Napoli, le mani sporche
di Annamaria Di Stefano
Con ordinanza del sindaco è stato vietato a Napoli raccogliere ogetti nei cassonetti della spazzatura per rivenderli nei cosiddetti “mercatini della monnezza”. Ai trasgressori sarà applicata una ammenda da 500 €.
Sull’ordinanza Sindacale che vieta al povero di rovistare nell’immondizia… Sarà revocata… Non sarà revocata… Ciò su cui è necessario riflettere “in seno al popolo”(sic!) è sul fatto che sia stata pensata/emanata. Infatti essa è l’emblema di ciò che è largamente e, quel che più spaventa, profondamente falso nel discorso politico.
Pur tuttavia la brutta storia dà agio ad una riflessione che deve pur porsi all’ordine del giorno, e cioè: ma quali sono i doveri di un povero e dei poveri della terra? Premesso che l’equivoco diritti-doveri risulta l’idea fondante della messa in scena tragica dell’ideologia borghese, pur tuttavia… dal profondo della coscienza di sé un povero sa quale sia il suo dovere e lo agisce quotidianamente: quello di credere al diritto di proclamare i propri diritti e quelli della sua gente.
Questa riflessione non ha nulla di ideologico e le lotte proletarie sono riuscite ad imporlo addirittura come gerarchia cogente nei codici della legge borghese: il diritto ad esistere avverso al dovere di non puzzare.
Poi ci sono altre puzze: quelle degli uffici in cui un esercito di “aspiranti prussiani”(da rileggere Gogol e le sue Anime morte) passano il tempo ed i giorni a “ficcare” la vita di tanti poveri in carte inutili anche per il macero.
Ma perché mai un povero che ricicla il rifiuto non viene lodato con un pugnetto di monetine visto che sta lavorando sull’idea portante di tanto illuminismo post-moderno: rifiuto zero-microcredito-banca del tempo e dello scambio?
Perché mai inoltre chi chiede la carità dovrebbe essere considerato meno strutturale delle pie opere di misericordia o delle caritas diocesane che hanno coniato il redditizio slogan pecunia non olet?