Elezioni spagnole: il comunicato di Anticapitalistas
Domenica 23 luglio, quasi 37 milioni di spagnoli e spagnole sono chiamati alle urne per le elezioni politiche, anticipate a sorpresa de Pedro Sanchez dopo i risultati delle ultime amministrative di maggio. Si tratta di un momento particolarmente delicato, in cui la vittoria elettorale della destra del Partido Popular e dell’estrema destra di VOX sembra assai probabile, così come la presenza dei neofranchisti in un futuro governo (cosa che sta già accadendo in diverse Regioni autonome del paese). Anticapitalistas ha diffuso un comunicato che pubblichiamo di seguito, in cui si compie una spietata e lucida analisi di questo appuntamento elettorale e, diremmo, storico.
Oltre ai partiti della destra già menzionati, alle elezioni si presentano il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) e la coalizione Sumar, di recente formazione e diretta da Yolanda Diaz, la ministra del lavoro del governo progressista di Pedro Sanchez. Si tratta di una coalizione di diverse organizzazioni alla sinistra del PSOE a livello statale che, nonostante abbia incluso formalmente anche Podemos (Yolanda Diaz, nei fatti, è stata una dirigente di Unidas Podemos fino a pochi mesi fa), ha in realtà emarginato quasi tutto il vecchio gruppo dirigente di questo partito. Una specie di coup d’état all’interno della sinistra, che si appunta la medaglia dell’unità (effettivamente raggiunta) ma anche quella di un orizzonte politico ancora più moderato di quello di Podemos.
Infine, partecipano alle elezioni i diversi partiti nazionalisti in Catalogna e nei Paesi Baschi e le robuste formazioni di estrema sinistra presenti in entrambi i luoghi, Bildu in Euzkadi e le CUP in Catalogna. In Andalusia si presenta anche Adelante Andalucía, formazione a cui il comunicato fa riferimento e che vede anche la partecipazione di Anticapitalistas.
Dichiarazione in vista delle elezioni del 23 luglio
12/07/2023
Le elezioni del 23 luglio sono segnate dalla svolta reazionaria che si è verificata a livello globale e anche nello Stato spagnolo. La ragione immediata di questa convocazione alle urne è stata la sconfitta elettorale del blocco progressista nelle elezioni amministrative del 28 maggio, che ha rappresentato un colpo all’acceleratore del cambiamento della situazione politica. Sebbene i risultati siano stati relativamente vicini tra il PP e il PSOE in numero di voti, l’aritmetica elettorale che distribuisce il potere territoriale ha generato un cambiamento importante: il clamoroso crollo di Unidas Podemos e il declino del PSOE hanno portato il PP a vincere in molti capoluoghi di provincia e Regioni autonome, provocando l’inizio di un cambio di ciclo che ha costretto Pedro Sánchez a convocare le elezioni politiche. Ma cerchiamo di andare leggermente oltre gli schemi elettorali.
Questa svolta reazionaria ha delle cause di fondo. La prima e più decisiva è da ricercare a livello internazionale, in un susseguirsi di sconfitte e capitolazioni della sinistra emerse dopo la crisi del 2008 e che hanno provocato l’ascesa di una nuova destra: da Syriza all’integrazione di Podemos in un governo con il PSOE, passando per il corbynismo o Sanders, la sensazione che permane è che la sinistra non sia in grado di consolidare progetti di massa stabili, capaci di dotarsi di un programma da realizzare. Crisi, quindi, all’interno della sinistra.
Un’altra ragione di fondo ha a che vedere con la paura: la guerra, il riassetto geopolitico del capitalismo e la crisi ecologica generano un senso di fine d’epoca. Le disuguaglianze aumentano nei paesi del centro capitalistico, intere aree del mondo vengono gettate nel caos dal capitalismo, nuove potenze si contendono l’egemonia delle vecchie. Per le classi medie è chiaro: è necessario imporre la legge e l’ordine all’interno di ogni paese per continuare a mantenere (e in una posizione ancora migliore) i relativi privilegi in un mondo in fiamme. Alla classe operaia e agli oppressi mancano organizzazioni politiche forti e una prospettiva strategica per lottare contro il capitalismo. Crisi della sinistra e crisi globale. Ma le ribellioni continuano, anche se senza una chiara direzione politica: la Francia è subentrata al Cile, il Cile ai neri negli USA… e così via.
