El Pelado, un maestro e un amico
El Pelado appartiene a quella generazione di rivoluzionari latinoamericani che si impegnarono anima e corpo negli anni ’60 per l’avvento di un mondo migliore, più egualitario e più umano – di Olivier Besancenot e François Sabado. Traduzione di Fabrizio Burattini –
Lo chiamavamo “El Pelado”. Il suo nome era Mario Raúl Klachko. Figlio di ebrei ucraini emigrati in Argentina, nato nel 1945, El Pelado appartiene a quella generazione di rivoluzionari latinoamericani che si impegnarono anima e corpo negli anni ’60 per l’avvento di un mondo migliore, più egualitario e più umano.
Entusiasta sostenitore della rivoluzione cubana e degli appelli internazionalisti di Che Guevara, visceralmente resistente allo stalinismo, si unisce alle file del PRT-el Combatiente (il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori-Il Combattente) e dell’ERP-Esercito Popolare Rivoluzionario, insieme all’altro rivoluzionario e guerrigliero argentino Mario Roberto Santucho. Quando il PRT prende una strada verticista ed esclude i trotskisti della Quarta Internazionale, Pelado forma con loro la frazione rossa del PRT-ERP, di cui è uno dei leader.
El Pelado combatte contro la dittatura militare argentina. Partecipò attivamente alla resistenza politica e prese le armi, moltiplicando i colpi contro il regime: organizzazione e protezione armata degli scioperi, “espropriazione” di banche, attacchi alle prigioni, sequestro di grandi manager. Diventato un uomo da abbattere e nemico pubblico numero uno nel suo paese, Mario dovette andare in esilio a Parigi dove i suoi compagni della Lega Comunista lo accolsero. Senza mai rinunciare alla prospettiva rivoluzionaria, rivisita criticamente questa epopea della lotta armata di cui fa continuamente un bilancio strategico che prosegue anche durante gli anni ’80, dopo un breve ritorno in Argentina, in dialogo con Nahuel Moreno e Hugo Blanco, rivoluzionari marxisti argentini e peruviani.

In Francia, El Pelado ha ripreso la sua formazione di architetto diventando urbanista. Segue da vicino gli avvenimenti sociali e politici e partecipa regolarmente alle attività militanti e politiche della LCR. In particolare, aiuta i suoi compagni a capire la rivolta rivoluzionaria del 2001-2002 che infiammò l’Argentina. Appena può, partecipa alle mobilitazioni sociali e politiche, come nelle Nuits debout del 2016, nel suo comune di Pantin, alle porte della capitale.
Man mano che i suoi problemi di salute si moltiplicano, gli scambi diventano sempre più rari. El Pelado resta e resterà un punto di riferimento: quello di un militante rivoluzionario che ha combattuto e rischiato la vita per le proprie convinzioni nell’Argentina degli anni ’70, senza mai sprofondare nella cecità e nelle impasse settarie. In un’intervista rilasciata a Pagina 12, una rivista argentina, il 12 marzo 2018, durante la quale il giornalista gli chiede di definirsi, risponde: “Sono storicamente trotskista”.
Con lui, è una parte della nostra storia che sta anche andando via. Stiamo pensando alla sua famiglia e ai suoi amici. Anche ai suoi compagni, gli argentini, i baschi e quelli di tutto il mondo. E noi siamo orgogliosi di essere tra loro.
P.S. Lasciate che anche il traduttore del necrologio aggiunga un suo ricordo. Tra il 1978 e il 1982 ho vissuto a Parigi e ho intensamente frequentato la diaspora latinoamericana che là si era raccolta per sfuggire alla feroce repressione delle dittature che imperversavano nel subcontinente sudamericano. Tra questi militanti ne ho conosciuto uno che già allora, nonostante avesse poco più di trent’anni, si distingueva per la incipiente calvizie, appunto Mario, “El Pelado”. Con lui ebbi molto da discutere sulla validità o meno della “lotta di guerrilla” che tanto appassionava i militanti di quel tempo, ed avemmo modo di ricordare alcuni altri suoi compagni di lotta che nei primi anni 70 avevo avuto l’occasione di ospitare per brevi periodi nella mia casa di Roma, militanti anch’essi dell’Ejército Revolucionario del Pueblo, poi massacrati pochi mesi dopo dai carnefici di Videla, alcuni in una base aerea della Patagonia in cui erano detenuti, altri nel Campo de Mayo a Buenos Aires.
Posso dire che Mario fu, seppure per pochi anni, un amico e un maestro. (FB)