Che cosa spiegano le elezioni siciliane (e di Ostia)

di Elena Majorana e Franco Turigliatto

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Il voto siciliano presenta conferme politiche e soprattutto sociali e nello stesso tempo esprime alcune novità significative. Le elezioni di Ostia uno dei municipi di Roma con una popolazione superiore ai 200.000 abitanti rafforza questi elementi in termini ancora più inquietanti.

Il primo dato da cui partire è ancora una volta l’astensione che cresce di volta in volta e che vede ormai la maggioranza delle elettrici ed elettori, restare a casa. Si esprime in questo modo il rigetto di istituzioni, partiti e “politica” che non offrono alcuna soluzione ai problemi quotidiani di vita e di lavoro della stragrande maggioranza della popolazione. Ma è un rigetto che esprime anche la demoralizzazione e l’estrema frammentazione e individualizzazione di larghissime parti della società in cui si mescolano rabbia, frustrazione ed impotenza, dentro una competizione all’interno della classe, e, in essa, tra i penultimi e gli ultimi (in cui i e le migranti sono i soggetti più oppressi).

Mette in luce che senza una ripresa sociale, senza una mobilitazione collettiva di settori di lavoratrici e di lavoratori, di territori intorno ad obiettivi concreti di difesa delle condizioni di vita e di lavoro, senza anche la proposta sindacale e politica di una lotta capace di unire diversi soggetti contro le politiche liberiste e dell’austerità, non si esce da questa palude insalubre in cui siamo precipitati e non si concretizza alcun progetto di sinistra alternativa.

Non ci stancheremo mai di ripetere che le organizzazioni della sinistra non possono fare economia di questa scelta di fondo, non possono guardare con indifferenza all’inazione delle grandi forze sindacali, anzi alla loro fattiva collaborazione e subordinazione alle politiche dei governi della classe dominante, non possono pensare che con qualche marchingegno politico o con qualche forma di “unità delle sinistre” possano ridare alla classe lavoratrice quella “rappresentanza politica” perduta. Pensino invece ad aiutare il movimento dei lavoratori a rialzare la testa e non a qualche furberia più o meno opportunista per avere degli eletti per “rappresentare” la classe nelle istituzioni. I posti istituzionali possono essere utili solo se sono l’espressione subordinata di una dinamica sociale attivata.

La seconda conferma è il risultato del Movimento 5Stelle, che pur non vittorioso come era nelle speranze dei suoi dirigenti, tuttavia è ormai un elemento centrale e consolidato del quadro politico, raccoglie il voto trasversale di ampi settori della popolazione, il voto di protesta di coloro che disgustati dal quadro politico istituzionale, tuttavia vanno a votare puntando e delegando a questa formazione una “gestione pulita”. L’M5S nel suo interclassismo sa usare le diverse pulsioni popolari, le parole d’ordine, le diverse spinte, comprese ormai quelle reazionarie e xenofobe per portare a casa il maggior numero di voti. Le amministrazioni da loro guidate a Roma come a Torino mostrano le contraddizioni fondamentali di questa formazione e la loro incapacità a modificare anche di un solo millimetro la realtà esistente, ma per ora non si manifestano in forma tale da modificare il suo ruolo nazionale e la sua possibilità di presentarsi candidato a governare (sic) il paese.

Gli elementi di novità sono soprattutto due ed erano annunciati dagli avvenimenti e dalle dinamiche politiche degli ultimi mesi.

Il primo è rappresentato dalle difficoltà del PD che nel caso siciliano, ma anche in quello di Ostia, si esprime in modo particolarmente acuto, con cadute politico elettorali particolarmente gravi. Attenzione però; bisogna tenere conto che il PD in Sicilia ottiene più o meno lo stesso numero di voti delle elezioni del 2012 (250.000) e così anche in percentuale cioè il 13%. Sono il fallimento rovinoso della politica della giunta del Presidente uscente Crocetta e il quadro politico complessivo che è cambiato, che condannano il Pd e il suo candidato alla sconfitta pesante, espressione della crisi complessiva attraversata dal progetto Renzi dopo l’insuccesso nel referendum istituzionale, ma anche dell’interrogarsi di settori della classe dominante sulla capacità del giovane arrivista toscano di essere ancora in grado di gestire i suoi interessi nel rapporto governo e società. Sarebbe però del tutto sbagliato pensare che il Pd sia stato messo fuorigioco anche a livello nazionale. Questo partito si muoverà nei prossimi mesi per cercare di ricostruire un suo ruolo e forme di coalizione che gli permettano di essere competitivo nelle elezioni di primavera.