Nello Stato spagnolo, il trasformismo di Podemos e la sconfitta del ciclo indipendentista in Catalogna sono stati i fattori determinanti nel campo del blocco progressista; l’emergere di VOX e l’ascesa del PP sono il rovescio di questa medaglia. Il governo di coalizione progressista non è stato l’inizio di un periodo di grandi cambiamenti: è stato piuttosto la fine della speranza che il movimento degli indignados aveva aperto. Il governo progressista ha cercato di promuovere una politica di modernizzazione del capitalismo spagnolo, che abbiamo definito “riformista senza riforme”: lungi dal cercare una ricomposizione della società capitalista sulla base di una certa redistribuzione della ricchezza, ha mantenuto a tutti i costi una politica che ha preservato i profitti aziendali in un contesto di “keynesianismo senza crescita né redistribuzione”. In relazione a questa politica, che riflette e alimenta le attuali dinamiche del capitalismo, si aumentano brutalmente le spese militari, si promuove il rafforzamento securitario dello Stato, si attacca il terreno della protesta, dell’autonomia civile e dei migranti.
In questo senso, nonostante i discorsi altisonanti, il governo progressista non ha mantenuto le sue promesse in campo programmatico-legislativo (riforma del lavoro, pensioni, legge bavaglio, alloggi, ecc.), ha oggettivamente attuato un rafforzamento della deriva autoritaria dello Stato (immigrazione), si è allineato all’imperialismo occidentale, blocco di cui fa parte in un ruolo subalterno (Sahara, guerra in Ucraina…) e ha applicato la politica economica del capitale: l’inflazione ha divorato i salari, la classe operaia non è più forte socialmente di quando è iniziata questa legislatura. Il grande compito storico di affrontare la crisi climatica è stato rimandato e consegnato alle grandi imprese, promuovendo così il capitalismo verde. Anche nelle aree in cui sono stati compiuti alcuni progressi, come nel femminismo e nei diritti LGBTI, questi sono fragili e minacciati, tra l’altro, dall’istituzionalizzazione dei movimenti sociali.
L’ascesa della destra nello Stato spagnolo si inquadra in questo contesto: insicurezza sul futuro, egemonia delle vecchie classi medie nelle dinamiche politiche, reazione contro i processi di mobilitazione sociale degli ultimi anni -che, per quanto distorti, hanno avuto un rapporto “trasformista” con il blocco progressista- crisi cronica, necessità di preservare l’ordine perché il cambiamento può solo essere immaginato come peggiore, indebolimento strutturale dei legami dei lavoratori. Il processo di fondo avanza inesorabilmente mentre il progressismo soffre e si affanna a “gestire l’esistente”.
Non vogliamo che un solo voto vada alla destra. Non vogliamo che il Partido Popular e VOX vadano al governo. Ma, al di là del singolo voto di ciascuno, non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla politica di rinuncia dei partiti di sinistra, che hanno già dimostrato nel governo dello Stato di essere incapaci di mantenere le loro promesse e di confrontarsi con i poteri economici per difendere gli interessi della classe operaia. Laddove esistono, invitiamo a votare per candidati che esprimano una posizione chiara e netta contro l’ondata reazionaria, ma anche il rifiuto di capitolazioni e alleanze con il social-liberismo, e che difendano la libertà e l’autodeterminazione dei popoli: la CUP (nonostante le nostre divergenze con loro riguardo alla politica troppo compiacente con il resto del blocco indipendentista e su questioni più strategiche) e Adelante Andalucía, un progetto a cui partecipiamo e che mira a costruire un riferimento ecosocialista e femminista contro il regime del ‘78 a partire dalla classe operaia andalusa, dando voce all’oppressione secolare che subisce questa terra.
Il 23 luglio sapremo qual è il nuovo quadro in cui ci muoviamo. Se il progressismo resisterà, l’assalto della destra non cesserà e ma non abbiamo fiducia nel fatto che si intraprendano le trasformazioni necessarie. Se la destra governerà, è in arrivo un’offensiva raddoppiata contro la classe operaia e i diritti delle donne, delle persone LGTBI, dei migranti e di tutti gli sfruttati e gli oppressi. Qualunque cosa accada, lotteremo insieme a molte altre persone. Ma la resistenza non può consistere semplicemente nello scendere in piazza: se questa fase agonizzante del progressismo ci sta dimostrando chiaramente una cosa, è che abbiamo bisogno di una sinistra indipendente dal potere, fedele alle classi subalterne quanto la destra lo è ai capitalisti. Questo progetto per Anticapitalistas si chiama ecosocialismo e dovrà essere costruito attraverso la resistenza sociale, ma traendo le relative lezioni sul terreno politico: né rassegnarsi al male minore, né lasciare che la storia continui a essere dettata dagli stessi di sempre.