G8, perché il capo della polizia vuole scrivere la storia di Genova?

Clamorosa intervista di Franco Gabrielli su Repubblica su Genova 2001. A che cosa serve quest’operazione?

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di Checchino Antonini

«Il G8 di Genova fu una catastrofe», ha dichiarato Franco Gabrielli a Repubblica, giornale fidato. E ha giurato: «non ci sarà mai più una nuova Genova: questo tempo non è passato invano». Intervista clamorosa quella rilasciata oggi a uno dei tre cronisti che, di solito, raccolgono le confidenze del Viminale. «A Bolzaneto ci fu tortura», si legge ancora quando ormai i buoi sono fuori dalla stalla nel senso che la legge appena varata ha lasciato l’amaro in bocca proprio alle vittime della Diaz e di Bolzaneto. E i pm di quei processi sono sicuri che sarebbe stato impossibile perseguire con questo reato gli artefici dei trattamenti inumani e degradanti di quelle notti. «A Genova – ha ricordato Gabrielli pensando a Carlo Giuliani – morì un ragazzo. Ed era la prima volta dopo gli anni della notte della Repubblica che si tornava ad essere uccisi in piazza. Un’infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e psicologiche che hanno segnato le loro vite. E se tutto questo, ancora oggi, è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh allora vuol dire che in questi sedici anni la riflessione non è stata sufficiente. Nè è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori. Dopo dieci anni e e dopo le sentenze di condanna definitive per la Diaz e Bolzaneto». Non vi sembra un po’ Woytila che chiese scusa a Galielo Galilei? Il contesto repressivo vede il partito di governo impegnato in una torsione fortissima con i decreti Minniti-Orlando che superano per iniquità il decreto Maroni di sei anni prima e con l’inasprimento delle leggi antisciopero alle porte. A questo serve la torsione autoritaria che, ufficialmente, è stata promulgata in nome di decoro e sicurezza.

Della gestione dell’ordine pubblico a Genova, Gabrielli dice che «fu semplicemente una catastrofe. E per una somma di fattori, se vogliamo dirla tutta. Innanzitutto per la scelta sciagurata da parte del vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza di esautorare la struttura locale, la Questura di Genova, dalla gestione dell’ordine pubblico. Quindi, per la scelta infelice della città, che per struttura urbanistica rendeva tutto più complicato. E da ultimo perchè si scommise sulla capacità dei Disobbedienti di Casarini e Agnoletto di poter in qualche modo governare e garantire per l’intera piazza. Capacità che dimostrarono purtroppo di non avere. Insomma, la dico in una battuta. A Genova saltò tutto e saltò tutto da subito. Fino alla scelta esiziale dell’irruzione nella Diaz». Parlando delle condanne per i fatti di Genova, Gabrielli osserva: «abbiamo assistito a condanne esemplari per la Diaz e a condanne modeste per Bolzaneto, dove l’assenza di una norma che configurasse il reato di tortura e l’improvviso evaporare della catena di comando e di responsabilità che aveva posto le premesse per cui una caserma del reparto mobile della polizia si trasformasse in un ‘garage Olimpo’ ha fatto sì che oggi si continui a parlare di Diaz e pochi ricordino Bolzaneto. Dove, lo dico chiaro, ci fu tortura. Tortura». Gabrielli parla da «uomo e capo della Polizia libero». E dice: «Se io fossi stato Gianni De Gennaro (all’epoca del G8 capo della Polizia, ndr) mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia. Perchè ci sono dei momenti in cui è giusto che il vertice compia un gesto necessario a restituire la necessaria fiducia che un cittadino deve avere nell’istituzione cui è affidato in via esclusiva il monopolio legittimo della forza. E, contemporaneamente, a non fare sentire le migliaia di donne e uomini poliziotto dei ‘fusibili’ sacrificabili per la difesa di dinamiche a assetti interni all’apparato».

Insomma, parla ai suoi, per rassicurarli, si leva qualche sassolino dalle scarpe contro il Genoa social forum che, secondo lui avrebbe delle colpe, evita come la peste di accennare ai fatti di strada per i quali nessun magistrato ha osato aprire un fascicolo contro i “servitori dello stato” e sorvola sul fatto che Carlo fu assassinato dalla pistola di un carabiniere mentre provava a raccogliere un estintore non appena si accorse che quell’arma lo stava per uccidere. Tutto ciò alla fine di ore e ore di cariche illegittime da parte di plotoni di cc guidati da veterani della guerra globale che erano arrivati a Genova con armi fuori ordinanza.

Gabrielli, con la regìa di Repubblica, conquista la scena proprio alla vigilia dell’omicidio di Carlo Giuliani, nel giorno in cui la città accoglie iniziative legate alla memoria di quel luglio e alle ragioni di quel movimento: la trappola del debito, i dispositivi di repressione. E lo fa, il capo della polizia, all’indomani di un’altra notizia, quella della scadenza dei cinque anni di interdizione e del possibile rientro in servizio di alcuni condannati protagonisti delle violenze di quei giorni così efferate da essere definite da Amnesty come la più grande violazione dei diritti umani in Occidente dopo la fine della II guerra mondiale. Un outing incompleto, dunque, quello di Franco Gabrielli, un’operazione astuta per colmare il vuoto di una memoria di movimento che stenta a diventare storia se i soggetti sociali e politici che diedero vita alla stagione dei social forum sono spariti o mutati geneticamente. Gabrielli, va rammentato, è stato il regista delle zone rosse per il G7, le questure stanno lavorando alla semina di centinaia di misure preventive per sradicare dai contesti di lotta e di vita attisti sociali e militanti politici. E proprio in questo contesto va letta la ricerca di riflettori da parte di un capo della polizia che s’era ritagliato uno spessore politico già commissariando L’Aquila dopo gli scandali di Bertolaso. Democristiano di lungo corso, amico di Letta, Franceschini, due anni fa fu nominato prefetto di Roma per supervisionare gli ultimi mesi della Giunta Marino travolta da Mafia capitale e mandata al macello da Renzi. Già allora ci si domandò se non stesse pensando a un futuro politico. Che ruolo avrà Gabrielli nei prossimi passaggi politici? Ce lo diranno di certo Repubblica e il Pd.