Cronache dal Belgio in lotta
Dal Belgio giungono notizie incoraggianti. Il paese è attraversato da più di due settimane da scioperi a ventaglio contro la politica di austerità che hanno coinvolto le province di Hainaut, Lussemburgo, Limburgo e Anversa, che hanno coinvolto secondo il quotidiano Le Soir più di 300 picchetti. L’8 dicembre lo sciopero ha toccato la regione di Bruxelles e i due Brabanti (vicino a Bruxelles). L’adesione è stata piuttosto massiccia. Gli scioperi stanno raccogliendo molta simpatia tra la popolazione. “Si è alzato un vento di solidarietà che può ricacciare indietro i cattivi venti dell’individualismo e della lotta di tutti/e contro tutti/e”, come sottolinea l’articolo che vi proponiamo. La riduzione dell’orario di lavoro riappare come parola d’ordine generale credibile. Il 15 dicembre sarà la volta dello sciopero generale che coinvolgerà sia le Fiandre sia la Vallonia (ndr.)
E i disoccupati, compagni? E le disoccupate?
5 dicembre 2014 – Florent Gallois
A partire dal prossimo 1° gennaio, 20.000 persone in Vallonia saranno semplicemente escluse definitivamente dal sussidio di disoccupazione in seguito alla limitazione nel tempo dei sussidi di inserimento, in altri termini perché hanno appena terminato gli studi o hanno solo accumulato lavori precari a tempo parziale.
Poiché un beneficiario su due del sussidio d’inserzione è coabitante, circa 10.000 di queste 20.000 persone non avranno neanche diritto al Reddito d’integrazione del CPAS [Centre Public d’Action Sociale]. Le donne sono evidentemente le principali vittime. Il 55% delle esclusioni riguarda donne.
Una eredità di Di Rupo
Questo bagno di sangue sociale non è stato orchestrato dal governo Michel-De Wever ma dal governo Di Rupo. È questa la ragione per cui il fronte comune sindacale non ha incluso il ritiro di queste misure ingiuste nella piattaforma in quattro punti che serve di base al suo piano di azione?
Comunque sia, a un mese dalla scadenza, all’antivigilia del terzo sciopero a scacchiera e a dieci giorni dallo sciopero nazionale di 24 ore del 15 dicembre, è più che l’ora di protestare contro questa «dimenticanza», più che l’ora di intervenire a tutti i livelli perché il fronte comune aggiunga alla sua piattaforma una quinta domanda: abolizione delle misure «disoccupazione» prese dal governo precedente.
Ricordiamo che la limitazione nel tempo dei sussidi di inserimento è stata una delle cause principali di malcontento e della sconfessione della politica del PS che si è espressa nelle urne il 25 maggio scorso.
In origine, la misura presa da Di Rupo doveva comportare 50.000 esclusioni , 32.000 delle quali in Vallonia, al 1° gennaio 2015.
Modifiche illusorie
Questa cifra, divulgata da studi della FGTB [Federazione Generale del Lavoro del Belgio] vallone, ha sollevato una profonda ondata di indignazione nel mondo del lavoro. In effetti, ognuno/a ha una potenziale vittima nella propria famiglia o tra i propri parenti. Ognuno/a sa anche che c’è meno di un posto di lavoro disponibile su quarantasette domande.
Di fronte alla reazione dell’opinione pubblica, e a due mesi dallo scrutinio, il governo “farfalla”[1] ha apportato qualche modifica a favore (se si può dire) di chi è in cerca di un lavoro e ha un lavoro precario, e delle persone portatrici di un handicap medico.
Così, in Vallonia la cifra è stata ridotta da 32.000 a 20.000. Ma queste modifiche sono solo temporanee. Il segretario generale della FGTB vallone lo ha confermato lo scorso settembre: «Queste 12.000 persone saranno semplicemente escluse al più tardi a partire da gennaio 2017, invece di gennaio 2015 come le altre 20.000».
Una quinta rivendicazione indispensabile
L’abolizione delle misure sulla disoccupazione del governo Di Rupo è una questione di elementare giustizia sociale. Le vittime della crisi, delle chiusure [di fabbriche] delle ristrutturazioni e della mancanza di investimenti, non devono pagare le spese del disordine capitalista.
Questa ragione dovrebbe bastare da sola a convincere le organizzazioni sindacali a non «dimenticare» le persone in cerca di lavoro. Ma non è la sola.
