«Metalmeccanici contro il sogno del padronato: sgretolare il contratto nazionale»
Un primo bilancio degli scioperi. Intervista ad Eliana Como, portavoce dell’area alternativa in Cgil “Le radici del sindacato” e componente del Comitato Centrale della Fiom
Si è conclusa la prima tornata di scioperi (da dicembre a metà gennaio) per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Abbiamo così intervistato Eliana Como, portavoce dell’area alternativa in Cgil “Le radici del sindacato” e componente del Comitato Centrale della Fiom, con l’obiettivo di fare un primo bilancio per cogliere la posta in gioco e la sua portata in vista delle prossime mobilitazioni.
Qual è il significato degli scioperi?
Eiana Como: Innanzitutto gli scioperi, per ora unitari, sono a seguito della rottura coi sindacati di novembre dopo il no secco di Federmeccanica alle richieste di aumento di 280€. Per Federmeccanica qualsiasi ipotesi di aumento deve essere legata all’andamento dell’inflazione. Per capirci, non vogliono dare un euro in più dell’Ipca (indice che misura l’inflazione) e peraltro depurata dagli aumenti dell’energia. Vorrebbero peggiorare anche la clausola di salvaguardia, posticipando l’aumento dei minimi contrattuali di altri 6 mesi. Il precariato è l’altro terreno di scontro: non c’è alcuna disponibilità delle associazioni datoriali a regolamentare l’utilizzo dei contratti precari attraverso la contrattazione nazionale. Nessuna disponibilità neanche sulla richiesta di avviare una fase di sperimentazione per la riduzione dell’orario di lavoro. Insomma, per Federmeccanica è no su tutto!
Lo sciopero, d’altro canto, avviene in un contesto difficile se non drammatico per le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici?
E: Lo sciopero avviene in una situazione difficile e in certi casi drammatica che vede molti metalmeccanici in cassaintegrazione per la crisi che sta attraversando soprattutto il settore manifatturiero e l’automotive. Gli scioperi sono avvenuti, quindi, in una situazione di forte rallentamento della produzione. Ciononostante, la reazione dei lavoratori è stata importante. Nelle imprese che stanno lavorando, anche il blocco dello straordinario si fa sentire, eccome.
Scontiamo anche un altro problema: una fetta importante di metalmeccanici non è parte della trattativa, nel momento in cui Stellantis è fuori da Federmeccanica. Su questo ci sono pesanti responsabilità anche di Fim e Uilm, che sono sedute accanto a noi al tavolo per il rinnovo del contratto nazionale, ma in Stellantis sono firmatarie del contratto che di fatto consente all’azienda di star fuori da Federmeccanica.
Sulla trattativa nazionale pesano anche le responsabilità delle scelte del passato. Non si può, certo, nascondere che anche la Fiom, insieme alla Fim e alla Uilm, accettò nel 2016 l’indice IPCA. Quest’ultimo, non tiene conto dell’inflazione effettiva, e non rileva i costi energetici. In realtà, non si è mai recuperato quanto perso, nemmeno nei metalmeccanici che pure, grazie alla clausola di salvaguardia hanno preso aumenti superiori a molte altre categorie. Così si spiega la caduta dei salari e l’aumento dei profitti. Di questo le lavoratrici e i lavoratori sono ben coscienti. L’inflazione non recuperata è notevole, così come è accresciuta negli ultimi tre anni la perdita del potere di acquisto. Nel frattempo, la quota della ricchezza prodotto dai lavoratori è andata in gran parte al padronato, i cui profitti sono accresciuti notevolmente nell’ultimo anno.
Per ora l’unità Fiom, Fim e Uilm tiene?
E: Si per ora tiene, cosa che non è così scontata. Nel settore pubblico la trattava delle funzioni centrali si è conclusa con una rottura tra Governo, Aran e i sindacati CGIL e UIL. Anche per questo la mobilitazione dei metalmeccanici è fondamentale. Ma tutta in salita. Federmeccanica ha già “minacciato” che è pronta a dare l’aumento automatico previsto a giugno sulla base dell’IPCA. Questo significherebbe perdere un anno intero. Per questo, la Fiom ha deciso nell’ultimo Comitato Centrale che la mobilitazione va avanti. Non possiamo fermarci e nelle prossime settimane si decideranno altre iniziative di sciopero. Se Federmeccanica non vuole rinnovare il contratto, dobbiamo convincerla noi con la lotta.
Qual è la posta in gioco?
E: Il sogno del padronato, che si sta rilevando un vero e proprio progetto è quello di rompere con il contratto nazionale per far valere non solo il peso del contratto aziendale, per approdare infine al contratto individuale. Questa è la vera posta in gioco. Il rischio è grosso per cui è senza dubbio importante non mollare sul contratto nazionale, consapevoli che occorre però rilanciare un nuovo modello contrattuale di tutto il mondo del lavoro.
Per ora la maggioranza del gruppo dirigente della Cgil ha tirato a campare, a fare quel che riteneva al momento possibile fare. Non basta più. la Cgil dovrebbe per lo meno fare autocritica ragionando sulle ragioni della perdita del potere d’acquisto. Così come dovremmo farla noi al nostro interno, nella Fiom, almeno a partire dal 2016, quello da 1,50€ di aumento, che poi aprì la strada affinché gli aumenti legati all’inflazione in tutta l’industria. A questo proposito, ci vorrebbe una discussione più ampia che oggi manca. Occorre, dunque, puntare e lavorare sui rapporti di forza. Si deve fare questo, sapendo che il contesto non è facilissimo e che in questi anni, siccome il contratto dei metalmeccanici nel 2016 e nel 2021 non ha portato soldi, le grandi imprese sono andate avanti con la contrattazione aziendale che risulta più avanti rispetto alle condizioni del contratto nazionale. A volte, persino la contrattazione individuale. Negli ultimi dieci anni, infatti, nelle grandi fabbriche, laddove i padroni avevano ottenuti lauti profitti, davano più soldi non solo nel contratto aziendale, spesso sotto forma di welfare così come previsto dal contratto del 2016, ma anche individualmente come super minimi individuali, quindi al di fuori anche della contrattazione aziendale. Molti lavoratori sono stati, quindi, neutralizzati in questo modo, sia grazie al contratto aziendale ma soprattutto a livello individuale.
Quale potrebbe un modo di rilanciare la questione salariale?
E: Bisogna ripensare il modello contrattuale, quello del Patto della Fabbrica non funziona. E poi, a mio avviso occorre riportare al centro la battaglia per il salario minimo, soprattutto per i settori più poveri, in particolare nei servizi. È vero che non avrebbe una ricaduta immediata sul tavolo dei metalmeccanici, ma inizierebbe ad essere un’idea di approccio al tema salariale. Sono, infatti, trent’anni che i salari perdono il loro potere d’acquisto, la precarietà aumenta così come diminuisce il tasso di occupazione delle donne. Nel frattempo, il governo ha tolto il “reddito di cittadinanza”. Ovviamente, non si può pensare che i metalmeccanici risolvano da soli al tavolo delle trattative la questione salariale, ma questo può essere un’occasione di rilancio nel momento in cui la stagione dei rinnovi contrattuali è entrata nel vivo.