Dipendenti pubblici, il referendum che interessa tutte/i
Il 6 dicembre alcune sigle sindacali del pubblico impiego hanno firmato con il governo (tramite l’ARAN, l’agenzia governativa incaricata delle trattative sui contratti collettivi) il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto delle “funzioni centrali” della pubblica amministrazione. E’ stato firmato solamente dalla Federazione della Cisl del settore e dai sindacati autonomi Confsal e Confintesa, che, secondo le regole per la rappresentatività, stabilite dagli accordi quadro, assommerebbero a circa il 53% di rappresentanza dei dipendenti pubblici, dunque appena necessari a raggiungere quel 50 più 1 che rappresenterebbe la maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori interessati [Fabrizio Burattini]
L’accordo sottoscritto, con gravissimo ritardo, copre in extremis un triennio che si conclude tra pochi giorni, quello 2022-24, un triennio che comunque ha registrato un’inflazione che non si vedeva da decenni e che ha pesantemente tagliato il potere d’acquisto dei salari. Le lavoratrici e i lavoratori dunque, in mancanza di altri strumenti per la rivalutazione delle retribuzioni, attendevano un aumento degli stipendi capace perlomeno di recuperare quanto perduto in questi anni. I firmatari del CCNL, al contrario, hanno accettato di sottoscrivere una perdita secca di circa il 10% del potere d’acquisto delle retribuzioni, certamente non bilanciato da qualche contropartita del tutto simbolica e senza costi per l’amministrazione, come la possibilità di articolare la settimana lavorativa su 4 giorni o qualche ora in più all’anno per esigenze sanitarie.
Le “funzioni centrali” (gli impiegati dei ministeri, delle agenzie governative, degli organi costituzionali, e di numerosi istituti statali, come l’INPS o l’Inail) rappresentano il più piccolo dei comparti del pubblico impiego, con circa 190.000 lavoratori impegnati. Ma questo contratto ha un’importanza straordinaria per numerose ragioni che ne travalicano la comunque non irrilevante dimensione di applicazione.
Si tratta del primo CCNL sottoscritto tra tutti quelli ampiamente scaduti e, dunque, la sua struttura fungerà da punto di riferimento, da “modello” per i contratti in discussione negli altri comparti in cui si articola il pubblico impiego (enti locali, scuole-università e ricerca, sanità). Sarà difficile strappare in questi altri settori accordi salariali che si discostino in maniera significativa da quanto concordato per le “funzioni centrali”, per di più in presenza di un fronte sindacale filogovernativo (Cisl e sindacati autonomi) forte anche negli altri comparti e dunque pronto ad accettare senza fiatare quel che il governo propone.
Ma la vicenda del CCNL Funzioni centrali registra anche un’altra novità: l’inedito fronte dei sindacati “non firmatari”, costituito dalle federazioni di settore della Cgil e della Uil, ma anche dal sindacato di base USB, che, avendo in questo comparto una rappresentanza superiore a quella minima del 5%, ha partecipato a pieno diritto alla contrattazione e dunque risulta anche formalmente tra i “non firmatari”. E la novità non finisce qui. Cgil e Uil hanno scelto di organizzare congiuntamente a USB un referendum tra le dipendenti e i dipendenti interessati che si svolge proprio in questi giorni (16-21 dicembre) attraverso la piattaforma web votofc.org.

Il sottoporre un accordo nazionale al voto di tutte e tutti gli interessati non è mai stata una scelta facile per le organizzazioni confederali (fatta salva la encomiabile eccezione praticata dalla Fiom Cgil per una quindicina di anni a cavallo del secolo) e, peraltro, l’inveterata consuetudine della “firma facile” che negli ultimi anni ha coinvolto sia la Cgil di Landini sia le altre due sigle confederali aveva quasi fatto dimenticare lo strumento del referendum.
Ma c’è anche un’altra novità, perché è la prima volta che organizzazioni confederali nazionali (FP Cgil e UilPA) concordano e coorganizzano con una sigla del sindacalismo di base un’iniziativa di questa ampiezza, dopo decenni di ostracismo e di criminalizzazione. Ma la durezza delle scelte sociali del governo di estrema destra e l’esiguo margine di rappresentatività delle sigle firmatarie ha evidentemente convinto tutti a praticare la più ampia unità.
Ovviamente, invitiamo tutte le lettrici e tutti i lettori che risultassero tra i lavoratori delle funzioni centrali a partecipare al referendum andando sul sito votofc.org e a votare No al contratto e a invitare anche le proprie colleghe e colleghi a fare altrettanto. In quel voto risiede buona parte dei diritti salariali e sindacali non solo dei lavoratori delle Funzioni centrali e di tutto il pubblico impiego. Il “modello” sottoscritto dalla Cisl e dal governo (6% di aumento a fronte del 17% di perdita del potere d’acquisto) rischia pesantemente di tracciare la strada persino dei contratti privati.