“Laudato sii”, ovvero se anche papa Francesco …

Laudato sii”, ovvero se anche papa Francesco si accorge che le banche ed il capitalismo sono stati salvati dal popolo ”sovrano”

di Manuel M. Buccarella

Ci è arrivato anche il papa, a dire il vero un po’ in ritardo: le banche sono state salvate con il danaro ed il sangue dei popoli, tante banche statunitensi come tante banche europee.

La gravissima crisi economica e finanziaria globale si fa incominciare infatti negli Stati Uniti d’America con la crisi dei mutui subprime scoppiata a fine 2006, che ha avuto ed ha tuttora gravi conseguenze sull’economia mondiale, in particolare su quella dei cc.dd. Paesi sviluppati dell’occidente. La crisi finanziaria americana trae origine dunque dall’allegra concessione di mutui ipotecari da parte delle banche anche e soprattutto a soggetti dotati di uno scadente profilo creditizio e a forte rischio di insolvenza (come per es. lavoratori precari o a basso reddito e quindi non nelle condizioni di assicurare il puntuale pagamento delle rate). Ciò ha comportato, nella dolosa consapevolezza delle banche mutuanti, la creazione di una vera e propria bolla finanziaria e speculativa che nel breve ha determinato profitti per gli istituti di credito eroganti oltre che per il settore immobiliare (bolla immobiliare).

I problemi sono incominciati, in particolare, con l’aumento dei tassi che ha determinato in automatico l’aumento delle rate dei mutui a tasso variabile (quasi tutti), causando così le prime insolvenze dei clienti, poi divenute di massa. Nel 2008 sono fallite banche fino a quel momento ritenute “immortali” (colpevolmente anche dalle principali agenzie di rating, che sino al giorno prima della bancarotta attribuivano la tripla A), come Lehman Brothers. Fallimenti, licenziamenti, pignoramenti ed espropriazioni immobiliari, tonfi delle borse americane ed internazionali. Queste le prime e solo apparenti nefaste conseguenze di una crisi causata dalla cupidigia di banchieri senza scrupoli, che pur di realizzare profitti facili ed immediati non rispettarono neanche le norme basilari sulla scelta del mutuatario in base al merito creditizio e cioè, in primis, sulla capacità di rimborso, scaricando le conseguenze della propria avidità, come sempre, sugli anelli più deboli della catena e sull’economia reale.

Secondo alcune proiezioni, le perdite subite per via della crisi dei subprime dalle banche americane e di tutto il mondo è stata di 4.100 miliardi di dollari. E sì perché conseguenze ci sono state anche in Europa ed in Italia, nei bilanci e nel valore delle azioni di molte banche, in particolare di quelle maggiormente esposte ai mutui subprime avendo acquistato titoli “tossici” dalle banche americane coinvolte.

Quando si verificano crisi di tal tipo e portata, le conseguenze per la collettività vuoi direttamente (licenziamenti, disoccupazione, tagli alle pensioni, restrizioni nell’accesso al credito bancario) vuoi indirettamente (destinazione di parti consistenti di risorse pubbliche al risanamento delle banche e dell’economia, a svantaggio del Welfare) non mancano mai. Peraltro la crisi americana, che diventò ben presto mondiale e che è in pratica quella che stiamo ancora vivendo soprattutto in Europa, determinò un’ondata recessiva prima nel Nord America e poi in Europa, con tutte le drammatiche conseguenze che conosciamo (drastica riduzione dei posti di lavoro e degli occupati, disoccupazione, svalutazione dei salari reali, crollo della domanda interna e della produzione). E tutto questo mentre i manager delle aziende criminali rimanevano al proprio posto – o andandosene, percepivano liquidazioni milionarie – e continuavano a percepire stipendi e premi da capogiro.

Per salvare l’economia ma soprattutto le banche, la Fed in America e la Bce in Europa hanno posto in essere politiche monetarie finalizzate ad immettere liquidità sui mercati secondari, le borse valori depresse dalla crisi finanziaria, spesso dietro acquisto di titoli di Stato, detenuti da banche ed altri investitori finanziari. Ciò ha consentito a molte di esse, soprattutto quelle coinvolte nella bolla finanziaria, di incominciare a respirare ed a risanare i propri conti. Solo la Fed ha affiancato a tale operazione anche prestiti diretti agli Stati coinvolti in un crack finanziario, in quanto lo statuto le consente di svolgere la funzione di prestatore di ultima istanza e dunque di finanziatore degli Stati.

La Bce invece, non ha gli stessi poteri della Fed e dunque non può finanziare direttamente uno o più Stati membri della Ue, né acquistare titoli di Stato direttamente dai governi emittenti. Dovrà accontentarsi di acquistarli sul mercato secondario ancora una volta da banche e “primarie” istituzioni finanziarie, che in cambio avranno liquidità da destinare soprattutto ad aggiustamenti di bilancio e poi, del caso e se rimane qualcosa, alle esigenze dei propri clienti.

