La beneficenza dei miliardari? Un fruttuoso investimento (per loro)!
di Fabrizio Burattini
Versate a questo IBAN, fate una telefonata quel numero e donate qualche euro alla Protezione civile: si moltiplicano sui giornali e nei siti internet le iniziative per drenare dalla società fondi a favore delle azioni di contrasto al virus.
Dappertutto lo spirito di solidarietà, come di fronte a tutte le catastrofi, si mobilita. Un tempo, come nel 1966 a Firenze, dopo l’alluvione, e poi via via nei decenni successivi, in Belice, in Irpinia, nel Friuli dei terremoti, fino all’acqua alta di Venezia di qualche mese fa, il volontarismo solidale si metteva in moto. Oggi, con l’azione diretta dall’alto della Protezione civile, tutto sembra più irregimentato.
Ma ci sono anche altre iniziative, altrettanto utili, ma un po’ più da indagare. C’è un mondo della “solidarietà industrializzata” che andrebbe studiato di più.
Il sito italianonprofit.it ha censito (fino ad ora) 723 iniziative per un totale di oltre 630 milioni di euro, soprattutto, naturalmente, a favore di ospedali (430), ma anche della Protezione civile, di enti locali, di famiglie, di enti no profit, di scuole e università. Le donazioni sono soprattutto in denaro e più raramente in attrezzature. I donatori sono quasi sempre aziende (429) oppure fondazioni, e in qualche caso singoli privati.
Tra i privati, le donazioni più cospicue, per 10 milioni di euro ciascuna, sono di gran lunga quella di Silvio Berlusconi, destinata all’ospedale costruito in tutta fretta dal suo amico Bertolaso nell’area della Fiera di Milano, quella della famiglia Agnelli, donata alla Protezione civile per la sua azione in Piemonte, e quella di Giuseppe Caprotti (Esselunga), donata “bipartizan” alla Regione Lombardia e al Comune di Milano. Seguono, a distanza, la famiglia Zegna (3 milioni alla Protezione civile) e la famiglia Polegato (Geox) con un milione alla Regione Veneto. Poi, ancora più indietro manager, come Andrea Recordati (dell’omonimo gruppo farmaceutico, con 700.000 euro), Diana Bracco (ex vicepresidente di Confindustria, ex presidente di Expo, amministratrice del gruppo Bracco, farmaceutico da 1,3 miliardi di fatturato, condannata in primo grado per frode fiscale, che ha donato 500.000 euro) assieme al nipote, Fulvio Renoldi Bracco (con altri 200.000 euro).
A distanza tutti gli altri: calciatori (Insigne, Ibrahimović, Bonucci), altri manager come Marco Bizzarri (Gucci), Gian Luca Sghedoni (adesivi per piastrelle Kerakoll), il sudcoreano Gene Yoon (Fila), i ricchi cinesi Jiang Ming e Adrian Cheng, coppie famose (Chiara Ferragni e Fedez, forse per farsi perdonare il fatto di non dare neanche una mancia ai fattorini di JustEat).
Molte donazioni vengono da aziende (Philips Italia, Amadori, Barilla, Unilever, Finproject Group, Brembo, Granarolo, La Roche Posay, Amazon, Findus, Edison , Falck, Luisa Spagnoli, Ferrarelle, Caltagirone, la società sportiva Milan), a volte attraverso le loro fondazioni: la Silvio Tronchetti Provera, la Aristide Merloni, l’Oréal, la Roma Cares (della società sportiva Roma), numerose banche (BPM, Montepaschi, Intesa, Banca del Monte di Lombardia, BCC di Massafra, di Pordenone e di Nettuno, Banca del Cilento, Banca Centropadana) e Casse di Risparmio (Rieti, Parma, Salerno, Bologna, Ascoli Piceno, Padova e Rovigo, Fabriano e Cupramontana, Terni e Narni, Imole, Viterbo, Asti, Verona, Lucca, Perugia, La Spezia, Biella, Genova).
Da segnalare è la donazione di 300.000 euro a sostegno degli ospedali e delle strutture sanitarie italiane da parte della Whirlpool, evidentemente mossa anche dal senso di colpa per la vicenda del suo impianto di Napoli.
Si tratta di donazioni, in qualche caso molto generose (ovviamente a riprova della lauta appropriazione di profitti e di ingentissimi patrimoni accumulati), puntano, come tutte le iniziative benefiche dei privati, a nobilitare agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine della rispettiva azione imprenditoriale, riverniciandola di una patina di finalità etica. Ma puntano anche a contestare allo stato il monopolio dell’interesse generale.
In ogni caso, si tratta con tutta evidenza di iniziative che non fanno che confermare l’affermazione di Marx: “Una parte della borghesia (con gli organizzatori della beneficenza) cerca di portare rimedio ai mali sociali, allo scopo di assicurare l’esistenza della società borghese”.
Noi sosteniamo, al contrario, che il compito di correre in aiuto di chi ha più bisogno, della sanità pubblica, delle comunità locali colpite dai lutti e dall’epidemia, delle lavoratrici e dei lavoratori penalizzati dal blocco delle attività produttive, delle fasce più deboli della popolazione abbandonate a loro stesse, senza case degne di questo nome, senza reddito, a volte senza cibo, sia uno dei compiti preminenti delle istituzioni pubbliche (“della Repubblica”, come dice solennemente l’articolo 3 della Costituzione del 1947).
Ciò non significa che i più ricchi, in particolare gli smodatamente ricchi, non debbano contribuire in modo particolarmente significativo ad affrontare i prezzi delle diseguaglianze. Ma è distorto pensare che questo contributo sia volontario e affidato ai sensi di colpa e alla sensibilità volatile dei possidenti.
Proprio per questo la crisi sociale in conseguenza dell’emergenza sanitaria rende ancora più urgente l’adozione di misure fiscali adeguate, a partire dall’introduzione di una patrimoniale.