Grande Firenze … La lotta continua
Sabato a Firenze è stato gettato un sasso grande nella palude di un capitalismo sempre più reazionario e sfruttatore delle classi lavoratrici, un grido di ribellione che parla a tutto il paese, che rompe con gli schemi e le ideologie conservatrici e liberiste della classe dominante e dei suoi gestori politici [Franco Tutigliatto]
Le foto sono di Giò Palazzo
Sabato a Firenze è stato gettato un sasso grande nella palude di un capitalismo sempre più reazionario e sfruttatore delle classi lavoratrici, un grido di ribellione che parla a tutto il paese, che rompe con gli schemi e le ideologie conservatrici e liberiste della classe dominante e dei suoi gestori politici.
Questo grido è stato lanciato da decine di migliaia di persone, lavoratrici e lavoratori, giovani e meno giovani, un grande fiume che ha attraversato per ore la città, una manifestazione come non si vedeva da anni per volontà e determinazione di lotta, per radicalità nella difesa del lavoro e dei diritti violati. Tutte e tutti questi, che avevano risposto all’appello del Collettivo di fabbrica della GKN, insorgevano contro l’ingiustizia insopportabile e la protervia dei padroni di disporre della vita e del futuro delle persone.
Il merito di questo evento, che prova ad aprire un nuovo scenario nella lotta di classe nel paese, ad imporre alla attenzione di larghi settori popolari contenuti e prospettive sociali e politiche alternative alle vulgate dominanti del governo e dei media, spetta interamente ai lavoratori della GKN e al suo Collettivo di fabbrica. La stragrande maggioranza dei lavoratori è iscritta alla Fiom, ma questa fabbrica è anche e soprattutto una delle roccaforti dell’area di minoranza “Opposizione in CGIL” della Confederazione. Il Collettivo, da più di due mesi, si è mostrato capace di condurre una lotta terribilmente difficile non solo per difendere i posti di lavoro, ma per costituire un punto di riferimento nazionale che attivi più vasti settori della classe operaia.
Questo obbiettivo è stato raggiunto: la lotta di Firenze è diventata fatto politico nazionale, centrale nello scontro di classe, tanto che sabato sera ne hanno dovuto prendere atto anche le televisioni e i giornali.
Il Collettivo di fabbrica GKN ha anche dimostrato che, contrariamente a quel che pensano i dirigenti delle organizzazioni sindacali confederali che predicano e praticano la passività e la subalternità alle leggi del capitalismo, è possibile sviluppare un’altra politica: la radicalità dei contenuti, la determinazione nel lottare fino in fondo, chiamando in causa tutte le controparti, non solo la proprietà, il Fondo Melrose, ma il governo, cioè tutti coloro che hanno il potere di fare e di prendere le decisioni, e che questa linea di condotta non restringe il consenso e la lotta, ma anzi, permette una solidarietà più larga, spingendo nuovi settori a mobilitarsi, coinvolgendo gli indecisi, obbligando anche gli apparati e le istituzioni stesse a correre dietro a un movimento di lotta con influenza di massa. Quel che fino a ieri sembrava impossibile, è diventato realtà.
Nel corteo di sabato era bello vedere la grande massa di lavoratori, ma anche di popolo, che caratterizzava la maggioranza del corteo, con gli striscioni di fabbrica e di azienda; erano presenti anche alcuni spezzoni ufficiali del sindacalismo confederale (anche se avrebbero dovuto essere ben di più), poi le forze dei sindacati di base, ed infine le organizzazioni della sinistra radicale, che si sono fatte trovare ben disponibili di fronte all’appello della GKN.
Quanto è avvenuto è stato possibile perché il Collettivo ha fatto un grande lavoro negli anni passati, di discussione, di coinvolgimento ed orientamento dei lavoratori; è stata decisiva la sua capacità, evitando di lanciare solo obbiettivi di propaganda, di saper coniugare e padroneggiare il quadro strategico di fondo dello scontro con il padronato, con gli obbiettivi concreti, ma radicali, correlati alle diverse fase della lotta e alla capacità di gestirli avendo conseguito un consenso interno ed esterno alla fabbrica molto ampio.
