Izquierda Unida, tra il “sì si può” e la gestione del sistema
Riprendiamo l’analisi sui partiti della Sinistra europea. Dopo la Francia, questa volta tocca allo Stato Spagnolo, dove Izquierda Unida sembra approfittare del successo delle ultime grandi mobilitazioni, anche se permangono forte contraddizioni come le alleanza con i social liberisti del Psoe nelle Asturie e in Andalusia. In questo quadro si inserisce la dinamica positiva di Podemos che è stata analizzata in precedenza (clicca qui art. Podemos)
di Andreu Coll
Izquierda Unida [Sinistra Unita] è storicamente legata alla storia e alla cultura politica del PCE [Partito Comunista spagnolo]. Alle sue origini, costituì una coalizione tra il PCE e organizzazioni socialdemocratiche di sinistra per superare la profonda crisi del PCE post-carrillista degli anni ’80. Riuscì inizialmente a capitalizzare la spinta militante della campagna anti-NATO del 1980-1986, che malgrado la sconfitta finale è stata quella che molti hanno definito “l’ultima battaglia della transizione”, una battaglia in cui la sinistra rivoluzionaria (in particolare la LCR e il MC)) ha svolto un ruolo fondamentale, che però soltanto IU riuscì a capitalizzare politicamente ed elettoralmente. Non è la prima voltanella sua storia che il PCE riesca a raggruppare e a crescere in base a lotte e dinamiche unitarie di massa, nonostante il tardo e cattivo inserimento, senza svolgere alcun ruolo significativo di avanguardia: le dinamiche delle Alleanze Operaie (l’esperienza di fronte unico operaio più avanzata ai tempi della II Repubblica, in cui ebbero un ruolo centrale il comunismo critico del BOC di Maurin e della ICE di Nin, organizzazioni poi confluite nel POUM), che avrebbero condotto allo sciopero generale del 1934 e alla Rivoluzione delle Asturie, ebbero un risultato molto simile: capitolare al PCE a partire dal 1935.
Occorrerà attendere fino alla fase Anguita (gli anni ’90) perché IU riesca a diventare un punto di riferimento per la resistenza, la dignità e l’alternativa al sistema, l’internità al movimento no global, così come la Rifondazione Comunista di Fausto Bertinotti. Naturalmente, l’allineamento campista di Anguita con Milosevic ai tempi della guerra del Kosovo del ’99, il peso dell’apparato burocratico (come pure la mancanza di radicamento sociale e di spessore culturale del comunismo spagnolo rispetto a quello italiano) e la mancata traduzione pratica (in concrete iniziative politico-sociali) del resistenzialismo di IU portarono all’esaurirsi di quella fase.
Un altro fattore fondamentale della fine del periodo anguista fu la profonda incomprensione della questione nazionale nello Stato spagnolo: un elemento che imprime una dinamica centripeta e di perdita d’influenza in luoghi quali la Catalogna (rottura con ICV e scissione di Esquerra Unida y Alternativa [Sinistra unita e alternativa], il referente catalano di IU dal 1998, dovuta anche all’avvicinamento del gruppo dirigente dell’ICV alle impostazioni di Occhetto e D’Alema e alla corrente dei Verdi di Cohn-Bendit; attualmente, si tratta di un partito molto simile al SEL di Vendola: in Euskadi, nell’Aragona (dove ha perso la propria egemonia a sinistra del PSOE a vantaggio della CHA [Chunta Aragonesista], in Galizia, ecc…
L’arrivo di Gaspar Llamazares alla direzione di IU segna il passaggio da una fase di autosufficienza anguista, quella del cosiddetto “Sorpasso” – sentita da una parte crescente dell’elettorato come indifferenza di fronte alla possibilità che il PP arrivasse al potere (come è successo quando sconfisse il PSOE per la prima volta, nel 1996) – a una politica di subordinazione ai governi di Zapatero. Si tratta di una delle costanti della tradizione del PCE: i continui zig-zag autosufficienti, se non settari, rispetto al PSOE e poi politiche subalterne di gestione congiunta in minoranza.
