Risoluzione del Comitato politico nazionale di Sinistra Anticapitalista

Roma 9-10 Settembre 2023. Approvato all’unanimità

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1. Una serie di avvenimenti che si sono prodotti su scala internazionale nei mesi estivi hanno messo in evidenza tutte le contraddizioni del sistema capitalista mondiale, non solo le sue violenze, le ingiustizie, le oppressioni e lo sfruttamento delle classi subalterne ma anche le dinamiche di guerra e la folle corsa al profitto che determina la progressiva ed accelerata distruzione dell’ambiente e la stessa messa in discussione del futuro dell’umanità. Essere anticapitaliste/i, battersi per una società alternativa, ecosocialista e liberata dal patriarcato non è una semplice opzione politica ideale, ma una necessità materiale sempre più impellente.

2. Dentro la globalizzazione capitalista assistiamo a una concorrenza/scontro commerciale ed economico sempre più forte per la difesa dei profitti e delle rendite di posizione, a complesse e diverse forme di alleanze, ai conflitti interimperialisti con al centro lo scontro tra USA e Cina, a una guerra terribile già in corso in Ucraina, ma a cui si aggiungono diversi altri confronti militari, al rafforzamento e alla costruzione di alleanze politiche, ma anche militari; l’insieme di questi eventi stanno producendo un vero e proprio caos geopolitico e militare.

Gli Usa e la Nato sono ben decise a difendere la loro posizione di supremazia nel mondo costruendo anche alleanze militari nel Pacifico per affrontare il potenziale scontro, già oggi centrale, con la Cina; la Russia con l’invasione della Ucraina evidenzia la natura imperialista ed imperiale di quel paese nonché il carattere reazionario del suo regime politico dispotico; la Cina a sua volta moltiplica le sue presenze e l’affermazione del suo ruolo su scala mondiale mentre varie altre potenze di medie dimensioni cercano di conquistare un loro ruolo in questo complessa situazione con alleanze a geometria variabile, ma anche esercitando dure oppressioni e violenze nei confronti di altri popoli, di migranti, di minoranze.

La costruzione e l’allargamento dei Brics è parte di questa complessa ridefinizione dei rapporti di forza, in cui numerosi paesi cercano di disporre di strumenti economici, finanziari e politici maggiori per difendere gli interessi delle loro classi dominanti rispetto agli imperialisti maggiori; partecipano anch’essi alla corsa al riarmo. La maggior parte di loro conoscono regimi o governi dispotici, fortemente patriarcali ed anche fascisti, caratterizzandosi, a loro volta, per lo sfruttamento e l’oppressione delle loro classi lavoratrici e popolari.

3. Siamo di fronte a un mondo capitalista in cui a pagare le conseguenze delle concorrenza/scontro capitalista sono le popolazioni e le classi subalterne in termini di deterioramento delle condizioni di vita, di sfruttamento, di divisione, di false contrapposizioni, di razzismo, di discriminazioni e oppressione di genere, di migrazioni disperate, di violenze inenarrabili.

Va da se che una forza di sinistra anticapitalista non può in alcun caso parteggiare e schierarsi per nessuno dei blocchi imperialisti presenti o per i nuovi schieramenti in costruzione.

Il nostro punto di riferimento sono solo e sempre le classi oppresse e sfruttate, i loro interessi immediati e strategici, le loro lotte per la conquista dei diritti economici, sociali, civili e democratici. E questo è tanto più necessario perché, se pure con grandi difficoltà ed anche subendo talvolta dure sconfitte, in diverse parti del mondo si sono manifestati e si manifestano forti movimenti sociali e democratici che si fanno portatori di questi obiettivi e si battono più o meno consapevolmente sul piano politico per una diversa società economica e sociale.

Siamo così in presenza da una parte a dinamiche e rivendicazioni che si battono contro le ingiustizie e per diritti e società democratiche, ma contemporaneamente a un forte sviluppo delle destre estreme e fasciste, a ideologie fortemente violente e reazionarie, a regimi particolarmente autoritari e repressivi. Lo sviluppo delle forze di destre più o meno estreme caratterizza lo stesso mondo “democratico” occidentale, sia negli USA che in Europa; i gruppi dirigenti capitalisti di questi paesi si propongono come difensori della civiltà dei diritti e delle democrazia, in alternativa e contrapposizione ai “paesi altri” proprio quando da anni stanno attivando una riduzione degli spazi democratici, ampliando gli interventi repressivi, cioè producendo una pericolosa involuzione delle forme stesse della democrazia borghese, quali quelle conquistate dal movimento delle classi lavoratrici nel secondo dopoguerra.

4. Ma i mesi dell’estate sono stati anche segnati da sempre più drammatici eventi climatici che esprimono i sempre più accentuati e rapidi mutamenti ambientali in corso: il riscaldamento climatico, compreso quello degli oceani, gli incendi che dilagano in tante parti del mondo, i fenomeni estremi (uragani, tempeste, piogge dirompenti) che sconvolgono intere regioni, non possono più essere considerati eccezioni, ma ormai una tragica e regolare normalità.

