Che cosa spiegano i risultati di questo turno di amministrative
I risultati elettorali esprimono in forma distorta o parziale, ma in ogni caso reale, quel che sono le tendenze di fondo della società e gli orientamenti delle elettrici e degli elettori.
Il primo dato macroscopico che salta agli occhi della tornata elettorale dell’11 giugno che ha chiamato alle urne circa 9 milioni di aventi diritto, ma che non viene sufficientemente rilevato dai commentatori, è la partecipazione al voto estremamente bassa; essa è scesa su scala nazionale al 60%, con un calo di 6 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni.
La disaffezione si è espressa assai di più al Nord del paese che non nelle regioni meridionali tutte al di sopra della media nazionale.
Particolarmente pesante l’astensione in una città come Genova: la partecipazione si è fermata sotto la soglia del 50%. Ciò significa in primo luogo che sia i sindaci che i consigli eletti risulteranno largamente minoritari rispetto alle cittadine e ai cittadini aventi diritto, non rappresentativi e quindi privi anche di una vera autorità e legittimità politica.
L’astensione corrisponde a una forte disaffezione ed anche al rigetto delle forze politiche che così cattiva prova di sé hanno dato, alla disperazione dei cittadini di poter cambiare le cose di fronte a una situazione di difficoltà e di grande incertezza per il futuro. Ma è anche, per l’appunto, un ripiegamento politico che corrisponde a una rinuncia all’attività sociale per larghi settori della popolazione e alla chiusura su se stessi, salvo poi, in specifiche occasioni rivolgersi ad un presunto salvatore. Solo i ciechi non possono vedere che dietro ci sono le sconfitte del movimento operaio, la subordinazione delle sue direzioni alle politiche liberiste dell’austerità, la parzialità dei movimenti sociali in atto e l’incapacità delle forze della sinistra di essere protagoniste di una riorganizzazione del movimento dei lavoratori.
Inoltre pochi leggono i risultati elettorali come anche il risultato negativo di una torsione indotta sia dalle alchimie delle leggi elettorali sia dal “pilota automatico” imposto alle giunte dalle leggi di stabilità e dai meccanismi neoliberisti dell’austerità (dai patti di stabilità al fiscal compact fino alla trappola del debito). Queste camicie di forza liberiste, che spingono le amministrazioni locali a gestire tagli ai servizi, privatizzazioni di beni comuni e frammentazione del welfare, sono un’altra causa della frustrazione all’origine dell’astensionismo, sia della fluidità del voto che produce quell’alternanza che si registra in moltissimi casi. Più che mai le forze di sinistra devono affermare di non volerle rispettare ed operare per romperle.
Il dato più significativo del voto del 11 giugno sono i risultati delle coalizioni delle destre che arrivano prime in moltissime delle principali città a conferma non solo di un clima politico culturale reazionario e della sua esistenza sociale, ma anche del frutto delle sconfitte politiche del Pd e delle contraddizioni del M5S. Ma quel che è ancora più grave è che al loro interno, la Lega di Salvini ottiene i migliori risultati, capitalizzando purtroppo le sue politiche razziste, e che altre forze di estrema destra, tra cui Fratelli d’Italia escono rafforzate. Non abbiamo mai pensato che la destra fosse fuori gioco; abbiamo sempre detto che la politica del PD e del governo creavano i presupposti per un suo rilancio e segnatamente del rilancio della Lega ed i voto è oggi lì a confermarlo.
Per questo il PD (sostenuto dai giornali che pongono solo l’accento sul deludente risultato del M5S), ha poco da rallegrarsi. Arriva al secondo turno, (e non sempre ci arriva come a Verona ed in altre numerose città), ma perde voti rispetto alle precedenti comunali e viene a trovarsi in una posizione di notevole debolezza frutto di tanti elementi la sconfitta del 4 dicembre, la scissione subita, gli zig zag politici del suo capo indiscusso.
