Il governo si accanisce contro i poveri e senza casa. Basta sfratti! La casa è un diritto!
di Francesco Russo, Sinistra Anticapitalista, Napoli
Il decreto “Sicurezza”, cioè il D.L. 113/208, tra le molte norme liberticide presenti, contiene due articoli che affrontano il problema del disagio abitativo, il 30 ed il 31 che riguardano l’occupazione degli immobili.
Il problema di trovare un tetto dove ripararsi, sta diventando sempre più drammatico, in un contesto di crisi economica che colpisce prioritariamente le fasce più deboli della società nel nostro paese e nessuno dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni se ne è minimamente interessato.
I dati statistici sono pressoché sconosciuti, ma, recentemente, a febbraio scorso, Federcasa, la federazione che associa enti che si occupano di gestione del patrimonio di Edilizia di Residenza Pubblica (ERP), ha mostrato alcuni dati veramente allarmanti sul disagio abitativo. Secondo le stime di Nomisma, l’ente di ricerca al quale la federazione ha affidato l’indagine, le famiglie o i singoli che non riescono a pagare l’affitto sul libero mercato, sono ben 1 milione e settecentomila, cioè quasi la metà dei 4 milioni di famiglie che vivono in affitto.
Praticamente, le case popolari sono solo 850.000 cioè un terzo di quelle che occorrerebbero. Le famiglie che vivono in una casa popolare risultano essere soprattutto italiane (circa l’88%), formate da persone sole o da due componenti, con un’età tendenzialmente alta (il 47,9% supera i 65 anni) e un reddito molto basso (il 44,4% guadagna in un anno meno di 10000 euro), e vi abitano da moltissimo tempo (quasi la metà delle case sono abitate dalla stessa famiglia da più di 20 anni).
Le graduatorie per l’assegnazione delle case popolari sono lunghissime. Quasi il 40% delle richieste inevase riguarda nuclei familiari stranieri, il 34,5% riguarda famiglie con più di un componente, il 31,6% famiglie di giovani. Ma non tutti gli alloggi disponibili sono assegnati: mentre l’86% degli alloggi risulta regolarmente assegnato su tutto il territorio nazionale, il 14% risulta sfitto o da ristrutturare o occupato abusivamente. In particolare, secondo uno studio sempre di Federcasa del 2015, fino al 2013 risultava occupato abusivamente il 5,9% del totale degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. I dati, però, segnalano un’Italia divisa in due: il Nord con percentuali sotto il 2% e il Centro e il Sud sopra il 9%.
A fronte della sparizione di qualsivoglia politica abitativa, e nella assoluta assenza di investimenti nell’ERP, assistiamo all’appiattimento del discorso pubblico su retoriche di tipo “legalitario” che finisce con il trattare come un’emergenza di ordine pubblico le questioni sull’abitare che le occupazioni sollevano. Latitano ricognizioni su scala nazionale che consentano di avere un quadro ben definito del numero di occupazioni abitative, di chi occupa e delle condizioni sia degli stabili che degli occupanti. I dati sono rarefatti e, molto spesso, sono raccolti dai movimenti per la casa o da gruppi di ricerca accademici che si attivano su scala locale.
Ad alimentare l’occupazione delle case popolari è un vero e proprio commercio informale. Emanuele Belotti e Sandra Annunziata nel saggio “Governare l’abitare informale. Considerazioni a partire dai casi di Milano e di Roma” (Il Mulino) hanno analizzato il fenomeno in queste due metropoli. A Milano, secondo quanto appurato dalla Magistratura, oltre 10mila alloggi rimasti sfitti, in assenza delle risorse necessarie per la manutenzione, sono stati “aperti” e ceduti dietro tariffe di accesso da parte di gruppi informali dediti a questo “racket”. Al sud, pur in assenza di dati, risulta “rilevante” il ruolo che la criminalità organizzata svolge nelle fasi di occupazione degli alloggi popolari.
Proprio la presenza della criminalità organizzata è stata da sempre, come già sottolineato, lo strumento usato dalla politica nazionale e regionale, a cui sono demandate le politiche sulla casa, come paravento per affrontare sempre in termini emergenziali/repressivi la questione abitativa.
In quest’ambito il 1 settembre scorso, il ministro Salvini ha inviato una circolare alle prefetture in tema di “Arbitraria occupazione di immobili”. Tale circolare delinea un chiaro intento di forte repressione penale sia nei confronti dei soggetti politici che occupano, quelli che vengono indicati come Centri Sociali, sia nei confronti di quei soggetti che, dandosi una organizzazione politica, occupano immobili per far fronte all’impossibilità di trovare una sistemazione abitativa.
In questo quadro si collocano i due articoli del decreto sicurezza, cui si è fatto riferimento. L’art. 30 apporta modifiche al secondo comma dell’art 633 del codice penale inasprendo le pene in caso di occupazioni effettuate da 5 persone di cui una armata o da più di 10 persone anche non armate. La pena detentiva passa, nel massimo, da 2 a 4 anni, la multa, nel massimo, da 1032 € a 2064 €. L’art. 31 consente, a differenza di quanto succedeva precedentemente, l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche nelle indagini inerenti le occupazioni di immobili.
In definitiva, la “normativa Salvini” appesantisce ancora di più l’apparato repressivo predisposto a stroncare, con inchieste e galera, tutte le esperienze di occupazioni organizzate che maggiormente presentano le caratteristiche di una risposta politica all’evidente bisogno di abitazioni.
La casa è un diritto e occupare alloggi sfitti non è un crimine!