Insomma nell’Eurozona sono le banche private a finanziare gli Stati, dopo aver ricevuto il denaro a prezzi stracciati dalla Banca centrale, lucrandoci i dovuti interessi e dunque sempre a carico dei contribuenti, proprio perché la Bce soldi non ne presta e non ne può prestare agli Stati membri. Così questi ultimi, soprattutto quelli “periferici” come quelli mediterranei (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo) e come l’Irlanda, da poco uscita dal programma di protezione della troika, sono costretti a ridurre la spesa sociale e ad aumentare l’imposizione fiscale per venire incontro alle sempre più pressanti richieste di austerità provenienti dalla troika (Bce, Fmi, Commissione Ue) e dalla Germania.

Il Fondo Salva Stati

I costi dei salvataggi di molte banche dell’Eurozona (banche spagnole, ma anche olandesi e irlandesi) sono stati sostenuti dal Fondo Salva Stati (Esm), nominalmente destinato al sostegno finanziario degli Stati in difficoltà. Il fondo, in realtà, è stato spesso utilizzato per aiutare le banche a rischio fallimento, cui gli Stati di residenza, ma anche, alla fine, i partner europei, avevano deciso di prestare soccorso. Così i soldi dei contribuenti di tutti gli Stati aderenti (l’Italia vi partecipa con 125 miliardi di euro sui circa 700 miliardi di euro di fondi autorizzati) sono stati utilizzati non per salvare gli Stati e le rispettive economie, bensì singole aziende private, con la scusa della salvaguardia della solidità del sistema bancario, considerato centrale per economie locali e globale. Il fondo salva Stati viene principalmente alimentato dalle quote dei singoli aderenti, e dunque dai contribuenti degli Stati nazionali. Il fondo salva Stati viene utilizzato inoltre per l’acquisto di bund tedeschi, dunque per sostenere governo ed economia tedesca, che si permette ovviamente di fare la voce grossa nei confronti della Grecia e dei Paesi periferici!!!

Così il danaro dei cittadini, sempre più spremuti dal fisco, viene utilizzato per il salvataggio di aziende private spesso coinvolte in scandali di ogni tipo ed in gestioni per nulla prudenti ed oculate, ovviamente con la complicità di governi ed autorità di vigilanza (banche centrali nazionali, Bce ed Eba), e per sostenere economie privilegiate come in particolare quella tedesca. Se ci pensate bene, gli Stati salvano le banche con i soldi dei cittadini perché le banche sono i principali finanziatori degli Stati, essendo i più importanti acquirenti di titoli del debito pubblico.

Il Tltro

Dal settembre del 2014 al marzo 2015 la Bce ha erogato alle banche italiane 94 miliardi di euro di Tltro (Targeted Long-Term Refinancing Operations), sotto forma cioè di finanziamenti a bassissimo costo che le banche dovrebbero riversare sull’economia e sulle famiglie, ma che in realtà sono stati per lo più parcheggiati in titoli dello Stato italiano, meno rischiosi e che soprattutto garantiscono un rendimento certo e costante. Insomma qualcosa di preferibile ad investimenti verso privati che le banche sentono ancora come rischiosi e dunque non profittevoli. Secondo la Cgia di Mestre il sistema bancario italiano ha riversato ben pochi di quei danari verso l’economia reale: le famiglie hanno visto aumentare gli impieghi di 3,4 miliardi, mentre le aziende hanno addirittura registrato una nuova contrazione degli impieghi per 13,2 miliardi. Il problema sta alla fonte: la Bce dà di fatto alle banche due anni di tempo per destinare i finanziamenti a famiglie ed imprese, pena la restituzione dei fondi senza però alcuna sanzione a carico delle banche inadempienti.

Tutta questa situazione fa comodo sia alle banche, che si approvvigionano di denaro fresco praticamente gratuito da utilizzare al meglio, sia agli Stati, che emettono titoli del debito pubblico e che trovano acquirenti certi proprio nelle banche.

Una nuova Europa con un nuovo sistema bancario

Non da ieri la sinistra radicale e rivoluzionaria si batte, coerentemente, per la nazionalizzazione delle banche senza indennizzo e dunque senza oneri per la collettività. Così facendo, in un quadro politico ottimale (leggi socialismo), le banche possono ritornare a svolgere solo e soltanto l’attività caratteristica di raccolta del risparmio e di concessione del credito, e ciò in modo equilibrato e senza speculazioni. Ciò consentirebbe anche di impedire alle banche di svolgere attività di tipo finanziario e speculativo che esulano dal loro originario mandato e che hanno concretato in questi anni solo esiti drammaticamente sfavorevoli soprattutto per la collettività, che ha dovuto accollarsi il prezzo di tali fallimentari operazioni (socializzazione delle perdite).

L’Europa di Maastricht sino ad ora si è preoccupata solo della costituzione di una moneta unica e di soddisfare l’avidità e gli appetiti dell’alta finanza e dei governi “collaborazionisti”, per poi realizzare un’unione bancaria. Non di diritti, di persone e di lavoratori si parla, né di solidarietà tra popoli e Stati dell’Unione, ma di imporre brutalmente politiche di austerità e flessibilità a milioni di lavoratori attraverso i governi nazionali. L’Europa di Maastricht si mostra sempre più come una brutale macchina da guerra liberticida ed assassina verso i lavoratori ed i soggetti più deboli in generale. Una macchina che va fermata tempestivamente, se non si vuole che gli interessi dei lavoratori e dei popoli rimangano sempre più schiacciati e compressi da quelli della finanza e del capitalismo.