Di certo in queste elezioni, in Sicilia, settori importanti della borghesia sono tornati a puntare sulle forze di destra per la difesa dei propri interessi e questo è avvenuto attraverso tutte le forme clientelari e mafiose possibili nel contesto dato. Musumeci ottiene quasi il 40%, circa 830 mila voti, (300.000 in più rispetto alle elezioni precedenti) e anche Forza Italia riprende a crescere (16%); la crisi politica del Pd permette il successo della destra, in qualche modo annunciato negli ultimi mesi e rafforzato dalla loro ritrovata unità pur all’interno di una forte concorrenza tra di loro.

La somma delle percentuali di voto delle 5 liste che hanno sostenuto Musumeci superano il 42%, cioè 2 punti percentuali in più del candidato a presidente. La lista che ha unito Fratelli di Italia con Salvini risulta l’ultima di queste formazioni, ma si avvicina al 6%.

Questi dati negativi si riproducono anche nelle elezioni di Ostia dove la rappresentante di Fratelli di Italia, cioè un partito di estrema destra va al ballottaggio contro la candidata del M5S e dove soprattutto, per la prima volta in una elezione che coinvolge centinaia di migliaia di persone, Casapound utilizza il degrado sociale per superare il 9% dei voti; un campanello d’allarme drammatico che ancora di più deve far comprendere che la partita va giocata sul terreno sociale e della lotta per la difesa delle condizioni di vita delle masse popolari.

Abbiamo lasciato per ultimo la valutazione delle scelte e del risultato delle sinistre.

La prima considerazione è semplice: la scissione del Pd con la formazione del Mdp è l’espressione della sua crisi, ma non rappresenta certo la soluzione alternativa a sinistra necessaria. Le grandi speranze di competere elettoralmente col PD, addirittura di avvicinare o superare il suo candidato sono evaporate nel giro di pochi giorni come ha mostrato il risultato delle urne: un 6,10% che, guarda a caso, è la stessa percentuale che 4 anni fa aveva ottenuto la candidata della lista delle forze di sinistra e dell’Idv e così anche in termini di voti assoluti, tra i 120-130 mila voti. Nel 2012 questa coalizione però non ebbe rappresentanti perché composta da due liste nessuna delle quali superò lo sbarramento del 5%, la soglia che da diritto ad avere l’eletto. Per questo le forze che hanno dato vita alla lista Fava oggi magnificano il ritorno della sinistra a Palazzo dei Normanni con un eletto. Ma è chiaro che la coalizione a trazione dei soggetti che hanno gestito anche in Sicilia, come a livello nazionale, le politiche dell’austerità negli anni passati e delle forze subalterne come Sinistra italiana, mostra non solo i suoi limiti politici, ma anche una limitata capacità di attrazione e aggregazione elettorale che era considerata dai suoi protagonisti molto maggiore; sicuramente si apriranno nuove discussioni su quali interlocuzioni costruire con il Pd stesso, che ha già lanciato una forte “campagna unitaria”. Vedremo che effetti produrrà sul terreno nazionale delle prossime elezioni politiche

Rifondazione, che alla fine si è piegata a questa coalizione e che oggi ne rivendica il risultato valorizzando il suo ruolo, avrebbe invece di che riflettere; la strada delle costruzione difficile ed inevitabilmente paziente di una vera sinistra alternativa, capace di incidere nella ricomposizione sociale necessaria, nell’unità delle classi lavoratici contro le politiche del capitale passa per altre strade e per altre scelte politiche.