Risoluzione politica del CPN di Sinistra Anticapitalista
La crisi internazionale
Siamo entrati in una nuova fase storica del sistema capitalista mondiale che sta determinando un caos geopolitico con plurimi conflitti. Gli elementi che lo caratterizzano sono: nuove e forti contraddizioni nei processi di accumulazione del capitale e una sempre più acuta concorrenza tra le diverse economie, dinamiche sia esogene che endogene (vedi la pandemia) che hanno prodotto la rottura delle catene di produzione del valore ed elementi se pure contraddittori e parziali di de-mondializzazione. Il risultato è uno scontro sempre più acuto tra i diversi settori dei capitali cioè tra i diversi paesi imperialisti; le difficoltà a garantire adeguati profitti a tutti i competitors non solo esacerba lo scontro economico, ma li spinge ad utilizzare i rapporti di forza complessivi degli stati, compreso l’utilizzo dei dispositivi militari. La guerra diventa uno degli strumenti possibili, una delle scelte per i diversi imperialisti mondiali o per le potenze regionali per mantenere, consolidare o conquistare il proprio dominio.
I processi sono tuttavia assai complicati: da una parte la concorrenza/ scontro tra i diversi paesi capitalisti e imperialisti, ma nello stesso la presenza massiccia del capitale transnazionale che deve realizzare i profitti in molti e diversi paesi. Pechino e Washington sono oggi impegnati in un confronto geostrategico che interessa tutti i settori: militari, sistemi di alleanza, sanzioni economiche, sviluppo di tecnologie alternative, controllo delle forniture e delle risorse rare… In gioco è evidentemente la ricostruzione di “campi”, ma questa dinamica politica urta contro alcune realtà economiche. Cina ed USA sono tutti e due dipendenti da una organizzazione mondiale della produzione che rende molto difficile una ricollocazione, rapida e massiccia, verso il paese di origine di imprese essenziali, anche nel quadro di un duro conflitto geopolitico. La rottura di questa struttura organizzativa economica di fronte a crisi sanitarie o politiche ha degli effetti immediati gravi sull’economia e sui sistemi produttivi, quando invece la scelta della mondializzazione ha permesso al capitale di svilupparsi senza ostacoli sul piano internazionale per massimizzare i profitti, assicurare il proprio dominio e organizzare le catene di produzione. E’ una scelta non facile e di semplice attuazione, quella eventuale, dei principali Stati imperialisti di rimettere in piedi le frontiere economiche.
Resta il fatto che e gli scontri compresi quelli militari si moltiplicano; se Putin ha condotto una guerra di aggressione con l’invasione dell’Ucraina per riposizionare e rilanciare il ruolo, oggi secondario, dell’imperialismo russo, in Africa e in Medio Oriente le guerre si stanno moltiplicando e in Asia e Pacifico si delinea lo scontro principale tra l’imperialismo USA ancora dominante nel mondo e la nuova potenza in ascesa, con entrambe che cercano di mantenere e/o costruirsi il proprio schieramento politico e militare.
Sul fronte orientale europeo continua la guerra in Ucraina, con tutte le sue violenze e crudeltà, a partire dai bombardamenti sulle città ucraine e con un enorme baratro di vittime civili e militari; nulla fa pensare che il massacro possa essere fermato in tempi rapidi. Il folle e oppressivo disegno di Putin di riprendere il controllo dell’Ucraina per ripristinare un dominio imperiale di stampo zarista e per contrastare le scelte espansive della Nato nello scontro tra diversi imperialismi prima indicato, si è tramutato nel suo opposto. L’invasione dell’Ucraina è diventata un’incredibile occasione per gli Usa e la Nato di operare un loro rafforzamento su grande scala, di rendere gestibile un vasto piano di riarmo militare, che era già in atto, ma che ora conosce uno sviluppo senza precedenti. Micidiali sono gli incrementi della spesa militare di Francia Inghilterra, Italia, Polonia per non parlare di USA, Russia e Cina, senza dimenticare, segno dei tempi terribili, il riarmo massiccio della Germania e del Giappone in violazione della costituzione pacifista stessa.
