Sciopero generale e convergenza per battere la finanziaria

Risoluzione della direzione nazionale di Sinistra Anticapitalista ★

Venerdì 28 si sciopera: è lo sciopero generale convocato da tutti i sindacati di base contro la finanziaria di guerra; è uno sciopero necessario ed importante, uno sciopero che la nostra organizzazione sostiene e a cui partecipa attivamente, così come sostiene e partecipa alla manifestazione nazionale del giorno dopo a Roma che insieme alle rivendicazioni economiche  e sociali riafferma i diritti del popolo palestinese alla vita e all’autodeterminazione contro le politiche genocidarie del governo sionista israeliano.

Lo sciopero arriva ad alcune settimane di distanza dalle grandi manifestazioni che si sono svolte in tutto il paese per la Palestina, e a pochi giorni di quelle dei movimenti femministi e transfemministi che hanno di nuovo riempito le piazze in tutte le città contro la violenza patriarcale sulle donne e sulle soggettività LGBTQIA+.

In questo positivo contesto di effervescenza sociale, di fronte a un governo che  combina le piena continuazione delle politiche di austerità liberiste del nuovo Patto di stabilità europeo, la partecipazione al vergognoso e folle riarmo militare della UE a scapito di quel che ancora rimane dello stato sociale, e l’attuazione di numerose scelte sociali, legislative, e repressive segnate da un pensiero reazionario  e dal ritorno alle peggiori inculture del passato che colpiscono le donne, i giovani, i settori più deboli, sarebbe stato non solo auspicabile, ma necessario uno sciopero che unisse tutte le forze sindacali che vogliono combattere l’offensiva governativa e padronale.

Sarebbe stata utile e necessaria la convergenza

Sarebbe stato necessario che lo spirito e le dinamiche apertesi con lo sciopero del 22 settembre e poi quello proclamato unitariamente dai sindacati di base e CGIL del 3 ottobre, fossero state confermate da una nuova mobilitazione unitaria. Questa avrebbe permesso una credibilità e una partecipazione maggiore anche perché sarebbero apparse logica continuazione della grandi e belle piazze delle settimane scorse,  evidenziando agli occhi di tutte le lavoratrici e tutti lavoratori, delle/dei giovani, delle/dei tante/i precarie e disoccupate/i la necessaria continuità politica da costruire  tra il rigetto etico del genocidio palestinese e della guerra e la battaglia contro la corsa al riarmo e le politiche economiche che lo finanziano sulla pelle delle classi lavoratrici, degli sfruttate/i e degli oppresse/i.

E’ ben noto che la CGIL chiama allo sciopero generale solo il 12 dicembre, tanto tardi, quando già il 28 appare tardivo rispetto ai tempi della discussione parlamentare della finanziaria. La sinistra interna alla CGIL, le Radici del sindacato, sì è battuta a fondo, purtroppo senza essere ascoltata, perché la Confederazione scegliesse e confluisse nella data del 28.

Va da se che sosterremo e parteciperemo anche a questo sciopero. Ma sarebbe servita una diversa opzione sia da parte delle organizzazioni sindacali di base, assai attratte dal poter fare, per prime e da sole, lo sciopero e poi del gruppo dirigente CGIL, dominato dalle logiche burocratiche dell’apparato.

Noi pensiamo che tutti questi soggetti dovrebbero avere la consapevolezza che se si vuole mettere seriamente in difficoltà il governo e farlo arretrare nei suo propositi serve la massima convergenza di tutti i movimenti sociali, delle forze sindacali di classe e delle forze di sinistra che vogliono effettivamente costruire una opposizione efficace a un governo che punta a una resa dei conti con il “movimento operaio” in quanto tale come è da sempre  il compito e l’obiettivo delle forze fasciste  e dell’estrema destra, per altro sempre più sostenute da settori importanti della classe borghese.

La legge finanziaria è una truffa: lavoratrici/tori impoverite/i per finanziare padroni e riarmo

Le ragioni per scioperare sono dunque tante, a partire dalla questione salariale. I salari sono stati taglieggiati nel corso degli anni a causa di aumenti contrattuali irrisori e di un implacabile fiscal drag (il mancato adeguamento dell’IRPEF all’inflazione) che ha messo a terra stipendi e pensioni e che fa dell’Italia con la Grecia gli unici due paesi europei in cui negli ultimi 20 sia diminuito il reddito procapite delle famiglie.

Il rinnovo dei contratti di lavoro nei settori pubblici, compresa la scuola, firmati solo dalla CISL e dall’Uil, sono una vera e propria presa in giro perché sanciscono la diminuzione degli stipendi per effetto dell’inflazione (vedi intervento di Locantore).

