Sgretolare il capitalismo, non le Apuane

Dal no alla devastazione delle Alpi Apuane al movimento contro l’estrattivismo, per la costruzione di una prospettiva ecosocialista [Un contributo del circolo di Sinistra Anticapitalista Massa-Carrara]

Dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, nell’area apuana delle province di Massa-Carrara e di Lucca, è attivo un movimento per la tutela delle Alpi Apuane che con vicende alterne, tra inabissamenti e riemersioni carsiche, quasi un riflesso delle montagne che si propone di tutelare, ha assunto lentamente, ma progressivamente, consapevolezza della necessità di una prospettiva che deve coniugare l’attivismo per la tutela della natura all’impegno contro l’estrattivismo, cioè quella forma di dominio che le imprese capitalistiche del marmo, del carbonato di calcio e degli inerti esercitano sul territorio, sui suoi ecosistemi, sui giacimenti e sulla società di questi territori.
L’interesse naturalistico e paesaggistico delle Alpi Apuane e la notorietà del marmo di Carrara fanno sì che le mobilitazioni e le campagne d’informazione spesso arrivino ad influenzare settori di opinione pubblica che vanno ben oltre il livello locale, arrivando talvolta ad avere spazio anche su organi d’informazione a livello nazionale.
E’ stato soprattutto nel corso del 2023, anche se le cose stavano maturando da più di una decina di anni, che in alcuni settori del movimento si è palesata con più forza la necessità di cominciare a rivolgersi ai settori più impegnati nel contrasto delle minacce sociali, per cercare di superare insieme la falsa opposizione capitalista tra sociale, difesa dell’occupazione e tutela ambientale o, almeno, di trovare significativi punti di convergenza nel contrastare l’offensiva estrattivista in pieno sviluppo.
Nei convegni e nelle mobilitazioni dell’autunno scorso (due importanti convegni e una manifestazione con migliaia di partecipanti) questa maturazione si è tradotta nel passaggio o, meglio, nell’arricchimento della parola d’ordine “no alla devastazione” con quella di “no all’estrattivismo” individuato come causa principale dell’impatto antropico sugli ecosistemi apuani e dell’impoverimento sociale e culturale delle comunità locali.
Questo processo non si è arrestato, anzi ad inizio d’anno si è registrato un nuovo significativo passo in avanti: diverse associazioni di carattere nazionale (ARCI, Club Alpino Italiano, Legambiente, Italia Nostra, Mountain Wildernessa) e il Comitato Comunità Civica della Cappella (associazione locale in lotta contro le pretese di privatizzazione condotte dalla Ditta Henraux con la complicità dell’amministrazione comunale di Seravezza ) hanno sottoscritto e presentato alla stampa, l’otto febbraio u.s. a Firenze, un documento che si propone di fissare un patrimonio comune di analisi tra la maggioranza delle soggettività collettive che animano il movimento contro l’estrattivismo sulle Apuane e di individuare degli obbiettivi transitori idonei a:
  • Arginare l’ondata estrattivista già programmata da Regione, Comuni e industriali per i prossimi vent’anni e, oggi, in fase di forte accelerazione
  • Scardinare il complesso di norme che la consentono in quanto ne stabiliscono i presupposti di diritto
  • Costruire una narrazione comune, utile per proseguire la lotta da una base più avanzata e condivisa ma anche una convergenza nell’attività di sensibilizzazione della cittadinanza e soprattutto dei lavoratori
  • Prospettare un diverso modello economico che non sia subordinato alla voracità del mercato mondiale, bensì finalizzato al benessere di tutta la popolazione locale e alla salvaguardia degli ecosistemi.
  • Costruire parziali convergenze con il movimento sindacale

I contenuti di quel documento sono sostanzialmente condivisi anche da altri settori, compresi quelli più “di movimento”, poco propensi a riconoscersi in modalità organizzative o associative tradizionali, formalmente costituite.

