Con il Covid19 o senza, il padrone resta sempre il padrone

di Fabrizio Burattini

Ieri abbiamo parlato della generosità non sempre disinteressata dei ricchi e dei potenti. Oggi, vorremmo, più tradizionalmente, mostrare come i padroni, anche in epoca di emergenza nazionale (o, meglio, mondiale), restino comunque sempre gli stessi…

Il Nordest non si smentisce. Luogo: la Casagrande Srl di Conegliano (TV), un’importante fabbrica di plastica  che, come tale (come recita rigorosamente in inglese la homepage del loro sito), funziona regolarmente nel rispetto del DPCM del 22 marzo, più volte coinvolta o sfiorata da importanti inchieste della Guardia di Finanza per bancarotta, frode fiscale e amenità varie. Un operaio, a casa ammalato, riceve dal medico la telefonata che gli annuncia un certificato medico per 5 giorni di malattia. L’operaio trasmette la cosa all’amministrazione aziendale, che la confronta con il certificato ricevuto per mail dal medico e che riporta la dicitura “2 giorni”. L’azienda non rileva nulla, né al dipendente né al medico. Fa passare i cinque giorni e al rientro in azienda dell’operaio gli fa trovare una lettera di licenziamento per assenza ingiustificata.

La Casagrande già qualche mese fa aveva avviato un provvedimento contro lo stesso dipendente (aderente all’ADL Cobas), poi archiviandolo quando era risultato totalmente infondato. Ora, nonostante il medico abbia formalmente riconosciuto di essere il responsabile dell’errore, insiste nel licenziamento. E’ proprio il caso di dire che la crisi sanitaria in questo caso offre un’occasione che il padrone non vuole lasciarsi sfuggire.

Sempre da quelle parti, un po’ più a Nord, a Rovereto (TN), il 13 marzo scorso, come in tante aziende in quegli stessi giorni, i dipendenti di un supermercato Poli (un marchio della grande distribuzione molto presente in Trentino) inscenano una breve astensione dal lavoro per denunciare che in azienda non vengono rispettate le misure di contingentamento e di sicurezza previste. Iniziativa che ha riscosso un esito positivo; intervengono, infatti, le forze dell’ordine, che, dopo una breve discussione, impongono alla direzione aziendale di provvedere immediatamente perché siano rispettate le ordinanze sulla sicurezza. A inizio aprile, con loro grande sorpresa i dipendenti ricevono le buste paga del mese precedente e si vedono applicata la trattenuta per sciopero. Anche qui il datore di lavoro dice: “Hai voluto denunciare un mio reato. Pagane le conseguenze”…

Ma il Nordest non è solo. Zona del Mugello (FI). Gabriele Sarti, dipendente della cooperativa ATI, subappaltatrice della Alia Servizi Ambientali SpA, la società di gestione dei rifiuti della Toscana centrale, a metà marzo denuncia sul sito locale ilfilo.net le condizioni in cui lavorano lui e i suoi colleghi nella raccolta porta a porta: “Siamo tutti i giorni a contatto con i rifiuti, senza mascherine, né guanti, né disinfettanti, i furgoni non vengono mai igienizzati. Dobbiamo portarci i vestiti da lavoro a casa e cambiarci in uno spogliatoio di dieci metri quadrati con una trentina di dipendenti”.

Il 6 aprile Sarti (delegato USB) riceve una lettera di licenziamento: “ha provocato alla cooperativa grave nocumento morale e materiale”.

Naturalmente, la cooperativa ignora totalmente il “nocumento” sanitario che le sue mancanze in tema di rispetto delle regole di sicurezza hanno provocato ai suoi dipendenti.

Più definitivo e irreparabile il “nocumento” provocato dalla telefonata frettolosa fatta qualche giorno fa dal proprietario di un negozio di alimentari di Milano a un suo dipendente 25enne di origine senegalese per comunicargli di averlo licenziato. Il giovane, da sette anni con contratto a tempo indeterminato in quel negozio, sconvolto dalla comunicazione, si è tolto la vita gettandosi dalla finestra. Successivamente, il datore di lavoro ha comunicato alla stampa che in realtà il senegalese non doveva essere licenziato ma solo messo in cassa integrazione.