Più lager e pogrom: il nuovo “memoradum della vergogna” tra Ue e Kais Saied

di Gippò Mukendi Ngandu

Domenica 16 luglio è stato firmato a Cartagine il “Memorandum d’intesa per una partenership strategica e globale” fra l’Unione Europea e la Tunisia. La delegazione europea era composta dalla Meloni, da Ursula Von der Leyen e dal primo ministro dimissionario dei Paesi Bassi Mark Rutte.  Nei fatti, erano presenti le anime maggioritarie delle forze politiche europee, quella reazionaria e di destra della Presidente del Consiglio, quella cristiano moderata della Presidente della Commissione europea, quella liberal conservatrice di Rutte. Apparentemente divise tra loro, le principali forze politiche europee, comprese quelle del centrosinistra, hanno condiviso nel corso degli ultimi anni le politiche dell’Europa fortezza volte a contrastare spietatamente l’approdo in Europa di chi fugge da fame, miseria, guerre, razzismo, sessismo. 

Cosa prevede il memorandum?  Esso si basa su 5 pilastri: assistenza macrofinanziaria, relazioni economiche, cooperazione energetica, migrazione, promozione dei contatti tra le persone. 

Concretamente esso prevede, al momento, lo stanziamento sin da subito, di 150 milioni di euro a sostegno del bilancio tunisino e di 105 milioni come supporto al controllo delle frontiere; nonché il rafforzamento della cooperazione energetica. Formalmente l’Ue aiuterà la Tunisia nella transizione verso l’energia verde. Molto probabilmente si tratterà di rafforzare progetti già in atto, che coinvolgono in particolare l’Italia, attraverso la già prevista realizzazione di cavi sottomarini attraverso il canale di Sicilia il cui impatto ambientale è molto discutibile. Quel che è certo, è che la crisi energetica provocata dalla guerra in Ucraina, spinge le potenze europee a cercare nuovi fonti di approvvigionamento energetico. Da questo punto di vista, per l’Italia il rapporto con la Tunisia diventa sempre più strategico.

Il presidente tunisino, tuttavia, dovrà attendere per avere la tranche di finanziamenti da 900 milioni di euro dall’Ue. La Commissione non si muoverà fino a che non si sbloccherà lo stallo tra Fmi e Saied, con il primo che chiede riforme adeguate prima di versare il prestito da 1,9 miliardi e il secondo che ha issato una trincea contro i «diktat» del Fondo monetario. Proprio per queste ragioni, la Commissione farà da intermediario di fiducia tra il governo e il Fmi, tanto più che alcune riforme previste andranno sicuramente a vantaggio anche delle principali potenze europee.

Il precedente di Gentiloni

Il recente accordo rappresenta l’ultima iniziativa, sulla scia di finanziamenti di esternalizzazione nella gestione dei flussi migratori. Il memorandum ricorda quello firmato a Roma il 2 febbraio del 2017 con la Libia, tra l’allora Presidente del Consiglio Gentiloni e il Capo di governo di riconciliazione nazionale della Libia, già ribattezzato il “memorandum della vergogna”, quello che, secondo le fonti di Amnesty International,  ha portato all’intercettazione in mare di 82.000 persone poi riportare con la forza in Libia: uomini, donne e bambini che sono stati detenuti arbitrariamente in veri e propri campi di concentramento, costretti ai lavori forzati, che hanno subito torture di ogni genere, trattamenti inumani e degradanti, stupri, omicidi che non hanno ancora un colpevole.

Nel frattempo, le vittime del Mediterraneo non sono diminuite, ma sembrano destinate ad accrescere. Si stima che sono almeno 26 mila le persone che sono morte nel tentativo di attraversare quello che, da secoli è stato un vero e proprio ponte naturale che ha connesso, non senza contraddizioni, popolazioni, culture e commerci, ma che ora si sta trasformando in un vero e proprio cimitero marino.

Ora come allora, l’obiettivo dei governi europei è, quindi, quello di vincolare gli aiuti in cambio di un maggiore sforzo di Tunisi nel bloccare le partenze, senza alcuna considerazione per i diritti umani e per il rispetto delle libertà politiche.  

La svolta autoritaria di Saied. Una volta, eletto Presidente, Saied è riuscito a far adottare una nuova costituzione, il 25 luglio del 2022, che una instaurato un vero e proprio regime autoritario che rappresenta il rafforzamento della controrivoluzione dopo la “primavera tunisina” del 2011. Il governo, ad esempio, sottoposto alla sua autorità, non ha più bisogno di ottenere il voto di fiducia del potere legislativo. Saied stesso può imporre alcune leggi senza sottometterle al voto del Parlamento. Nei fatti potere esecutivo e legislativo coincidono sempre più nella sua persona. 

