Capitolo 5. La crisi permanente della sinistra, le contraddizioni del grillismo
Il Coordinamento Nazionale di Sinistra Anticapitalista nella sua riunione del 25 settembre ha discusso ed approvato un documento che sintetizza il quadro sociale e politico dello scontro di classe nel nostro paese, definendo alcune proposte politiche e l’impegno dell’organizzazione per una mobilitazione ampia, unitaria e generale nella battaglia di autunno che si è aperta.
Contro il governo Renzi costruire percorsi unitari di lotta
Documento del Coordinamento nazionale di Sinistra Anticapitalista
Bellaria, 25 settembre 2014
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Capitolo 5.
La crisi permanente della sinistra, le contraddizioni del grillismo
Quanto analizzato nelle parti precedenti permette di comprendere anche la crisi permanente e la frammentazione politica della sinistra, che non può essere addebitata solo al frutto dell’insipienza e del settarismo dei suoi gruppi dirigenti e militanti, che pure esiste e che gioca di certo un ruolo importante. Difficile è pensare che possa esserci un totale mutamento della situazione senza l’irrompere sulla scena politica e sociale di un nuovo movimento che apporti forze militanti fresche determinando nuove dialettiche e confronti politici, anche se un’azione più coerente e consapevole delle forze che compongono la sinistra, potrebbe certamente creare un clima più favorevole e facilitare l’unità delle resistenze sociali.
1. E’ comune nella sinistra affermare oggi che in Italia, servirebbe uno strumento unitario come quello che è stato costruito in Grecia con Syriza. In realtà il frutto e le difficoltà della situazione stanno proprio nel fatto che in Italia, agli inizi degli anni ’90, era stata costruita una organizzazione che raccoglieva la stragrande maggioranza delle forze e tendenze della sinistra in risposta alla dissoluzione del PCI. Questa forza si chiamava Rifondazione comunista e per anni ha catalizzato l’attenzione e la credibilità di larghi settori di massa, ha avuto una presenza nei movimenti a cavallo del secolo, incrociando in quella occasione anche una nuova generazione di giovani militanti, ma, con le sue scelte politiche è riuscita a far naufragare la nave contro gli scogli del governo Prodi e dell’unità con il centro sinistra. Questa formazione si è dimostrata incapace di spostare un baricentro centrato tutto sulle istituzioni e su un apparato del partito tributario del passato, in altri termini a rompere con la vecchia eredità sostanziale del PCI.
La frammentazione e le difficoltà attuali sono il frutto di quel naufragio e proprio per questo è ancor più difficile ricominciare un tentativo di ricomposizione avendo alle spalle quel cocente fallimento, senza che per altro si sia mai fatto una vera e complessiva analisi di quel che era accaduto. Vale evidentemente per SEL, che ha superato le antinomie di Rifondazione, recuperando una visione tradizionalmente moderata e subalterna al PD, ma anche per quel che resta di Rifondazione, che pure è l’organizzazione che ancora raccoglie significative forze militanti che non si sono rassegnate, ma che affronta le vicende politiche con un inquietante pragmatismo quotidiano e una idea di preservazione di sé che lascia aperta la strada a qualsiasi scelta politica.
Le vicende della lista Tsipras che ha avuto un volto e una dinamica più positiva rispetto ad altre vicende precedenti, del tutto impresentabili, e che ha saputo mobilitare e rimobilitare aree più ampie di militanti ed anche di opinione pubblica di sinistra, dimostra l’incerto stato dell’arte della sinistra.
La proposta costruita, grazie alla credibilità delle vicende greche e di Syriza, è stata relativamente forte nella sua dimensione di aggregazione elettorale, che ha permesso di raggiungere il risultato elettorale, dimostrando quale sia la sensibilità predominante (quella elettorale appunto) di molti militanti ed ex militanti della sinistra radicale, ma si è trovata immediatamente in difficoltà nei passaggi successivi, a darsi continuità politica su due terreni fondamentali, quello del rapporto con le vicende sociali, ma anche e soprattutto del nodo strategico del PD e dei suoi condizionamenti.
2. La debolezza della sinistra e le forme specifiche che prende in questa fase di sconfitte la reazione alle politiche dell’austerità congiunta alla ricerca di una soluzione di governo “alternativa” immediata, spiegano il successo e la credibilità del movimento 5 Stelle.
Non torniamo in questa sede sul carattere interclassista di questa forza costruita su un connubio di parole d’ordine e di scelte politiche contradditorie e spesso impresentabili (costituiscono una cartina di tornasole infatti, sia le alleanze nel parlamento europeo con l’UKIP britannico, econ una formazione svedese di estrema destra e razzista, sia le prese di posizione sull’immigrazione e sul pubblico impiego) che lascia aperta qualsiasi dinamica possibile per il futuro (molte sorprese anche negative sono ancora possibili), né sul fatto che essa ha coinvolto una serie di soggetti e di militanti, che leggono il suo percorso come elemento alternativo e progressista, che sono presenti in alcuni movimenti sociali a livello territoriale e di difesa dell’ambiente, in qualche caso, più raro, anche nella dimensione sindacale.
Quel che ci interessa sottolineare, alla luce delle vicende più recenti, è da una parte l’illusione avuta di poter sbaragliare il campo delle forze di governo nelle recenti elezioni non avendo consapevolezza delle forze della borghesia e l’azione dei suoi media; dall’altra il carattere verticistico all’ennesima potenza dei suoi due leader e le scelte di alleanza europea.
Soprattutto va sottolineato il senso generale di una prassi politica riscontrabile nella battaglia che hanno condotto sulla controriforma istituzionale. Una battaglia del tutto sacrosanta che hanno condotto con grande e giusta decisione, attaccati da ogni parte dai media, ma concepita in una forma del tutto istituzionale, parlamentare, slegata dal tentativo di mobilitare sul piano sociale, e non solo con l’invettiva telematica, l’opinione pubblica, per costruire un rapporto di forza sociale per ostacolare il percorso antidemocratico del duo Renzi-Berlusconi.
Per altro questo non è che la conferma della loro incapacità a concepire un movimento di massa, tanto più un movimento di massa a carattere sindacale, organizzato e partecipato per costruire realmente un’alternativa.
Il problema è che questo non è nei loro programmi, perché non sono forza di sinistra.
Questo è un compito tutto nostro. Ed è nella capacità di costruire un percorso di lotta e di progetto alternativo della sinistra che sarà possibile esercitare influenza su quei militanti del Movimento 5 stelle che sono animati da contenuti e rivendicazioni democratici e di classe.