In realtà coloro che governano il mondo non hanno intrapreso nessuna azione né seria né coordinata per affrontare il riscaldamento climatico. Gli imperativi di profitto, i meccanismi dell’accumulazione capitalista spingono come prima all’utilizzo del fossile e allo sfruttamento della natura. Naturalmente le guerre in corso a partire da quella in atto in Ucraina, e la corsa al riarmo che caratterizza ormai quasi tutti i paesi sia grandi che più piccoli,  contribuiscono sotto diverse forme al deterioramento ambientale.

L’ideologia e la propaganda del greenwashing che vengono propinate da media e governi, non  possono certo mascherare politiche che vanno in senso contrario alle impellenti necessità ambientali; contemporaneamente, di fronte alle catastrofe imminenti si rafforzano le correnti politiche ed ideologiche negazioniste che sono uno degli elementi di rafforzamento delle destre estreme. Purtroppo la conferenza delle nazioni dell’America Latina per definire un piano per la salvaguardia dell’Amazzonia, polmone del mondo, si è conclusa solo con generiche promesse per il futuro, ma senza nessun impegno concreto immediato per raggiungere questo obiettivo.

In questo contesto internazionale di crisi plurime i fenomeni migratori non potranno che assumere dimensioni sempre più drammatiche e gigantesche.

5. Per quanto riguarda l’Ucraina gli ultimi dati dei giornali americani che quantificano in mezzo milione di morti e feriti le vittime tra le due parti del conflitto confermano una tragedia immane che lascerà enormi ferite nella storia delle popolazioni coinvolte, ma più in generale nella storia del continente. La guerra si combatte, come nel passato, nelle trincee, senza che ci sia alcun elemento che faccia pensare che possa concludersi né con il successo dell’oppressore russo, né con la vittoria dell’Ucraina sostenuta dalle potenze occidentali. La guerra semplicemente continua per scelta e per inerzia anche se sono in molti a pensare che occorrerebbe uno scarto, un’interruzione, la ricerca di una soluzione “altra”, considerato il rischio ben presente di suo allargamento e che la situazione possa sfuggire ad ogni controllo, ma per ora domina la propaganda dei gruppi dirigenti sulla possibilità della “vittoria finale”.

Questa situazione non fa che confermare l’orientamento che la nostra organizzazione ha tenuto in un anno e mezzo di guerra; abbiamo sempre considerato le due valenze del conflitto, la brutale aggressione imperialista russa e la presenza di uno scontro imperialista tra gli USA e la Nato e la Russia.

Per questo abbiamo sostenuto e sosteniamo il diritto del popolo ucraino a difendere la propria indipendenza e il diritto all’autodeterminazione, denunciamo l’azione terroristica incessante dell’esercito russo sulla popolazione ucraina, sosteniamo la costruzione della solidarietà con queste popolazioni e chiediamo il ritiro delle truppe russe.

In questo quadro riteniamo sia necessario battersi per il diritto all’autodeterminazione di tutti i popoli che compongono quella regione. Oggi più che mai sosteniamo che è nell’interesse di tutte queste popolazioni che si affermi un cessate il fuoco, ponendo fine all’escalation, una tregua che apra la strada a una soluzione politica, l’unica via per avere qualche speranza di difendere i diritti all’autodeterminazione di tutti i popoli di quella regione e gli interessi delle classi lavoratrici

Abbiamo contemporaneamente contrastato il ruolo e le scelte imperialiste delle potenze occidentali e della Nato, chiedendo il suo scioglimento (e di tutti i blocchi militari) e contrastato l’azione dei governi italiani, di diventare parte attiva del conflitto in corso, strettamente correlate al folle aumento delle spese militari e al pieno coinvolgimento nei progetti della Nato, da cui chiediamo l’uscita del nostro paese. Abbiamo denunciato e contrastato, la campagna e la propaganda reazionaria di militarizzazione degli spiriti, di banalizzazione della guerra e di assuefazione ad essa condotte dai governi e dai media contro l’opinione della stragrande maggioranza della popolazione italiana da sempre contraria alla guerra, non certo per una particolare coscienza di classe, ma per il semplice desiderio di non veder precipitare la propria vita e il futuro dei propri figlie/i nel baratro dei conflitti militari.

Abbiamo anche combattuto contro ogni forma di semplificazione degli avvenimenti da parte delle forze di sinistra ed in particolare ogni atteggiamento campista che sceglie di stare con gli stati e non con i popoli e le classi lavoratrici. La costruzione del movimento contro la guerra in Ucraina e altrove, per fermare le forze capitaliste che ci conducono alla catastrofe, resta centrale e deve diventare una priorità delle forze anticapitaliste, ma anche di tutti quelli che vogliono difendere gli interessi democratici e materiali delle classi lavoratrici e popolari.

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