Per quarto riguarda il contratto dei i metalmeccanici, siglato pochi giorni fa da Fiom Fim Uilm ed ora sottoposto al giudizio delle lavoratrici e dei lavoratrici appare contradditorio  se comparato alle 40 ore di sciopero dispiegate. Per un giudizio preciso ed articolato si rimanda al testo di Eliana Como. Quel che appare è che per riuscire a condurre una adeguata contrattazione diventa indispensabile andare alla radice del problema, cioè rimettere in discussione il Patto della Fabbrica siglato nel dicembre del 2018 dalle Confederazioni sindacali con la Confindustria.

Nello stesso tempo continua a crescere la povertà, quasi 6 milioni di persone in condizione di povertà assoluta (tante bambine e bambini) e un aumento senza precedenti del lavoro povero; si parla di un lavoratore su 10 che rischia di cadere in questa condizione.

Poi ci sono gli effetti delle ristrutturazioni e delle delocalizzazioni industriali che rischiano di distruggere molte decine di migliaia di posti di lavoro e una serie di crisi industriali, a partire da quella di Taranto, che sembra indicare un futuro privo di interventi pubblici. Ed infatti nella legge finanziaria alla voce “investimenti” c’è un zero.

La finanziaria significa ulteriori tagli a tutti i caposaldi dello stato sociale: in primo luogo la sanità pubblica, sempre più cenerentola,  con un finanziamento a distanza siderale dalle  risorse necessarie per rilanciarla adeguatamente; ed infatti si favorisce sempre più il privato. Stesso discorso si può fare per l’istruzione e la cultura.

La scuola è un elemento particolarmente delicato avendo di fronte un governo e un ministro che vogliono trasformarla sempre più in un’azienda o peggio ancora in una caserma, segnata dall’autoritarismo, da una concezione del mondo reazionaria e dall’indottrinamento nazionalista al riarmo e alle guerre. Dobbiamo battere costoro che di fronte al dissenso e alle mobilitazioni sociali reagiscono con la repressione e la violenza.

E così vale per i trasporti e più in generale per l’assistenza sociale che vedremo sempre più colpita quando si darà concreta attuazione alle misure della finanziaria.

Il 28 novembre e poi il 12 dicembre mobilitiamoci

Contro le scelte di spendere soldi per missili e cannoni invece che per il benessere della popolazione.

Per aumenti salariali che permettano di vivere decentemente non solo recuperando tutta l’inflazione, ma anche l’aumento della produttività che è andata solo a vantaggio dei padroni. E’ tempo di riaprire la lotta per una nuova scala mobile dei salari.

Per aumentare le pensioni e per mettere veramente in discussione la “famigerata riforma Fornero”.

Per una organica riforma fiscale, progressiva che preservi i redditi di chi lavora e faccia pagare i ricchi, compresa una patrimoniale sulle grandi fortune e ricchezze.

Per ridurre l’orario di lavoro a parità di salario per garantire l’occupazione, per abolire le leggi che alimentano la precarietà.

Per massicci investimenti pubblici per sanità, trasporti, istruzione e la ricerca; per l’edilizia popolare, perché in tante città il diritto all’abitazione è messo in discussione dai costi degli affitti e delle case.

Per garantire i diritti delle donne e alla loro autodeterminazione.

Si impone non solo che le spese militari non debbano aumentare, ma che siano diminuite. Qualcuno parla di trasformare alcuni stabilimenti in fabbriche militari. E’ esattamente il contrario che occorre fare. Ma non solo: occorre operare una riconversione industriale ecologica come indica il Collettivo di fabbrica della ex GKN.

Chiediamo che il nostro paese sia un soggetto attivo per costruire un sistema di pace, a partire dal blocco del commercio delle armi di cui il nostro paese è uno dei principali protagonisti.

Più che mai ci battiamo per i diritti dei popoli, per i diritti alla loro libertà ed autodeterminazione. Questo vale in primo luogo per il martoriato popolo palestinese, ancora sempre colpito dalla violenza del governo sionista, ma ci battiamo anche per il cessate il fuoco nella guerra in Ucraina, la fine dell’invasione russa, per il diritto all’autodeterminazione del popolo ucraino e di tutti gli altri popoli che compongono quella parte dell’Europa.

Nella manifestazione nazionale del sabato la nostra organizzazione sarà parte dello “Spezzone della Convergenza contro i Re e le loro guerre”, animato dalle Reti (Stop Riarm Europe – Italia, Rete NO DDL Sicurezza, Global Movement to Gaza – Italia, Nobavaglio – liberi di essere informati,  Collettivo di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze), a cui invitiamo tutte e tutti a partecipare.

E ci piace però riprendere quanto hanno scritto le nostre compagne di “Donne di classe”:

“Scendiamo in piazza per l’autodeterminazione delle donne e delle persone LGBTQIA+, dei popoli, per la giustizia sociale, per la giustizia climatica, contro ogni riarmo, guerre, genocidi, sfruttamento, imperialismi vecchi e nuovi, colonialismi e discriminazioni razziste e omolesbotransfobiche”.