L’antifemminismo di Giorgia Meloni

di Elena Maiorana e Laura Vassalli

La stampa mainsteam durante questa campagna elettorale si è molto appassionata alla possibilità che la leader di FdI possa diventare la prima donna presidente del consiglio dei ministri, molto si è parlato di “rottura del tetto di cristallo”, di raggiungimento della parità di genere e qualcuno/a si è stupito della mancanza di solidarietà femminile.

Ma il Femminismo è tutt’altra cosa, è un movimento mirato a porre fine al sessismo, allo sfruttamento, ad ogni forma di oppressione di genere, di classe e di razza.

Giorgia Meloni è una donna privilegiata arrivata ad un posto di potere, che incarna il peggio del sessismo, del patriarcato , dell’autoritarismo, ideologia ben sintetizzata nella formula Dio Patria Famiglia, disposta a tutto pur di attuare le politiche liberiste volute dalla borghesia. Da un governo a sua guida o comunque con lei in ruoli primari nulla di buono può scaturire per la classe lavoratrice , per le donne, per le persone migranti.

Meloni ha aperto la sua campagna elettorale pubblicando il video di uno stupro e ha continuato attaccando la legge 194/78, che, ottenuta grazie al movimento femminista, dovrebbe garantire in Italia alle donne la possibilità di scegliere se e quando diventare madri.

Non si tratta di una posizione venuta dal nulla né riguardante solo l’Italia. Ricordiamo la sentenza della Corte Suprema degli USA del 24 giugno scorso che ha posto fine alla tutela del diritto all’aborto e la recentissima “legge su battito fetale” approvata in Ungheria, che obbliga i medici a fornire alle donne indicazioni evidenti sui segni vitali del feto prima di un intervento per interrompere una gravidanza. Meloni non parla apertamente di abolizione della legge 194, ma piuttosto di una sua migliore attuazione che nelle intenzioni dichiarate dovrebbe garantire il diritto delle donne a non abortire, in una assurda e contorta logica per cui il diritto di una donna ad abortire potrebbe negare il diritto ad un’altra donna di proseguire una gravidanza desiderata, presentando cioè i loro interventi come difesa della possibilità di scelta.

La realtà è però profondamente diversa: l’aborto in Italia è una scelta spesso negata, a causa principalmente dell’altissimo numero di ginecologi obiettori a cui si affiancano anestesisti, cardiologi e personale infermieristico (figure queste che non concorrono direttamente all’interruzione di gravidanza e che quindi non avrebbero nulla da obiettare).

In questi giorni molto si è parlato della Regione Marche dove la situazione è resa ancora più difficile dal rifiuto della giunta Acquaroli (FdI) di recepire le linee guida emanate dal Ministero della salute il 12 agosto 2020 che rendendo più accessibile l’aborto farmacologico (pillola RU486), ma la questione è annosa e riguarda tutte le regioni; se nel 2005 gli obiettori erano il 58,7 per cento nel 2018 sono arrivati al 71 per cento con punte fra l’80 e il 90 per cento in Sicilia, Campania, Lazio.

In questi anni abbiamo assistito ad una grande capacità, in tutto il mondo, del movimento femminista di mobilitarsi contro sessismo, ordine patriarcale e capitalista, contro ogni guerra, per la giustizia sociale e climatica, come anche proprio in questi giorni stanno facendo le donne iraniane, che sono scese in piazza dopo l’ennesima brutalità del patriarcato per cui una ragazza è morta in seguito alle percosse subite dalla “polizia morale” per aver indossato “abiti inappropriati”.

Un protagonismo che sarà quanto più necessario in Italia perché qualunque sia il governo che uscirà dalle urne il 25 settembre dirà di amare le donne, ma ne calpesterà i diritti e farà di tutto per ricacciarle fra le mura domestiche e relegarle in un ruolo sociale stereotipato e funzionale al sistema capitalistico, in cui il lavoro è diviso in base al sesso biologico e che usa la violenza psicologica, fisica e istituzionale per negare l’autodeterminazione delle donne e delle persone LGBTQ+.

Il 25 settembre, quindi, vota e invita a votare una femminista anticapitalista e non una donna a caso.

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