La situazione obiettiva caratterizzata dall’attacco padronale, dalla fine del blocco dei licenziamenti, dalla corsa alle ristrutturazioni, dalle tante lotte isolate e da alcune dure lotte in settori come la logistica, è uno scenario che crea nuove potenzialità di ribellione, ma queste si possono esprimere solo con una forte consapevolezza dei quadri militanti di tenere insieme gli obiettivi di fondo e la gestione concreta della lotta. Così si è creata un’attenzione nazionale, e tante/i si sono dette/i “Quei lavoratori hanno ragione, dobbiamo mobilitarci anche noi e, da subito, andiamo a Firenze”.
Tutto ciò dimostra che se questo orientamento di riscossa fosse stato “coltivato” in questi anni dai gruppi dirigenti sindacali (per fare nomi FIOM e CGIL che per la loro storia si definiscono correnti di classe), oggi non ci ritroveremmo completamente sulla difensiva, ma le contraddizioni del capitalismo e l’attacco padronale potrebbero essere affrontati con la forza di un grande movimento di massa. Possiamo e dobbiamo credere che questo movimento sia ancora possibile costruirlo.
I lavoratori della GKN, con la loro lotta hanno conquistato un primo successo, con la condanna dell’azienda per attività antisindacale hanno guadagnato del tempo, ma la magistratura non ha decretato il ritiro dei licenziamenti, né l’azienda lì ha ritirati, anzi, è più che mai decisa a vincere la partita. I nemici dei lavoratori sono tanti, dal padronato al governo che vogliono battere quella lotta e bloccare il movimento “insorgiamo” e che costruiranno un’infinità di trappole, inganni e false soluzioni. Ci sono poi anche gli apparati burocratici, alcuni dei quali ieri hanno cercato di attribuirsi meriti che non sono loro e che guardano con diffidenza a una lotta che sfida la loro politica concertativa tutta ripiegata sulla sola ricerca degli ammortizzatori sociali di fronte alle ristrutturazioni industriali e quindi del tutto perdente.
Dopo i festeggiamenti del lunedì sera e i fuochi d’artificio, i lavoratori della GKN sono perfettamente consapevoli che comincia il secondo round di una lotta molto difficile. E tutto il movimento sociale e solidale deve essere consapevole che oggi inizia una seconda fase dello scontro, non meno dura e decisiva. I licenziamenti non sono stati ritirati, il governo potrebbe farlo con decreto, ma non lo vuole fare perché è il governo dei padroni, di un sistema e delle istituzioni capitaliste che hanno fatto le loro leggi, quelle che permettono a un padrone di sfruttare un territorio e poi andarsene con le tasche piene lasciando dietro di se disoccupazione e disperazione.
Questa nuova fase dello scontro chiama in causa però anche le direzioni sindacali. A quando lo sciopero generale regionale? A quando quello nazionale, per imporre il ritiro dei licenziamenti e la continuità produttiva della GKN, ma anche per aprire la necessaria lotta generale per l’occupazione e il salario e per combattere le scelte del governo che dirotta sulle aziende i 250 miliardi del Recovery Fund?
In questo quadro, un percorso positivo, specifico, ma parallelo a quello della GKN è stato intrapreso dai sindacati di base, protagonisti di alcune lotte significative nei mesi scorsi, e capaci, a luglio, di definire una piattaforma rivendicativa comune decidendo di costruire insieme una giornata di lotta nazionale l’11 ottobre. Sindacati di base, assai presenti anche nella manifestazione di sabato.
Sappiamo che nel percorso verso l’11 sono emerse divergenze che hanno fatto saltare l’assemblea nazionale unitaria che avrebbe dovuto preparare lo sciopero generale: un passo indietro anche se tutti, poi, hanno ribadito il loro impegno per la realizzazione dello sciopero.
Lavoreremo nelle prossime settimane perché nelle situazioni locali si costruisca una mobilitazione che non coinvolga solo le presenze storiche dei diversi sindacati, ma si attivino nuovi e più ampi strati di lavoratrici e lavoratori, e che l’11 ottobre sia concepito, è fondamentale, in convergenza con il movimento creatosi con la GKN.
Solo così potranno crearsi le condizioni per conquistare nell’autunno un efficace e complessivo sciopero generale che coinvolga tutta la classe operaia e che traduca in realtà la parola d’ordine #insorgiamo.