La crisi dell’auto e il “licenziamento” di Tavares

Dall’inizio del 2024, la Fiat perde il 16,8%, e il primato nel mercato nazionale, sorpassata da Toyota e Volkswagen, anche se sembra che all’interno di Stellantis, quello Fiat resta il marchio più venduto del gruppo nel mondo ma questo non risparmia i lavoratori degli stabilimenti italiani, una crisi che coinvolge le vite e le prospettive di centinaia di migliaia di salariati, in Italia e nel mondo: 242.000 dipendenti diretti, senza contare tutti i lavoratori delle aziende dell’indotto. Questo il quadro dentro cui comprendere l’addio di Tavares [Fabrizio Burattini]

La stampa italiana è ormai piena di articoli sulla grande crisi del settore automotive, che poi, per l’Italia, sostanzialmente significa la crisi di mercato della Stellantis per le auto con il vecchio marchio Fiat, che rallentano le vendite da diversi mesi, con un ritmo persino maggiore di quello che sta colpendo tutto il mercato, anche a causa di una gamma di modelli inadeguati alla situazione. Il marchio italiano del gruppo Stellantis ha visto le sue vendite diminuire del 46% su base annua nell’Unione Europea e scendere al 2% della quota di mercato. Dall’inizio del 2024, in un mercato europeo lento, la Fiat perde il 16,8%, con sole 257.000 auto vendute. E ha anche perso il primato nel mercato nazionale, sorpassato da Toyota e Volkswagen, anche se sembra che all’interno di Stellantis, quello Fiat resta il marchio più venduto del gruppo nel mondo, con forti posizioni in America Latina e in Turchia.

Ma questo non risparmia i lavoratori degli stabilimenti italiani, a MIrafiori, a Pomigliano, a Termoli, a Melfi, nei quali imperversano ormai da tempo lunghi periodi di cassa integrazione, per il generalizzato calo delle ordinazioni. Nei primi tre trimestri del 2024, le macchine Fiat prodotte in Italia sono state 387.600, il 31,7% in meno dell’anno precedente. Anche questo è stato al centro delle più recenti mobilitazioni sindacali, come lo sciopero dei metalmeccanici del 18 ottobre e, più recentemente, quello generale intercategoriale del 29 novembre.

Ma il problema non riguarda solo Fiat né solo il gruppo Stellantis. La crisi dell’auto, che era stato il settore trainante del boom economico postbellico, oggi costituisce la testimonianza più evidente della pessima situazione in cui l’economia capitalistica si dibatte, in particolare dopo la recessione del 2008, aggravata dalle conseguenze della pandemia, dalle restrizioni al commercio internazionale e dalle incertezze e dalle problematiche specifiche legate alla “transizione verde”. E’ nota ed è proprio in questi giorni sulle prime pagine la crisi analoga in cui si dibatte il marchio Volkswagen, il secondo nella classifica mondiale dopo la giapponese Toyota.

In questo contesto, piomba il licenziamento (camuffato in qualche modo da una lettera di dimissioni) dell’amministratore delegato di Stellantis, Carlo Tavares, licenziamento immediato senza preavviso, ma con un compenso oltremodo generoso (circa 100 milioni di euro, almeno secondo il Corriere della Sera. Com’è consuetudine, le multinazionali capitalistiche, nella loro psicopatologia, licenziano i propri mercenari con premi astronomici: la sua buonuscita equivale al salario annuo di poco meno di 4.000 operai. E li licenziandoli li premiano per le mega-ristrutturazioni effettuate, i tagli di posti di lavoro, le riduzione dei salari e peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti.

Tavares, dopo aver promesso, solo pochi mesi fa, di aumentare in Italia la produzione fino a un milione di unità entro il 2030, oggi ammette che nel 2024 i profitti di Stellantis saranno inferiori alle previsioni e all’anno precedente. Ma Tavares, come abbiamo detto, era solo il mercenario scelto dai proprietari di Stellantis, dopo la fusione tra Fiat e PSA, cioè dalle famiglie Agnelli-Elkan e Peugeot, che hanno messo insieme i loro capitali per diventare gli azionisti di riferimento del nuovo gruppo.

Nel mondo capitalista, i mercenari eseguono ma i proprietari, gli azionisti decidono, in base al principio cardine della società: la proprietà privata dei mezzi di produzione. E’ quello che accade peraltro nella grande rivale di Stellantis, la Volkswagen, che è di proprietà della famiglia Porsche. Famiglie si tramandano di generazione in generazione il privilegio di arricchirsi con i dividendi estorti ai dipendenti, con il sostegno dei governi dei “loro” paesi. Non a caso, l’erede degli Agnelli, John Elkann, subito dopo il licenziamento di Tavares, si è intrattenuto con Giorgia Meloni e poi, in un videomessaggio, si è graziosamente rivolto ai dipendenti, facendo il punto della situazione:

“Sono stati giorni difficili, con Carlos abbiamo percorso tanta strada e abbiamo ottenuto risultati importanti. Gli sarò sempre grato per il ruolo che ha avuto nella creazione di Stellantis… Tuttavia, è giunto il momento di separare le nostre strade… Sono tempi duri per il nostro settore. Li abbiamo già affrontati in passato e li abbiamo sempre indirizzati a nostro vantaggio. Insieme, lo faremo di nuovo… Desidero ringraziarvi per il vostro straordinario lavoro, la vostra passione e il vostro impegno. Avremo bisogno di tutto questo e di molto altro ancora man mano che andremo avanti. Lo spirito di Stellantis è unico, ci ha portato a tanti successi e ci riserverà molte nuove vittorie. Per noi e per i milioni di nostri clienti in tutto il mondo, che amano i nostri fantastici prodotti e i nostri meravigliosi marchi”.

Evidentemente, tanta ipocrisia non merita commenti. Né ci commuovono le pelose e demagogiche prese di posizione dei politici istituzionali come il vicepremier Matteo Salvini, che “da italiano” si sente offeso dagli eventi, e che non perde tempo per richiedere a Bruxelles di abbandonare le politiche “green”.

Ma la crisi di cui parliamo è una crisi che coinvolge le vite e le prospettive di centinaia di migliaia di salariati, in Italia e nel mondo: 242.000 dipendenti diretti, senza contare tutti i lavoratori delle aziende dell’indotto.