Il fronte comune, impegnato in una prova di forza con Michel De Wever, ha un interesse tattico evidente a costruire il miglior rapporto di forza possibile. Dunque a sensibilizzare e mobilitare i disoccupati/le disoccupate – tanto più che la coalizione di destra lancia nuovi attacchi (lavoro forzato, ecc.) contro di loro.
L’interesse è anche strategico, poiché la destra ha nelle sue borse il progetto di togliere ai sindacati la gestione dei dossier di disoccupazione e il pagamento dei sussidi. Il suo scopo è di indebolirli non solo finanziariamente, ma anche socialmente, spezzando i legami tra i disoccupati e il movimento operaio organizzato.
Da un governo all’altro
La questione ha anche un aspetto politico: non richiedere l’abolizione delle misure sulla disoccupazione di Di Rupo, significa mandare il messaggio che i colpi portati da un governo non sono più messi in discussione in seguito, quando subentra una nuova coalizione.
La non rimessa in discussione delle misure neoliberiste dei successivi governi va molto bene ai gestori socialdemocratici: in tal modo, da una volta all’altra, possono rifarsi una verginità all’opposizione e lasciare fare il lavoro sporco alla destra … prima di ritornare agli affari come niente fosse.
In materia di smantellamento della protezione sociale dei senza lavoro, questo giochetto non data da ieri. Nel 1981, il ministro «socialista» Dewulf ha eliminato il diritto individuale ai sussidi, introducendo i tre statuti «isolati/e», «coabitanti» e «capi(cape?)famiglia». Poi c’è stato il governo di destra Martens-Gol, e quando il PS è tornato al potere nel 1987, le direzioni sindacali non hanno ritenuto opportuno esigere il ritorno al sistema di partenza.
È ora!
Oggi, la misura è colma. La popolazione non ne può più dell’austerità e della disuguaglianza sociale. Decine di migliaia di militanti dei sindacati sono mobilitati/e e le loro azioni sono sostenute in larghissima misura dall’opinione pubblica. Tutti i governi – federale e regionali – battono tutti i record di impopolarità.
È ora di non dimenticare nessuno, ora di unire tutte le lotte, ora di saldare tutti i conti. I sindacalisti di Charleroi lo hanno capito: il loro volantino, distribuito in fronte comune il 24 novembre, esigeva «una riduzione del tempo di lavoro e il ritiro della misure di esclusione e di progressiva riduzione ».
Si è alzato un vento di solidarietà, che può ricacciare indietro i cattivi venti dell’individualismo e della lotta di tutti/e contro tutti/e. L’abolizione delle misure sulla disoccupazione del governo Di Rupo deve diventare il quinto punto della piattaforma sindacale per il 15 dicembre e dopo.
[1] Cioè multicolore, dai vari colori politici dei componenti della coalizione. (NdT)
* lcr-lagauche.org
LCR/la gauche *
E i disoccupati, compagni? E le disoccupate?
5 dicembre 2014 – Florent Gallois
A partire dal prossimo 1° gennaio, 20.000 persone in Vallonia saranno semplicemente escluse definitivamente dal sussidio di disoccupazione in seguito alla limitazione nel tempo dei sussidi di inserimento, in altri termini perché hanno appena terminato gli studi o hanno solo accumulato lavori precari a tempo parziale.
Poiché un beneficiario su due del sussidio d’inserzione è coabitante, circa 10.000 di queste 20.000 persone non avranno neanche diritto al Reddito d’integrazione del CPAS [Centre Public d’Action Sociale]. Le donne sono evidentemente le principali vittime. Il 55% delle esclusioni riguarda donne.
Una eredità di Di Rupo
Questo bagno di sangue sociale non è stato orchestrato dal governo Michel-De Wever ma dal governo Di Rupo. È questa la ragione per cui il fronte comune sindacale non ha incluso il ritiro di queste misure ingiuste nella piattaforma in quattro punti che serve di base al suo piano di azione?
Comunque sia, a un mese dalla scadenza, all’antivigilia del terzo sciopero a scacchiera e a dieci giorni dallo sciopero nazionale di 24 ore del 15 dicembre, è più che l’ora di protestare contro questa «dimenticanza», più che l’ora di intervenire a tutti i livelli perché il fronte comune aggiunga alla sua piattaforma una quinta domanda: abolizione delle misure «disoccupazione» prese dal governo precedente.
Ricordiamo che la limitazione nel tempo dei sussidi di inserimento è stata una delle cause principali di malcontento e della sconfessione della politica del PS che si è espressa nelle urne il 25 maggio scorso.
