Un movimento di massa per bloccare il ddl sicurezza
di Checchino Antonini
L’opposizione al ddl Sicurezza si materializzerà di nuovo in decine di piazze il 17 gennaio: “100mila luci contro il buio del regime”, la forma sarà quella dell’assedio, con una fiaccolata, ai luoghi che rappresentano il governo. Nella capitale si proverà a manifestare più vicino possibile al Senato, dove il ddl è in discussione, altrove l’appuntamento sarà davanti alle prefetture. Tuttavia a Roma e nelle altre città potrebbero esserci restrizioni in nome della strategia della tensione che il governo sta mettendo in atto soprattutto per dirottare la pubblica opinione dall’omicidio di Ramy. I promotori della manifestazione, la Rete Nazionale No Ddl Sicurezza – “A Pieno Regime” invita tutte le forze politiche alla costruzione di cordoni di difesa e tutela di chi manifesta, già a partire da questa data. «Laddove le questure negheranno permessi e agibilità lo annunciamo fin da subito che disobbediremo a qualsiasi divieto».
L’indizione giunge al termine della seconda assemblea nazionale della rete che si è tenuta a Roma domenica 12 febbraio, a quasi un mese dal corteo nazionale del 14 dicembre che ha visto alcune decine di migliaia di persone riempire Piazza del Popolo.
Si tratta di uno spazio politico vasto, abbastanza eterogeneo, che raccoglie l’area dei centri sociali, quella della Cgil e di buona parte della sinistra politica e sociale (Si, Prc, Arci, Adl Cobas, reti studentesche, transfemministe, soggettività antiproibizioniste) che sembra capace sia di un livello di interlocuzione con le opposizioni parlamentari sia della consapevolezza delle potenzialità di questa battaglia contro la repressione per coagulare un’opposizione sociale all’altezza della situazione.
«Se la piazza del 14 dicembre ha mostrato la capacità di questo percorso in termini di mobilitazione di massa – si legge nel dispositivo finale – questa due giorni ci restituisce il fatto che quella giornata ci ha consegnato una responsabilità collettiva, quella di essere l’opposizione sociale a questo governo. Bisogna rivendicarlo con chiarezza: se i tempi di approvazione del DDL si sono dilatati è stato perché abbiamo messo centomila granelli di sabbia in un ingranaggio reazionario che fino a pochi mesi fa sembrava perfetto, è stato perché nei mesi precedenti c’è stata un’attivazione territoriale che ha consentito un continuo accumulo.
Se il 14 dicembre è stato uno spartiacque, lo è stato soprattutto in termini di possibilità: è stato aperto uno spazio concreto che ribalta la narrazione dominante, ossia che l’attacco alla democrazia, ai diritti, alla libertà sia un passaggio storico ineluttabile. La forza di questo percorso ci consegna – in realtà – la consapevolezza che nel nostro Paese ci troviamo di fronte a un governo che è uno dei principali interpreti a livello internazionale del superamento in termini autoritari dello Stato di diritto, ma allo stesso tempo è un esempio di come il potere si regga su dinamiche fragili, talvolta ingovernabili. E noi dobbiamo essere in grado di sedimentare e organizzare proprio questa ingovernabilità, a partire dai territori, dai luoghi di lavoro e della formazione, dai tanti presidi di lotta che costellano il Paese».
Tra i punti qualificanti c’è senz’altro l’internità al percorso delle reti di giuristi democratici che negli anni hanno sedimentato analisi puntuali di come si riarticolano i dispositivi della repressione al tempo del neoliberismo e della guerra globale. Questa relazione si riflette nell’agenda della rete che il 3, 4 e 5 febbraio parteciperà a una carovana a Bruxelles dove promuoverà un evento pubblico e una conferenza stampa dentro il Parlamento Europeo per portare la discussione ad un livello superiore: il pericolo di una nuova Ungheria in Europa.
Nel week-end di metà febbraio (14-15) è in programma una scadenza in tutti i territori del Paese che avrà, tra i diversi temi, anche quello di contrastare le “zone rosse” di Piantedosi.
Il 15 e 16 marzo la rete sarà presente all’assemblea transnazionale del Network Against Migrant Detention. Il 28, 29, 29 marzo la rete attraverserà l’assemblea europea Reset-Rete per lo sciopero sociale eco-trasfemminista.
Oltre, ovviamente, ad altre manifestazioni da convocare a ridosso dell’approvazione della legge o degli ulteriori passaggi parlamentari. «Quella giornata non sarà solo un punto di arrivo, ma anche il punto di partenza di un percorso che – qualora il Ddl venisse approvato – ha un obiettivo comune e preciso: continuare a fare disobbedienza, scioperi, occupazioni di case, blocchi delle grandi opere e iniziare ad immaginare insieme un nuovo percorso per la democrazia», si legge ancora nel documento.
Il DDL sicurezza, è stato sottolineato, è il «manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra, ribaltarlo significa creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro».
L’assemblea, con decine di interventi, ha fatto emergere la necessità di «sedimentare, allargare, continuare a convergere».
Per questo, secondo Sinistra Anticapitalista, è necessario non solo intercettare percorsi di lotta contro le leggi di questo governo – dal DDL Bernini al DDL Valditara fino alla stagione referendaria che si aprirà in primavera – ma anche trovare un terreno comune con altre reti, da Liberi di lottare alla galassia di sigle scaturite da Usb e PAP, che oggi sembrano ancora distanti dall’idea che una battaglia difensiva come quella contro il ddl “paura” abbia bisogno non solo di convergenza ma anche linguaggi capaci di disarticolare, piuttosto che alimentare, la retorica e il senso comune fondativi della narrativa su cui si regge il governo.
I nostri circoli parteciperanno alle manifestazioni disseminate nelle città e ai percorsi di dibattito e azioni che le prepareranno proprio con questo appello all’unità d’azione, al fronte comune, perché si riapra una stagione intensa di conflitto sociale capace di rovesciare il governo e indicare un’alternativa totalmente estranea alle logiche dell’alternanza perché proprio nell’alternanza (da Berlusconi a Monti, da Renzi a Gentiloni, da Minniti a Salvini, da Draghi a Conte) è cresciuta la criminalizzazione di movimenti e stili di vita contro cui stiamo lottando ora. Per questo esprimiamo un certo grado di scetticismo di fronte alla fiducia espressa da alcuni settori della rete nei confronti della “disobbedienza” al ddl da parte di amministratori espressi da quell’area politica che spesso abbiamo indicato come “sinistra ornamentale”.