Solo una mobilitazione permanente e di massa può fermare l’orrore a Gaza

Gli scioperi del 19 (Cgil) e del 22 settembre (Usb e sindacalismo di base) sono un primo momento di agitazione per ricomporre l’umanitario e il politico. Certo, la stragrande maggioranza di chi si mobilita per Gaza avrebbe preferito una convergenza e una costruzione corale dello sciopero. Sinistra Anticapitalista contribuirà a sostenerli entrambi così come è partecipe alle vertenze locali per rompere i rapporti istituzionali, affaristici e accademici con Israele. Ma la costruzione dello sciopero generale, di massa e generalizzato, non è più procrastinabile (la direzione nazionale di Sinistra★Anticapitalista)

Sinistra Anticapitalista – organizzazione, circoli e militanti – è solidale con la popolazione palestinese e si impegna a sostenere la sua lotta per la liberazione dall’oppressione coloniale.

Con l’invasione di terra a Gaza e l’occupazione ulteriore di altri pezzi di Cisgiordania, l’operazione genocidiaria dello Stato di Israele è cresciuta di ferocia ed esplicita sempre di più i suoi scopi anche grazie alla complicità attiva di altri governi occidentali, Usa e Italia in prima fila. I dossier di istituzioni come il Tribunale penale internazionale e l’Onu, grazie alla relatrice speciale Francesca Albanese, hanno smantellato ogni retorica sulla moralità e sulla democraticità dello stato sionista e rivelato la strumentalità delle accuse di antisemitismo contro chiunque osi denunciare le politiche coloniali, genocidiarie e di apartheid che guidano la condotta di Tel Aviv.

L’opinione pubblica, anche quella italiana, è in gran parte consapevole di quello che sta accadendo a Gaza e, quando ne ha la possibilità è disponibile a mobilitarsi in progetti ed eventi in solidarietà con la popolazione ridotta allo stremo da due anni di guerra unidirezionale e di violazioni del diritto internazionale.

Ma se l’attacco frontale è quello nei confronti della popolazione civile inerme di Gaza e della Cisgiordania, un altro fronte è quello aperto dalle grandi potenze contro le agenzie che dovrebbero occuparsi di far rispettare il diritto internazionale. La loro impotenza era già palese di fronte all’invasione russa in Ucraina e la loro debolezza strutturale è oggi funzionale ai piani di riarmo occidentali e non solo. Il riarmo è la chiave di volta di questa fase del capitalismo predatorio.

Di fronte a questo è necessario che il piano umanitario e quello politico siano sempre più connessi: la solidarietà con il popolo palestinese è un tassello della solidarietà internazionalista dei lavoratori con e per i lavoratori. Quella solidarietà, che si sta esprimendo nella costruzione e nell’adesione a una molteplicità di iniziative dal basso (prima fra tutte la Global Sumud Flottilla), deve essere anche un punto nella vertenza generale contro i governi liberisti e autoritari.

Gli scioperi del 19 (Cgil) e del 22 settembre (Usb e sindacalismo di base) sono un primo momento di agitazione per ricomporre l’umanitario e il politico. Certo, la stragrande maggioranza di chi si mobilita per Gaza avrebbe preferito una convergenza e una costruzione corale dello sciopero. Sinistra Anticapitalista contribuirà a sostenerli entrambi così come è partecipe alle vertenze locali per rompere i rapporti istituzionali, affaristici e accademici con Israele. Ma la costruzione dello sciopero generale, di massa e generalizzato, non è più procrastinabile.

Bloccare tutto deve essere il risultato della costruzione di una consapevolezza diffusa che fermare il genocidio e liberare i e le palestinesi riguarda tutti e tutte noi.

(le foto sono di Massimo Lauria)