In origine, la misura presa da Di Rupo doveva comportare 50.000 esclusioni , 32.000 delle quali in Vallonia, al 1° gennaio 2015.
Modifiche illusorie
Questa cifra, divulgata da studi della FGTB [Federazione Generale del Lavoro del Belgio] vallone, ha sollevato una profonda ondata di indignazione nel mondo del lavoro. In effetti, ognuno/a ha una potenziale vittima nella propria famiglia o tra i propri parenti. Ognuno/a sa anche che c’è meno di un posto di lavoro disponibile su quarantasette domande.
Di fronte alla reazione dell’opinione pubblica, e a due mesi dallo scrutinio, il governo “farfalla”[1] ha apportato qualche modifica a favore (se si può dire) di chi è in cerca di un lavoro e ha un lavoro precario, e delle persone portatrici di un handicap medico.
Così, in Vallonia la cifra è stata ridotta da 32.000 a 20.000. Ma queste modifiche sono solo temporanee. Il segretario generale della FGTB vallone lo ha confermato lo scorso settembre: «Queste 12.000 persone saranno semplicemente escluse al più tardi a partire da gennaio 2017, invece di gennaio 2015 come le altre 20.000».
Una quinta rivendicazione indispensabile
L’abolizione delle misure sulla disoccupazione del governo Di Rupo è una questione di elementare giustizia sociale. Le vittime della crisi, delle chiusure [di fabbriche] delle ristrutturazioni e della mancanza di investimenti, non devono pagare le spese del disordine capitalista.
Questa ragione dovrebbe bastare da sola a convincere le organizzazioni sindacali a non «dimenticare» le persone in cerca di lavoro. Ma non è la sola.
Il fronte comune, impegnato in una prova di forza con Michel De Wever, ha un interesse tattico evidente a costruire il miglior rapporto di forza possibile. Dunque a sensibilizzare e mobilitare i disoccupati/le disoccupate – tanto più che la coalizione di destra lancia nuovi attacchi (lavoro forzato, ecc.) contro di loro.
L’interesse è anche strategico, poiché la destra ha nelle sue borse il progetto di togliere ai sindacati la gestione dei dossier di disoccupazione e il pagamento dei sussidi. Il suo scopo è di indebolirli non solo finanziariamente, ma anche socialmente, spezzando i legami tra i disoccupati e il movimento operaio organizzato.
Da un governo all’altro
La questione ha anche un aspetto politico: non richiedere l’abolizione delle misure sulla disoccupazione di Di Rupo, significa mandare il messaggio che i colpi portati da un governo non sono più messi in discussione in seguito, quando subentra una nuova coalizione.
La non rimessa in discussione delle misure neoliberiste dei successivi governi va molto bene ai gestori socialdemocratici: in tal modo, da una volta all’altra, possono rifarsi una verginità all’opposizione e lasciare fare il lavoro sporco alla destra … prima di ritornare agli affari come niente fosse.
In materia di smantellamento della protezione sociale dei senza lavoro, questo giochetto non data da ieri. Nel 1981, il ministro «socialista» Dewulf ha eliminato il diritto individuale ai sussidi, introducendo i tre statuti «isolati/e», «coabitanti» e «capi(cape?)famiglia». Poi c’è stato il governo di destra Martens-Gol, e quando il PS è tornato al potere nel 1987, le direzioni sindacali non hanno ritenuto opportuno esigere il ritorno al sistema di partenza.
È ora!
Oggi, la misura è colma. La popolazione non ne può più dell’austerità e della disuguaglianza sociale. Decine di migliaia di militanti dei sindacati sono mobilitati/e e le loro azioni sono sostenute in larghissima misura dall’opinione pubblica. Tutti i governi – federale e regionali – battono tutti i record di impopolarità.
È ora di non dimenticare nessuno, ora di unire tutte le lotte, ora di saldare tutti i conti. I sindacalisti di Charleroi lo hanno capito: il loro volantino, distribuito in fronte comune il 24 novembre, esigeva «una riduzione del tempo di lavoro e il ritiro della misure di esclusione e di progressiva riduzione ».
Si è alzato un vento di solidarietà, che può ricacciare indietro i cattivi venti dell’individualismo e della lotta di tutti/e contro tutti/e. L’abolizione delle misure sulla disoccupazione del governo Di Rupo deve diventare il quinto punto della piattaforma sindacale per il 15 dicembre e dopo.
[1] Cioè multicolore, dai vari colori politici dei componenti della coalizione. (NdT)
* lcr-lagauche.org