La stretta autoritaria è visibile anche nella forte repressione contro gli oppositori minacciati non sono dalle forze dell’ordine, ma anche da squadracce molto vicine al governo.  La repressione tocca un po’ tutte le forze politiche, quelle che sono già state al potere come gli islamisti di Ennahda, le forze di opposizione di sinistra, così come i nostalgici del vecchio regime di Ben Ali.

Di fronte alla crisi economica che attanaglia il paese, Saied ha fatto leva per attrarre consenso su temi nazionalisti e razzisti.  Il Presidente tunisino, infatti, ha rivendicato la cultura araba e musulmana come l’unica appartenente al popolo tunisino; ha esaltato la sovranità nazionale di fronte alle “ingerenze straniere” che impediscono al popolo di esprimere liberamente la propria volontà; si è fatto sostenitore della teoria della “sostituzione etnica” così cara alle forze fasciste e reazionarie europee. 

Il discorso pronunciato il 21 febbraio del 2021, a seguito di violenti attacchi, veri e propri pogrom contro migranti provenienti dall’Africa subsahariana, è emblematico. Secondo il presidente tunisino, “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” sono arrivati in Tunisia, “con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”: una situazione “innaturale”, parte di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” e fare della Tunisia “un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”.

Occorre scaricare sui migranti le colpe delle scellerate politiche capitaliste e liberiste da lui completamente accettate. Su questo i nazionalismi di ogni paese convergono. Non deve, quindi, stupire, che Saied sia disposto a facilitare il rimpatrio dei proprio cittadini, mentre rifiuti quello dei cittadini di altre nazionalità, cosa che per altro è prevista dal diritto internazionale, nonostante i membri dell’Ue ne tengano sempre più in considerazione solo quando esso va incontro ai loro interessi.  

Questa politica di cooperazione anti-migrazione e di sicurezza ha conseguenze sempre più drammatiche: tra gennaio e maggio 2023, ci sono stati 534 morti e scomparsi vicino alle coste tunisine, più di 3.500 arresti in Tunisia di migranti subsahariani per “soggiorno illegale” e 23.093 migranti sono stati intercettati dalle autorità tunisine. Nonostante ciò, l’anno è stato segnato da un aumento degli arrivi in Italia. Per molte persone la situazione è diventata insostenibile in molte parti della Tunisia e dell’Africa: come si può credere che le frontiere, per quanto fortificate, possano impedire ai migranti di tentare il passaggio? L’unica conseguenza di questa escalation di sicurezza è un’esplosione del numero di morti.

Combinare razzismo, pulsioni autoritarie con le esigenze della borghesia

I governi di ogni colore dell’Ue e i nazionalisti di ogni sorta cercano, da una parte, di alimentare le pulsioni securitarie di una piccola borghesia che non riesce più ad intravedere vie d’uscita di fronte alla crisi, così come di alimentare la guerra tra poveri proprio mentre cercano di concorrere ad essere il portatore più affidabile degli interessi della borghesia. 

Il discorso sulla chiusura delle frontiere, infatti, serve solo a mantenere un potere sempre più autoritario e poliziesco, giocando sulla divisione e sul razzismo. A costo di migliaia di morti e di sofferenze indicibili. 

Esso serve a dividere lavoratrici e lavoratori in patria, a garantire privilegi differenziali con cui compensare paghe e condizioni di vita miserabili. 

Non a caso, le forze reazionarie e le forze di centrosinistra condividono la politica dei flussi. Sembra paradossale, da una parte esse sono invocano una lotta spietata contro l’immigrazione clandestina, per poi assecondare le richieste padronali di forza lavoro migrante.
Il monito è chiaro! Si può arrivare in Italia, illegalmente o legalmente, ma solo per i lavori meno garantiti. E, quando serve, si viene ricacciati indietro. E la condizione comunque è precaria. 

Per queste ragioni, occorre combattere la logica razzista e filo padronale che accomuna reazionari, moderati e socialdemocratici nella difesa dell’Europa fortezza. 

La lotta per l’apertura delle frontiere, per la chiusura dei lager, per il rispetto dei diritti umani, la fine delle relazioni neocoloniali e del dominio imperialista dell’Europa sull’Africa deve, quindi, intrecciarsi alla difesa dei contratti collettivi per le condizioni di lavoro e salariali, battaglia che si sta sviluppando nel settore della logistica, alla lotta per la parificazione dei diritti fra lavoratrici e lavoratori, tra cui il diritto al permesso di soggiorno, alla casa, alla salute, all’istruzione.