Contro il Coronavirus paghi chi non ha mai pagato – Patrimoniale ora!

di Fabrizio Burattini

E’ di ieri la pubblicazione del decreto legge n. 18, con il quale il governo interviene a “curare l’Italia”. Con il decreto si distribuiscono con il contagocce al sistema sanitario, alle imprese e a lavoratrici e lavoratori risorse aggiuntive per circa 25 miliardi di euro.

Non vogliamo qui entrare nel merito delle singole misure, della loro quantificazione, della loro efficacia. Ci limitiamo solo ad alcune considerazioni, diciamo così a latere.

La prudenza, la circospezione con cui il governo ha adottato tali misure, che si dimostreranno un pannicello caldo di fronte alla gravità della crisi sociale che l’epidemia sta producendo, sono motivate, come accade ormai da decenni nella politica economica, dai ferrei diktat degli accordi comunitari che impongono vincoli di bilancio draconiani ai 27 paesi aderenti alla UE (e in particolare a quelli più indebitati, come l’Italia).

Paolo Gentiloni, commissario UE all’economia, e il lettone Valdis Dombrovskis, vicepresidente della commissione, responsabile per gli affari finanziari e monetari, si sono affrettati a mostrare all’opinione pubblica un volto solidale delle istituzioni europee, di fronte alla grave situazione in cui versa l’Italia, anche per mettere una toppa alle brutali affermazioni fatte solo il giorno precedente dalla neo presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde. All’unisono hanno affermato: “le spese una tantum, sostenute per far fronte alla diffusione dell’epidemia, sono escluse per definizione dal calcolo del bilancio strutturale e non vengono prese in considerazione nella valutazione dell’adeguatezza dello sforzo di bilancio previsto in base alle regole attuali”.

Senza però specificare che, senza una drastica modifica degli accordi e, soprattutto, senza una radicale ristrutturazione o, meglio ancora, una cancellazione del debito pubblico italiano, i 25 miliardi appena stanziati si andranno inevitabilmente a sommare ai già quasi 2.500 miliardi di euro del “nostro” debito pubblico.

Debito pubblico che non pagheranno solo le future generazioni ma che già pagano, profumatamente, le lavoratrici, i lavoratori di oggi, le classi subalterne tutte del nostro paese.

Ogni anno 64 miliardi, delle tasse dirette e indirette che in Italia pagano soprattutto lavoratrici e lavoratori dipendenti e pensionati, vanno ad arricchire sotto forma di interessi tutti quegli speculatori che prestano capitali allo stato italiano per far fronte al suo debito.

Ciò significa che, se oggi decidessimo di non pagare quegli interessi, avremmo a disposizione per combattere l’epidemia automaticamente quasi il triplo di quanto messo faticosamente a disposizione dal governo con il decreto di ieri.

Basterebbe poi decidere di rastrellare un po’ di risorse con una patrimoniale straordinaria contro il virus, e nelle casse dello stato (e del suo sistema sanitario) magicamente e senza dolore apparirebbero non poche altre decine di miliardi. Basti pensare che i capitali (perlomeno i capitali legalmente dichiarati) delle 35 persone più ricche d’Italia ammontano a 142 miliardi. E parliamo solo delle 35 persone più ricche; si stima che i detentori di patrimoni superiori ad almeno 100 milioni di euro ciascuno in Italia siano oltre 1.700.

Ricordiamo che con un miliardo di euro si possono allestire circa 10.000 posti letto di terapia intensiva…

Anche la crisi sanitaria che l’epidemia del Covid-19 sta evidenziando è uno dei prezzi che ci fa pagare la struttura capitalistica della società.

Nel 2019, in tutto il mondo, le società di capitali hanno distribuito ai loro azionisti ben 1.430 miliardi di dollari (1.315 miliardi di euro). A questa straordinaria montagna di soldi andrebbe aggiunta una quantità che si ipotizza almeno analoga ma molto probabilmente superiore per tutti gli altri benefit che in varie maniere ingrassano i top manager planetari. Migliaia di miliardi di euro che vanno, anno dopo anno, ad incrementare quella diseguaglianza sociale che segna in modo drammaticamente crescente la più ingiusta distribuzione del reddito di tutta la storia dell’umanità.