La scelta degli imperialismi occidentali è oggi chiara: usare la legittima resistenza del popolo ucraino all’invasione russa, per i propri fini con un prolungamento sine die della guerra stessa. L’intenzione dichiarata di entrambe le parti: “Avanti con la guerra fino alla vittoria finale” oppure la sua versione ipocrita: “Continuo la guerra per disporre di una migliore posizione per imporre la pace” è un gioco non solo tragico, ma molto pericoloso; è una indecente roulette russa da cui può partire il colpo mortale e distruttivo della stessa arma nucleare.
Mentre le alte gerarchie militari della Nato continuano a sostenere che è impensabile che una delle parti possa prendere completamente il sopravvento, è in atto una nuova escalation militare e sembra si stia preparando uno scontro gigantesco con 300 mila soldati, la più grande battaglia dalla fine della seconda guerra mondiale.
E’ inaccettabile che a patire siano intere popolazioni, quella ucraina in primo luogo, ma anche, se pure in forme diverse, quella russa, che le vittime dei giovani militari si contino ormai a centinaia di migliaia dalle due parti e che si produca una corsa alla guerra con il micidiale aumento delle produzioni belliche (anche risorse del PNRR europeo sono state spostate in tale direzione), ma anche con una intensa e violenta campagna ideologica volta ad assuefare i popoli alla guerra e a stravolgere le coscienze.
Se il regime di Putin mostra ogni giorno di più i suoi tratti reazionari e dispostici, di disprezzo verso il suo stesso popolo, arrivando a minacciare l’uso dell’arma atomica, il Presidente ucraino, per conto suo e per conto delle potenze occidentali, è venuto in Italia per avvertire il papa che la deve smettere con i suoi progetti di pace, che nessuna tregua o cessate il fuoco per ora è possibile e che la guerra deve continuare.
E la riunione del G7 a Hiroshima, svoltosi ipocritamente nella città simbolo dell’olocausto nucleare, è servita non solo a cementare la scelta delle potenze occidentali, a trazione USA, nell’escalation in Ucraina, ma anche a delineare la loro alleanza nello scontro attuale e futuro con la Cina, l’avversario principale da combattere per l’imperialismo americano.
I consessi dei potenti del mondo mentre parlano di pace preparano le guerre.
Infatti il sistema capitalista produce le guerre come il vento porta le tempeste; le classi lavoratrici, i popoli devono fermare i capitalisti prima che portino il mondo al disastro totale, quando già la minaccia della catastrofe climatica e ambientale diventa sempre più presente e reale.
Nella vicenda della guerra in Ucraina Sinistra Anticapitalista ha sempre cercato di tenere insieme le due dimensioni di quella guerra: l’aggressione imperialista russa e il legittimo diritto del popolo ucraino a difendere la propria indipendenza e autodeterminazione (in un quadro di garanzia di autodeterminazione di tutti i popoli della regione) e dall’altra il brutale scontro interimperialista tra la Russia e le potenze occidentali e la NATO, che viene da lontano.
Per questo se da una parte abbiamo chiesto il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina e cercato di costruire la solidarietà con tutte le popolazioni colpite dal conflitto, abbiamo sempre anche sostenuto che era nell’interesse di tutte queste popolazioni che si affermasse un cessate il fuoco, ponendo fine all’escalation, una tregua che aprisse la strada a una soluzione politica, l’unica via per avere qualche speranza di difendere i diritti all’autodeterminazione di tutti i popoli di quella regione e gli interessi delle classi lavoratrici.
Abbiamo contrastato le scelte, sempre più confermate, dei governi italiani, di diventare parte attiva del conflitto in corso, strettamente correlate al folle aumento delle spese militari e al pieno coinvolgimento nei progetti della Nato. Abbiamo denunciato e contrastato, e tanto più deve essere fatto adesso, la campagna e la propaganda reazionaria di militarizzazione degli spiriti, di banalizzazione della guerra e di assuefazione ad essa condotte dai governi e dai media contro l’opinione della stragrande maggioranza della popolazione italiana da sempre contraria alla guerra, non certo per un particolare coscienza di classe, ma per il semplice desiderio di non veder precipitare la propria vita e il futuro dei propri figlie/i nel baratro dei conflitti militari.
La costruzione del movimento contro la guerra in Ucraina e altrove, per fermare le forze capitaliste che ci conducono alla catastrofe, resta centrale e deve diventare una priorità delle forze anticapitaliste, ma anche di tutti quelli che vogliono difendere gli interessi democratici e materiali delle classi lavoratrici e popolari.