Vogliamo imparare a suonare il clavicembalo! se lo desideriamo

Nell’autunno caldo del 1969, prese forza l’idea di buttare sul tavolo della trattativa del rinnovo del contratto dei Metalmeccanici il congedo retribuito per “studiare”.

La risposta padronale al tavolo delle trattative fu arrogante:

Per studiare che cosa ? Gli operai non vorranno mica imparare il clavicembalo?”.

La FLM seppe rispondere a tono:

Perché no, se lo vogliono? anche il clavicembalo“.

Anni di lotta. Il 9 FEBBRAIO 1973 250.000 LAVORATICI E LAVORATORI METALMECCANICI MANIFESTANO A ROMA E VINCONO:

NEL CONTRATTO CI SARANNO 150 ORE RETRIBUITE PER STUDIARE

tutte le operaie e tutti gli operai sapevano cosa voleva dire studiare il clavicembalo:

le lavoratrici ed i lavoratori avrebbero avuto il diritto soggettivo ad imparare, non solo i saperi tecnici e professionali di un’azienda, ma anche saperi, culture e competenze personali, come per esempio una lingua straniera o uno strumento musicale.

A tutti e a tutte era chiaro che il diritto allo studio poteva scardinare i rapporti di forza sociali: diritto allo studio passo fondamentale per il diritto al potere.

Seguirono anni di seminari sulla condizione del lavoro e sulle questioni sociali all’università con gli operai e le operaie che potevano parteciparvi usufruendo delle “150 ore”

500000 donne e uomini che tornarono a scuola e ottennero la licenza media.

Poi la società si trasformò e le “150 ore” divennero educazione degli adulti: prima come CTP, centri territoriali permanenti, poi CPIA , centri provinciali per l’istruzione degli adulti.

Il mondo del lavoro è molto più debole rispetto agli anni 70 ma il DIRITTO ALLO STUDIO rimane un obiettivo strategico per combattere sfruttamento, marginalizzazione, precarietà e razzismo.

Nei CPIA, oggi, trovano strumenti e possibilità di apprendimento donne e uomini, stranieri ed italiani.

Dovrebbero essere luoghi di “educazione permanente” così importante in un mondo che muta in continuazione e schiaccia chi non sta al passo. Purtroppo non lo sono perché le risorse dedicate non sono sufficienti.

Inoltre i CPIA, scuole di Stato, con insegnanti statali, sono un luogo dove si fa cultura, perché frequentati da persone che arrivano da ogni parte del mondo, persone che hanno imparato nei deserti e nei mari il mestiere di vivere, altre che hanno studiato e hanno dovuto fuggire dalla fame o dalle prigioni.

Persone che ogni giorno studiano, si confrontano, discutono

I CPIA è il luogo dove tutti possono imparare insegnanti compresi.

Ma una scuola dei “deboli”, dei senza diritti, degli invisibili facilmente viene messa al margine ed ignorata. C’è, ma molte volte non funziona bene o come dovrebbe funzionare.

La burocrazia sempre più intrusiva l’impoverimento pedagogico fanno si che troppo spesso i Cpia non siano momento di liberazione, grazie allo studio, delle donne e degli uomini, non siano momento di presa di coscienza, come spinta per diventare protagonisti nella società.

Ora, come negli anni 70, il diritto allo studio deve essere conquistato con l’impegno e le lotte, giorno per giorno. non solo da chi lavora e chi studia nei cpia ma da tutti i soggetti sociali, politici, sindacali che vogliono combattere le disuguaglianze.

Che fare? Intanto far conoscere cosa sono i CPIA e i problemi che li fanno funzionare male.

Poi ragionare su come estendere e migliorare il diritto allo studio nella attuale realtà sociale.

Ennio Avanzi

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