Ricchi e Covid 19: si salvi chi può. Qualcuno molto più di altri…
di Fabrizio Burattini
Il coronavirus al paese dei più ricchi…
Abbiamo parlato qualche giorno fa della filantropia di alcuni ricchi compatrioti che hanno donato qualche briciola dei propri patrimoni per sostenere la battaglia che le istituzioni della sanità pubblica (e la società più in generale) stanno sviluppando contro l’epidemia. La gara a chi contribuisce di più è naturalmente una gara internazionale, come internazionali sono le classi sociali.
Mark Zuckerberg, padrone di Facebook, ha stanziato 25 milioni di dollari per la ricerca di un rimedio contro il coronavirus. Veramente poco, in rapporto con quanto hanno messo a disposizione Jeff Bezos (Amazon) o Bill Gates (Microsoft), ciascuno dei quali ha staccato un assegno di 100 milioni di dollari. Certamente non deve essergli tremata la mano quando hanno messo la firma, visto che le somme donate, in tutti e tre i casi non superano lo 0,1% dei loro patrimoni personali. Il 99,9% resta al sicuro nelle loro tasche.
Ma i tre sono destinati a fare la figura dei miserelli, di fronte a Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, che, proprio qualche giorno fa ha annunciato di destinare un quarto del valore delle sue azioni (più o meno un miliardo di dollari) alla lotta contro il virus.
Numerose sono le donazioni attorno al milione di dollari (o di euro). Citiamo le cantanti Rihanna, Lady Gaga, i calciatori Lionel Messi o Franck Ribéry, l’allenatore Pep Guardiola. I grandi marchi del lusso (Kering-Gucci, Chanel, Hermès, Vuitton) fanno a gara nella generosità offrendo vari milioni (ad esempio Hermès 20 milioni). Ma, anche qui, per dare una dimensione alle donazioni, Bernard Arnault, amministratore delegato della Luis Vuitton, ha annunciato la donazione di circa 100.000 flaconi di disinfettante agli ospedali francesi: il suo patrimonio personale è di 93 miliardi di dollari e la sua azienda fattura ogni anno oltre 40 miliardi di euro…
Il magnate cinese Jack Ma, il fondatore del gigante della vendita online Alibaba (patrimonio personale 39 miliardi di dollari), ha annunciato di aver inviato ad ognuno dei 54 stati del continente africano (la prossima incognita della pandemia) 100.000 mascherine, 20.000 kit di analisi e 1.000 tute di protezione. Non dimentichiamo che la Cina (cosiddetta comunista) si è incaricata della missione di integrare l’Africa nella produzione capitalistica e a questo scopo ha messo in campo un partenariato strategico con numerosissimi paesi di quel continente, in particolare quelli molto ricchi di materie prime. Proprio a settembre 2018 il 7° Forum Cina-Africa aveva raccolto a Pechino, attorno a Xi Jinping, quasi tutti i leader dei paesi del continente nero.
Ma i ricchi non investono solo in beneficenza. Investono anche in misure di prevenzione personale. L’uso dei jet privati ha avuto un’impennata in queste ultime settimane. Evidentemente il respiro e le droplet dei passeggeri della classe economica arriva facilmente in prima e in business class. Lo ha rivelato, in un’intervista al Guardian, Adam Twidell, il direttore di PrivateFly.com. Si va dai paesi ad alto rischio verso quelli ritenuti (almeno per il momento) più sicuri.
In ogni caso, sembra che in tutti gli aeroporti ancora funzionanti si moltiplichino le richieste di accedere alle sale d’attesa e ai percorsi di imbarco riservati ai VIP, evidentemente al fine di incrociare poche persone nel recarsi fino all’aereo.
Ma la cosa riguarda anche le cure sanitarie. Mark Ali, direttore generale e direttore sanitario della Private Harley Street Clinic, una delle cliniche più esclusive di Londra, ha dichiarato: “C’è un gran numero di persone molto ricche che si sono rivolte a noi per potersi sottomettere ad analisi ma noi non possiamo accontentarle perché il Servizio sanitario nazionale inglese ha deciso di centralizzare l’uso dei tamponi e di utilizzarli solo secondo i criteri nazionali”. Ma, fatta la legge trovato l’inganno, molte cliniche private hanno pubblicizzato la possibilità (ovviamente a pagamento) di fare prelievi e di far analizzare i campioni biologici all’estero, aggirando la regola statale.
Robert Vicino, fondatore e direttore generale della Vivos Group, società californiana specializzata nella costruzione di bunker sotterranei, ha dichiarato di ricevere dall’inizio della crisi valanghe di telefonate di richiesta di informazioni e numerosissime ordinazioni. Sul suo sito, in questi giorni sono in vendita 80 posti in un vecchio bunker antiatomico ristrutturato con finiture lussuose nell’Indiana e 575 alloggi ricavati da un vecchio deposito di munizioni nel Sud Dakota.
Cercando di guadagnarsi il paradiso con qualche donazione più o meno generosa, soprattutto però molti ricchi cercano di investire parte dei loro averi per difendersi. Noi ci difendiamo chiudendoci in casa. E non possiamo, anche volendo, fare altro. Chi può fare altro cerca di farlo.
Ma neanche i ricchi sono immuni. Dei circa 6.000 contagiati dell’Arabia cosiddetta saudita, 150 sembra siano membri della famiglia reale. Certo, sono in grado di far allestire sale di terapia intensiva anche nelle proprie case private, o comunque di farsi ricoverare negli esclusivi reparti VIP delle cliniche del paese.
Si salvi chi può. Qualcuno può molto più di altri.