Roma, giunta Marino, prove tecniche di opposizione

di Giampaolo Martinotti

Lo sciopero delle lavoratorici e dei lavoratori Atac e Ama di Roma, indetto dall’Unione dei sindacati di base e supportato da svariate anime della sinistra antagonista nel corteo di venerdì scorso, è un segnale positivo verso la ripresa delle mobilitazioni contro la preoccupante gestione della cosa pubblica da parte della giunta capitolina.

Il sindaco Marino e la sua giunta, con l’appoggio “esterno” di SEL e spalleggiati dall’onnipresente commissario PD Matteo Orfini, da tempo infatti amministrano la capitale ricalcando la linea delle violente politiche di austerità dettate dal governo Renzi. Questo tipo di atteggiamento si rivela ogni giorno più nefasto, mentre lavoratori e cittadini sono al limite della sopportazione. Con la scusa del “debito” si è passati dalle tante misure antisociali, che si sono abbattutte sulle classi popolari facendo aumentare le disuguaglianze e la povertà, all’attacco diretto ai servizi pubblici romani.

Siamo forse dinanzi al salto di qualità di una amministrazione fallimentare che, tra le altre cose, non è in grado di ridefinire un piano strategico sul sistema della mobilità cittadina? E’ davvero plausibile che un sindaco e la sua giunta, al posto di investire per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici, vadano nella direzione di privatizzare e svendere quelli che sono i nostri beni comuni?

E’ piuttosto chiaro come queste dinamiche siano fedeli alla folle logica neoliberista del “privatizzare per salvare il bene pubblico”. In realtà, si tratterebbe di affrontare le tante problematiche irrisolte, tra le quali quella dei trasporti pubblici che riguardano una capitale spesso congestionata dal traffico, senza ricorrere alla retorica di un meccanismo che in Italia, dai tempi di Romano Prodi ad oggi, ben conosciamo; basta pensare per un attimo all’attacco sferrato dall’attuale governo nei confronti del Servizio sanitario nazionale.

Mentre Claudio Di Berardino, il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, intervistato dalla “Repubblica”, parla di «mille posti di lavoro a rischio», la situazione è molto più preoccupante. I rischi riguardano i lavoratori di Atac, di Ama, di Farmacap, quelli della Multiservizi e delle altre aziende comunali; i dipendenti dei canili, quelli delle ditte in appalto e delle cooperative, gli impiegati dell’amministrazione regionale, del CUP e della sanità privata. A prima vista si direbbe dunque che i conti non tornino. «Se il Campidoglio non chiuderà entro l’anno le vertenze aperte sarà sciopero generale a Roma», afferma sempre il segretario Cgil.

Ma è ormai da mesi che la corrente di opposizione interna proprio alla Cgil, “Il sindacato è un’altra cosa”, chiede a gran voce che si passi dalle solite parole ai fatti. L’ingresso e la scalata dei privati all’interno delle aziende pubbliche ha sempre “regalato” un solo triste risultato: il sacrificio dei beni comuni a beneficio dell’interesse e del profitto privato. In questo senso, le limitazioni che il governo Renzi vuole imporre sul diritto di sciopero sono un monito chiaro a tutte quelle forze che vogliono unire le battaglie di tutti i dipendenti capitolini, riallacciando un legame forte tra i lavoratori e i cittadini, per rimettere in moto il conflitto nelle piazze, sui luoghi di lavoro, all’interno dei sindacati.

Le prime prove di opposizione alla giunta Marino dunque sono iniziate all’insegna della difesa dei servizi pubblici e dei diritti negati, senza curarsi di chi le manifestazioni nel centro cittadino le vorrebbe vietare. Il percorso che abbiamo davanti è lungo, ma l’autunno romano potrebbe presto scaldarsi se la Cgil avrà il coraggio di indire uno sciopero generale che, in prospettiva, sarebbe percepito come un tanto atteso primo passo verso l’obbiettivo necessario, il cambiamento dei rapporti di forza attuali.

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