Se, lentamente, settori di sinistra partiti dalla difesa della proprietà pubblica dei giacimenti, dall’esigenza di razionalizzazione e di messa in sicurezza delle lavorazioni e dalla tutela ambientale, sono approdati ad un’analisi complessiva del capitalismo estrattivista, il cammino per la costruzione di un forte movimento popolare, paragonabile a quello della Valle di Susa, è appena iniziato e i suoi sentieri sono ancora, largamente, da tracciare.
Sicuramente un nuovo orizzonte si è aperto per molti attivisti che guardano al proprio impegno non diversamente da Blockadia, quel movimento transnazionale itinerante che sta emergendo con crescente frequenza e intensità ovunque i progetti estrattivi stiano tentando di scavare e trivellare, sia per le cave e le miniere a cielo aperto o in sotterraneo, sia per il fracking del gas e del petrolio, sia per gli oleodotti delle sabbie bituminose.
L’attenzione al quadro normativo che consolida lo stato delle cose esistente non impedisce a questi militanti di essere più preoccupati della legittimità che della legalità, e di avere consapevolezza di stare rispondendo a un’emergenza planetaria e non semplicemente locale o regionale.
L’autorganizzazione dei soggetti sociali, la politicizzazione delle rivendicazioni in senso anticapitalista e il loro collegamento con gli altri settori di mobilitazione sociale in campo sono temi presenti, con diversi approcci e livelli di consapevolezza, nell’ambito di quanti svolgono una funzione propulsiva del movimento. La stessa individuazione e la precisa definizione dell’estrattivismo come fenomeno da contrastare e, in prospettiva, da cacciare, rappresenta un significativo indicatore in questa direzione.
Queste caratteristiche, che vanno consolidandosi, segnano un fondamentale salto di qualità rispetto all’ambientalismo tradizionale e anche un importante passo in avanti nella costruzione di una prospettiva ecosocialista da declinare localmente partendo da alcune coordinate: la sostenibilità dell’intervento antropico da parte degli ecosistemi, le ricadute sulle comunità, la pianificazione democratica e partecipata, il controllo dei lavoratori.
Tuttavia, oggi, il movimento si trova ancora di fronte ad un passaggio ineludibile, quello del rapporto con il movimento organizzato dei lavoratori e, quindi, con i sindacati.
Il restringimento della base produttiva e il calo verticale dei livelli occupazionali hanno determinato un atteggiamento critico, più a livello confederale che di categoria, anche all’interno delle tre maggiori organizzazioni sindacali che però tendono a muoversi all’interno dello spazio consentito sia dalla normativa esistente, insidiata da nuove proposte di parte industriale ma, essa stessa, pilastro del modello estrattivista, sia dal quadro politico istituzionale esistente, colluso a 360° con l’imprenditoria del marmo, del carbonato di calcio e degli inerti.
In questo contesto l’affermazione di una visione eco-sindacalista che sia lotta di classe e lotta anti-estrattivista potrebbe svolgere un ruolo essenziale, a partire dalle preoccupazioni concrete dei lavoratori per la salvaguardia della loro salute, della sicurezza sul luogo di lavoro, ma anche da quel ruolo di sentinelle, che essi sono nella posizione migliore per svolgere, rispetto ai danni agli ecosistemi e ai pericoli insiti nel modello di produzione.
Se risulta chiaro che la costruzione di un vero movimento popolare contro l’estrattivismo con una prospettiva che noi definiamo ecosocialista, passa attraverso la convergenza delle lotte sociali ed ecologiche comprendente tutte le lotte di tutti gli attori sociali, dai più esperti ai più esitanti, si tratta di capire quale sia il prossimo tratto del lungo cammino ancora da percorrere.
Secondo noi si tratta di un processo di articolazione dinamica, che eleva il livello di coscienza e di convergenza attraverso l’azione e il dibattito, nel rispetto reciproco. L’intento, più che la determinazione di una piattaforma rivendicativa, ancora immatura, è la costituzione dell’unità di lotta intorno a richieste concrete, anche su obbiettivi parziali, che aprano una dinamica volta allo spostamento dei rapporti di forza nella società, nella prospettiva di un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e della cittadinanza e della tutela degli ecosistemi.
Come marxisti rivoluzionari, anticapitalisti ed ecosocialisti, consci del fatto che tutte queste lotte e quelle dei lavoratori contro lo sfruttamento capitalista fanno parte della stessa lotta per l’emancipazione umana, aggiungiamo: nella prospettiva del rovesciamento del capitalismo in tutto il mondo e della conquista del potere politico da parte dei lavoratori e delle masse popolari