Per quanto la svolta di Llamazares non ebbe le stesse conseguenze catastrofiche di quella di Bertinotti rispetto al governo Prodi bis, ha però avviato una trasformazione abbastanza irreversibile di IU, un’organizzazione che ha progressivamente smesso di essere un punto di riferimento per la resistenza e la lotta sociale, divenendo sempre più quello che è, un apparato burocratico di gestione del sistema. In questo quadro, si è dimostrata incapace di inserirsi e di costruire lealmente il movimento no global e i movimenti di massa contro il secondo governo di Aznar, dopo gli attentati di Madrid e la rivolta civica contro la manipolazione dell’informazione del PP, gli echi della Moncloa nel 2004
Il mandato di Llamazares ha conosciuto l’inserimento di Ezker Batua (IU in Euskadi) in un governo guidato dal PNV, la partecipazione di Esquerra Unida y Alternativa in due nefasti governi social-liberisti in Catalogna, una battaglia frazionista permanente con altre frange del PCE, ecc….
Il problema di fondo, tuttavia, è stato che IU è risultata incapace di condurre un’opposizione di sinistra ai governi di Zapatero che, pur conquistandosi in un primo momento una qualche legittimazione grazie al ritiro delle truppe dall’Irak e i matrimoni gay, ha mantenuto la totale continuità con le politiche economiche del PP di Aznar. Questo cumulo di aberrazioni spiega l’abbandono da parte di Spazio Alternativo [Espacio Alternativo, oggi Sinistra Anticapitalista [Izquierda Anticapitalista] della coalizione, dopo lunghi anni di battaglia controcorrente, nonché da parte di tanti altri raggruppamenti più o meno anticapitalisti.
La conclusione del periodo Llamazares e l’avvento di Cayo Lara nel coordinamento generale segna la volontà di pacificare le battaglie frazioniste e di recuperare un qualche protagonismo, soprattutto rispetto a Die Linke prima (giornate sulla rifondazione di IU), poi a Siriza. Naturalmente, le parole sono una cosa e i fatti un’altra. L’enorme passività di IU di fronte all’esplosione del 15M nel 2011, a mio avviso il più importante avvenimento politico dopo la transizione (il primo grande movimento di massa politico e spontaneo delle classi popolari, senza alcun ruolo importante di grandi apparati politici o sindacali) dimostra come i dibattiti sulla rifondazione siano più retorici che concreti.
Più ancora, nonostante vi sia stato un consistente recupero elettorale di IU, che presumibilmente crescerà alle elezioni europee del 25 maggio grazie alla deriva ultraliberista del PSOE, dopo che la Merkel e Obama dettarono nel 2010 a Zapatero come dovesse gestire la crisi – e grazie alla sua mancanza completa di opposizione al PP di Rajoy – non si è verificato un aumento della credibilità politica di IU come progetto politico e, ancor meno, come organica struttura di lotta e d’intervento. Conoscete molto bene in Italia dove vada a finire la retorica sul “partito di lotta e di governo” (si va al governo e si abbandona la lotta, per il semplice motivo che le lotte sono contro i governi) e quella sulla “guerra di posizioni” (che si risolve in posizioni senza guerra). Ovviamente, l’ingresso al governo con il PSOE in Andalusia e nelle Asturie scredita completamente le posizioni che IU a livello federale dichiara di tenere ferme contro le politiche dell’austerità, dal momento che quelle che stanno applicando sono politiche di tagli “dal volto umano”, che si stanno scontrando in quei territori con i settori più attivi e coscienti e con le masse di cittadini ostili all’austerità.
La totale mancanza di credibilità politica e determinate manovre opportuniste tra frange provenienti dal 15M, che intendevano privilegiare l’intervento politico elettorale, spiegano perché Sinistra Anticapitalista escluda qualsiasi accordo unitario con IU che vada al di là di iniziative di fronte unico sul terreno della resistenza sociale. Per questo abbiamo scelto di promuovere un’iniziativa con compagni provenienti da altre esperienze politiche (molti dei quali sono passati per IU, per movimenti autonomi, per moti civici, per le esperienze bolivariane in America Latina, ecc…), che ha preso il nome di Podemos (Possiamo), con la presunzione di trasformarsi nel 15M della politica, in un’ottica antiausterità radicale ed eminentemente anticapitalista, con un inserimento notevole nei settori più attivi delle ondate di proteste civili e con un impatto politico mediatico piuttosto considerevole.
La dinamica di Podemos sta raggruppando migliaia di attivisti e sta suscitando una dinamica molto forte, nella misura in cui corrisponde a una necessita e occupa uno spazio politico che per il momento mancava di una chiara rappresentanza. Adesso, la grande battaglia sarà quella di riuscire a strutturarsi democraticamente e a sviluppare un programma coerente di rottura.
Traduzione di Titti Pierini