L’antifascismo non si processa!
Opponiamoci alle denunce contro 50 manifestanti antifascisti genovesi
di Sinistra Anticapitalista Genova
50 denunce: una bella cifra tonda che ricorda le rappresaglie contro la resistenza, per 5 tedeschi 50 prigionieri. Oggi almeno nessuno viene fucilato, ma sempre di rappresaglia si tratta. Una vendetta dello Stato per colpire l’antifascismo.
La notizia è che la Procura di Genova, a distanza di nove mesi, ha inviato le denunce a 50 partecipanti alla grande manifestazione del 23 maggio scorso contro un comizio di CasaPound, https://anticapitalista.org/2019/05/24/genova-grande-manifestazione-antifascista-e-violenze-della-polizia/
Tutti sappiamo che la Costituzione vieta la riorganizzazione del partito fascista e che ben due leggi vietano e puniscono la propaganda fascista; però queste leggi, “chissà perché”, non si applicano mai, e a questi “fascisti del terzo millennio”, come essi stessi si definiscono, si permette di aprire sedi, presentarsi alle elezioni, perfino fare comizi. Lo sappiamo da sempre che i fascisti sono, per i capitalisti, uno strumento in più contro il movimento dei lavoratori e contro tutto ciò che rammenta pur vagamente il comunismo. I fascisti sono utili perché praticano la violenza e l’intimidazione contro gli avversari politici, perché diffondono propaganda menzognera e pregiudizio, perché istigando all’odio contro tutti i “diversi” e i più deboli deviano contro falsi obiettivi la comprensibile rabbia popolare. Per questo lo Stato borghese, invece di applicare le sue stesse leggi, dà spazio ai gruppi neofascisti, li lascia organizzare ed esprimere, e in particolare il 23 maggio a Genova li ha autorizzati a tenere un comizio in una piazza del centro cittadino, mobilitando ingenti forze di polizia e carabinieri a proteggerli.
Genova ha una forte tradizione antifascista e forte è stata la reazione di migliaia di persone in piazza che hanno reso inefficace il raduno di quella ventina di topi neri, protetti dalla polizia ma soverchiati dal clamore e dalla presenza fisica dei manifestanti. Le forze del cosiddetto ordine hanno risposto lanciando centinaia di lacrimogeni irritanti e pericolosi per la respirazione, caricando e manganellando alla cieca.
Ora denunciano 50 manifestanti, per i soliti capi d’accusa, dalla resistenza al travisamento agli oggetti atti ad offendere. Invece di sciogliere un’organizzazione fascista e impedirne la propaganda, si criminalizzano gli antifascisti. È chiaramente questo il senso dell’operazione della Procura: denunciare 50 manifestanti antifascisti per delegittimare e colpire il movimento antifascista, per contribuire a un clima in cui fascismo e antifascismo vengono messi sullo stesso piano. Non è un processo a 50 persone: è un processo all’antifascismo.
Abbiamo avuto un ministro dell’interno (Salvini) che esprimeva disprezzo per il 25 aprile, chiamandolo un “derby” tra fascisti e comunisti. Abbiamo ora un presidente della repubblica che accredita la propaganda nazionalista e revanscista sulle foibe, accusando di negazionismo i pochi storici che sull’argomento fanno ricerca seriamente. Abbiamo avuto un presidente della camera (Violante) che, negli anni Novanta, fece suo cavallo di battaglia la “riconciliazione” tra antifascisti e sostenitori della repubblica fascista di Salò. Questi sono i risultati: lo “sdoganamento” del fascismo, come se fosse una legittima opinione. Ma noi non dimentichiamo che tra i partigiani e i repubblichini (e i loro alleati nazisti) non ci fu un derby ma una guerra sanguinosa, e le due parti non erano sullo stesso piano: i partigiani combattevano per la libertà, i fascisti combattevano contro la libertà.
E non è un discorso puramente storico. I fascisti, anche quelli del terzo millennio, continuano ancora oggi a combattere contro la libertà: contro i diritti umani degli immigrati e dei profughi, contro i diritti delle donne, contro la libertà religiosa, contro gli omosessuali, e naturalmente contro le persone che hanno idee radicalmente di sinistra e libertarie, da loro solitamente chiamate “zecche”. L’antifascismo è pienamente attuale. Per questo rivendichiamo il grande valore della manifestazione genovese del 23 maggio scorso ed esprimiamo piena solidarietà ai 50 compagni denunciati per avere partecipato a quella manifestazione.
Le 50 denunce genovesi sono chiaramente un processo all’antifascismo, ma si inseriscono anche in un clima generale di repressione, da parte dello Stato, di tutto ciò che si oppone allo sfruttamento dei lavoratori e alla speculazione della classe dominante. Pensiamo alla repressione del movimento no-TAV e all’incarcerazione di Nicoletta Dosio, pensiamo alle dure sanzioni contro le lotte dei lavoratori della logistica, pensiamo al pestaggio da parte della polizia degli studenti che protestavano contro le iniziative di propaganda fascista nell’università di Torino. E pensiamo ai “decreti sicurezza” di Salvini, che l’attuale governo desalvinizzato non ha saputo né voluto abrogare; qualcuno ogni tanto propone di attenuare le norme anti-profughi, ma nessuno parla delle “fascistissime” norme contro le proteste sociali contenute in quei decreti, che ai padroni fanno tanto comodo.
L’Assemblea di Genova Antifascista ha già annunciato manifestazioni di solidarietà coi 50 compagni denunciati. Noi naturalmente ci saremo.
Vogliamo la piena assoluzione dei 50 manifestanti genovesi!
Per la completa abrogazione dei decreti Salvini e di tutte le norme liberticide!
Per un’amnistia generale di tutti i “reati” di protesta e di lotta sociale!