Un grande 1° Maggio per le nostre pensioni, per cacciare Macron e il suo mondo
Nouveau Parti anticapitaliste (NPA): «Questo Primo maggio dev’essere una dimostrazione di forza che ci permetta mettere in moto nuove prospettive per vincere sul ritiro della riforma» ★
Macron vorrebbe fischiare la fine della partita in Francia imponendo “cento giorni di pacificazione” per voltare pagina sulla vicenda delle pensioni. Ma in realtà la determinazione del movimento rimane intatta e, ovunque si muova, il governo viene contestato perché non ci sarà pace senza ritiro della riforma. Non possiamo quindi arrenderci e dobbiamo fare del Primo maggio l’inizio di una nuova sequenza di mobilitazioni, con scioperi, blocchi e manifestazioni.
Un governo che ci sta portando dritti alla rovina
In occasione dell’anniversario della sua rielezione, Macron, con assoluta arroganza, mostra uno sconcertante autocompiacimento per il suo operato, che contrasta con le casseruole che sono risuonate ovunque lunedì 24 aprile. In un’intervista al quotidiano Le Parisien, insiste senza sorpresa sulla “legittimità” della sua riforma, la cui utilità sarebbe stata fraintesa dagli oppositori che, secondo lui, sanno solo fare rumore e indulgere all’inciviltà. La rabbia di milioni di persone per più di tre mesi viene così calpestata da un governo illegittimo.

Macron osa dire che questa riforma “restituisce alla Francia un po’ di muscoli” e permette di aprire futuri progetti. In sostanza, invece, significa continuare a distruggere le nostre conquiste sociali e a distruggere il pianeta. Dal punto di vista formale, la riforma sta significando il rafforzamento delle pratiche autoritarie del governo, l’uso della forza nelle assemblee e nelle piazze, rifiutando di considerare la violenza della polizia come tale e anzi istituzionalizzarla. Peggio ancora, Macron si atteggia a oppositore del Rassemblement National di Marine Le Pen ma allo stesso tempo annuncia una politica migratoria più dura. A Mayotte (un’isola dell’Oceano indiano, ex colonia francese, integrata nel territorio nazionale dal 2011, N.d.T.), la caccia ai poveri e agli immigrati attraverso l’operazione “Wuambushu” aggraverà una situazione già drammatica e offrirà a Darmanin un laboratorio per la sua politica migratoria.
Rafforzando la crisi politica, realizzando una politica autoritaria, razzista e antisociale, il governo spalanca le porte ai fascisti -sempre in agguato-, che sognano di nutrirsi del disinganno del movimento sociale. È urgente fermare questo governo che ci sta portando sempre più alla rovina e rompere con un regime istituzionale antidemocratico, che stabilisce che un pugno di eletti sia più legittimo dell’opinione e della mobilitazione della maggioranza.
Una mobilitazione per costruire un’alternativa anticapitalista
La lotta di classe non conosce tregua. Ci rifiutiamo di permettere che ci venga imposta un’agenda politica modellata sull’agenda istituzionale. Come nel caso del movimento delle “casseruole” o della giornata della “rabbia ferroviaria” del 20 aprile, spetta al nostro campo sociale imporre un nuovo calendario di mobilitazioni il cui obiettivo finale è fermare il paese con uno sciopero generale. Questo Primo maggio dev’essere una dimostrazione di forza che ci permetta mettere in moto nuove prospettive per vincere sul ritiro della riforma.
Questa vittoria è necessaria per invertire i rapporti di forza e imporre misure sociali urgenti: ritorno al pensionamento a 60 anni (55 per i lavori usuranti), con 37,5 anni di contributi, drastica riduzione della settimana lavorativa, aumento dei salari e delle pensioni, sviluppo dei servizi pubblici…
Tutto ciò è possibile costruendo una risposta unitaria e radicale basata sulle forze politiche, sindacali e associative determinate a reagire. Più in generale, dobbiamo impegnarci nella battaglia politica per liberarci di questo governo illegittimo e lavorare per una rottura rivoluzionaria con il capitalismo, per una società democratica, eco-socialista, libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.
25 aprile 2023