doha, le donne hanno animato numerose proteste, non soltanto a Kabul, ma anche nelle città più piccole, mettendosi alla testa delle rivolte e guidando gli uomini che si aggregavano per contrastare questo terribile destino.
Anche qui, come in Iran, le donne hanno rappresentato un’ipotesi di avanguardia politica contro il regime confessionale integralista. Ovviamente in Afghanistan la situazione è molto più complessa che in Iran, qui le donne non possono uscire sole, non posso studiare e sono costrette a sposarsi bambine.
Nell’ottobre 2019 in Iraq un forte movimento di protesta ha attraversato il paese coinvolgendo le giovani generazioni, donne e uomini, repressi ferocemente dal regime che ha soffocato la protesta nel sangue, uccidendo circa 650 persone. I temi di questo importante movimento sono le libertà, il contrasto al regime e al potere politico confessionale, ma si parla anche di ambiente, di patrimonio culturale, di diritti sociali e politici e soprattutto di diritti delle donne. La rivolta anche in Iraq è stata soprattutto giovanile e femminile, tante donne hanno partecipato alle mobilitazioni, nelle occupazioni di piazza Tahir a Baghdad. Anche loro in prima linea non solo in piazza ma nelle elaborazioni di quel potente movimento, nelle iniziative dal basso per sostenere e diffondere le ragioni della protesta, le loro testimonianze sono ancora visibili nei numerosi murales che ritraggono le giovani donne rivoluzionarie di quelle giornate.
All’interno di questo movimento trovano voce e spazio le ragioni del femminismo, all’inizio del 2020, la città di Najaf viene attraversata da una grande mobilitazione femminista, un corteo eccezionale in un paese tra i più conservatori a maggioranza sciita. Sono donne diverse tra loro, le giovani riescono a coinvolgere le madri, e tra gli slogan primeggia NESSUNA VOCE SI PUÒ ALZARE SOPRA QUELLA DI UNA DONNA. Donne che sfidano i divieti familiare e sociali e gridano il diritto alla rivolta.
Anche in Iraq l’influenza delle donne combattenti curde lascia il segno, un’impronta che si declina diversamente ma che non smette di guardare all’esperienza più avanzata e riuscita del Rojava.
Poi è vero ci sono le sconfitte, la repressione, le battute di arresto, ma queste mobilitazioni lasciano tracce importanti e nessuno potrà mai togliere a queste donne la memoria della rivolta e l’insopprimibile desiderio di replicarla.
È importante parlare delle donne che stanno lottando in Medio Oriente, perché hanno esperienze avanzate ed il loro femminismo e trans femminismo viaggia in condizioni terribili, sotto i regimi confessionali, sotto i dittatori Erdogan e Assad ma è forte e creativo e si autorganizza per vincere.
Diventa urgente e necessario rendere visibili queste lotte e le loro protagoniste, organizzare iniziative che parlino di loro, del loro coraggio e voglia di rivoluzione.