Per quanto riguarda il M5S, avevamo già segnalato che il suo cammino era diventato più difficoltoso, che il tempo non giocava più automaticamente a suo vantaggio. Gli avvenimenti politici e le vicende di alcune sue giunte l’hanno obbligato a passaggi meno generici in cui è stato più difficile per il M5S tenere insieme capre e cavoli e soprattutto hanno aperto al suo interno e verso l’opinione pubblica alcune forti contraddizioni. Detto questo crediamo che sia un errore pensare che questa formazione politica sia ormai in difficoltà generale e in regresso. Il terreno delle elezioni amministrative è stato sempre obbiettivamente quello più difficile per Grillo e soci con risultati altalenanti e così si è dimostrato data la modestia di molti suoi personaggio locali, ma la partita politica complessiva rimane ancora largamente aperta. I giornali hanno interesse nel riparlare di un semplice scontro tra la sinistra (quella farlocca e filocapitalista di Renzi) e la destra per evidenti ragioni ideologiche ed anche per rilanciare un sistema elettorale maggioritario.
Per quanto riguarda la sinistra vera, quella che vuole opporsi alle politiche liberiste e che afferma di voler costruire una alternativa, essa è arrivata ancora una volta alla scadenza elettorale priva di un progetto più definito ed anche di scelte omogenee che le permettessero di essere più visibile e credibile complessivamente su scala nazionale. La scelta in molte situazioni di costruire liste civiche di sinistra ha prodotto dei risultati significativi in alcune città, ma, data la diversità e la non omogeneità delle configurazioni politiche realizzate (comprese le alleanze), non solo rende più difficile e contradditorio un giudizio di merito complessivo, ma risulta del tutto aleatoria la loro capacità di propulsione politica. Nel contesto difficile delle elezioni amministrative i risultati variamente articolati sul piano percentuale segnalano comunque l’attivazione delle forze di sinistra. Resta il fatto però che esse sono arrivate a questa scadenza politica senza una reale capacità di azione sociale e quindi della necessaria dialettica politica e di confronto con chi ancora dirige in Italia le organizzazioni sindacali; in altri termini risultano passive a questo livello. Non poteva da solo il voto del 4 dicembre rinverdire gli allori della sinistra radicale. Questi potranno essere rinverditi realmente e proficuamente solo se sarà capace e partecipe di un rinnovata mobilitazione sociale e di lotta dell’insieme della classe operaia e degli sfruttati. Le liste di sinistra alternativa a cui la nostra organizzazione ha partecipato si sono collocate positivamente nella media dei risultati delle varie liste di sinistra; esse si sono caratterizzate soprattutto per l’azione che i suoi partecipanti vogliono perseguire dopo il voto nella ricostruzione delle lotte sociali. Un forte ringraziamento va alle nostre compagne e ai nostri compagni che si sono proficuamente sono impegnate/i.
Perché qui sta il nodo; la battaglia decisiva che si deve costruire, indispensabile per vincere veramente, è sul terreno delle lotte, delle mobilitazioni intorno agli obbiettivi di difesa dei salari, dell’occupazione, dei diritti, dell’unità di tutte le categorie, coi disoccupati e col nuovo proletariato migrante. Certo è importante costruire le condizioni politiche di una nuova credibilità delle forze della sinistra, ma essa potrà avvenire solo come frutto assai diretto di un periodo di rinnovate mobilitazioni. Il resto è aria fritta, frustrazioni, ripiegamento opportunista, idolatria dei successi altrui in altri paesi (per altro pochi e difficili).
Diamoci da fare quindi tutti insieme per costruire una campagna di massa per il lavoro e per l’occupazione, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per dire no ai licenziamenti e alle ristrutturazioni capitalistiche, per l’intervento pubblico a garantire l’attività produttiva in funzione sociale e nel rispetto dei territori e dell’ambiente di alcune grandi aziende oggi in svendita, ma anche di tante altre aziende grandi e piccole. Prepariamoci al meglio per costruire una grande mobilitazione in autunno contro la legge di bilancio, la finanziaria del fiscal compact e dei padroni. Le forze vere della sinistra lavorino unitariamente e dimostrino di credere realmente agli obiettivi di giustizia sociale e di diritti democratici che hanno scritto nei loro programmi.
La partita decisiva si gioca nei luoghi di lavoro e nella società, in Italia come in Francia.
Direzione Nazionale