Sinistra Anticapitalista e le elezioni regionali pugliesi
Comunicato di Sinistra Anticapitalista Puglia
Il comunicato fa seguito ad un lavoro di elaborazione da parte delle compagne e dei compagni di Sinistra Anticapitalista Puglia che ha portato alla redazione di un più ampio documento. Scarica il documento in PDF
Con le elezioni del 31 maggio si chiude l’esperienza durata dieci anni del centrosinistra guidato da Nichi Vendola. Il decennio era iniziato nella speranza del cambiamento e nell’entusiasmo di tanti militanti politici ed attivisti che avevano sostenuto Nichi Vendola come il “candidato nuovo”, non solo per le proposte, ma soprattutto perché era il candidato della sinistra, di Rifondazione Comunista.
Nel 2005 molti avevano pensato che fosse possibile una grande svolta, perché Vendola si presentava con la promessa di rivoltare come un calzino il sistema sanitario locale, di pubblicizzare l’acqua ed ancor più la gestione dell’Acquedotto Pugliese, di incidere, sull’economia e sull’occupazione giovanile.
La realtà dei fatti è stata molto diversa: i rapporti di forza, i legami del PD con le strutture economiche politiche ed istituzionali del sistema capitalista ai diversi livelli, dei cui interessi si fa gestore questo partito, hanno mostrato la grande continuità col passato delle scelte amministrative e politiche e la subordinazione ed integrazione a questo quadro dei dirigenti provenienti dal PRC.
Come avviene sempre quando ci si allea con i partiti della borghesia non è stato Vendola a condizionare da sinistra il PD, ma sono stati Vendola stesso ed il suo gruppo dirigente ad esserne fortemente condizionati, dalle questioni ambientali ed energetiche fino alla questione cruciale dell’Ilva.
Un bilancio che indica che la costruzione di una vera sinistra di alternativa, che stia dalla parte dei lavoratori, che si batta per assicurare diritti, lavoro e reddito ed assicurare servizi universali come la sanità, in condizioni di assoluta trasparenza ed efficienza, debba seguire ben altro percorso e porsi in modo alternativo a tutte le forze padronali, alle organizzazioni di destra e del centrosinistra del PD.
E’ un percorso che va intrapreso soprattutto sul terreno sociale, nei luoghi di lavoro, nei territori, ma che può anche prevedere una partecipazione elettorale utilizzata per valorizzare e gestire questa attività e militanza sociale.
L’approvazione di una legge elettorale antidemocratica che vuole tenere fuori dall’assemblea regionale le forze sociali e della sinistra vera, garantendo la gestione del potere a una ristretta cerchia di oligarchie politiche è una vera e propria vergogna. L’accettazione di SEL di allearsi con questi negatori della democrazia, non solo costituisce un grave errore di questo partito, ma esprime anche quali legami la tengano avvinta al PD.
Per tutte queste ragioni politiche era necessario ed è stato positivo che molti militanti della sinistra, il PRC, la lista Tsipras, attivisti sociali si rifiutassero di accettare una situazione politica così negativa e provassero a dare alle cittadine e ai cittadini una possibilità di voto diversa, ad elaborare un programma di lavoro alternativo, a costruire una lista chiaramente in opposizione al sistema di potere e al blocco sociale che gestisce la regione.
E’ questo il lavoro che è stato fatto per costituire la lista L’altra Puglia che ha come candidato alla Presidenza Riccardo Rossi. Al di là dei suoi limiti e di alcuni aspetti troppo generici del programma, inevitabili forse per la necessità di comporre rapidamente ed unitariamente una lista che sfidasse nelle condizioni estremamente difficili il blocco di potere del PD e dei suoi alleati, ma di cui condividiamo molti contenuti e l’impianto, la formazione di questa lista è un fatto positivo, una reazione al conformismo e alla rassegnazione.
E’ per questo che Sinistra Anticapitalista, pur non facendone parte, invita le cittadine e i cittadini ad esprimere un voto a sinistra, rappresentato dalla lista L’Altra Puglia.
In questo quadro di rapporto unitario la nostra organizzazione sottolinea alcuni assi di lavoro a partire dalla battaglia per il lavoro e la difesa del reddito delle classi lavoratrici e popolari.
Decisiva resta la lotta perché l’intervento pubblico a tutti i livelli, sia quello statale che quello regionale, individui piani di intervento, di creazione di posti di lavoro per la tutela dell’ambiente, per avviare produzione utili per l’intera società e per garantire i servizi sociali. E’ all’interno di questa prospettiva che va garantito un reddito a tutti per i periodi di non lavoro. Il sostegno a chi è senza reddito, deve essere collocato all’interno di un’azione per costruire nuovi e veri posti di lavoro.
La questione dell’Ilva rimane centrale sia dal punto di vista occupazionale che ambientale.
Sinistra Anticapitalista ribadisce con forza la necessità di una vera e piena nazionalizzazione dell’Ilva, ma anche la possibilità, grazie alle nuove tecnologia e alle nuove strutture impiantistiche, che altri paesi già hanno adottato, di ricostruire le condizioni di produzione dell’Ilva, di mantenere cioè i posti di lavoro, riqualificando nello stesso tempo il territorio e garantendo le condizioni ambientali. Per fare questo necessitano grandi risorse per la riconversione delle condizioni di produzione dell’acciaio ed anche per garantire il reddito di tutti i lavoratori durante queste fasi di ristrutturazione. I lavoratori e i cittadini devono lottare per difendere il lavoro e la dignità, l’ambiente in cui vivono insieme alle loro famiglie.
La difesa dell’ambiente e del territorio costituisce un elemento centrale rispetto all’uso capitalistico delle risorse naturali ai fini del profitto: per questo va difeso l’equilibrio delle produzioni agricole e le vocazioni specifiche della nostra regione. Per questo siamo contrari ai progetti di eradicazione degli ulivi, partendo invece dal sostegno alle buone pratiche produttive.
Così come siamo contrari a continuare la disseminazione degli impianti energetici sul nostro territorio e al dissennato progetto del gasdotto Tap che dovrebbe attraversare la regione e va riaffermata la rivendicazione che vuole l’acqua come bene pubblico e comune alla collettività e dunque non privatizzabile.
La Puglia è una regione di frontiera e grazie a questa sua caratteristica è uno degli approdi italiani dei profughi che a decine di migliaia attraversano il Mediterraneo, a rischio della vita. Per la medesima caratteristica la Puglia è anche una delle regioni italiane maggiormente militarizzate, disseminata di servitù militari e strutture “civili” che in realtà sono militari. Ora che il fenomeno dell’esodo dall’Africa e dal Medio Oriente diventa ancora più massiccio, si impone in modo sempre più urgente l’obbligo di cercare soluzioni che escano dalla vaghezza e dalla sola gestione delle “emergenze”. In questo contesto, è indispensabile avere il coraggio politico di chiedere che la Puglia diventi una “regione aperta” dove i profughi che vi giungono non trovino solo un temporaneo riparo dalla morte in mare, ma anche un luogo dove avere subito un riconoscimento dello status di rifugiati. Nessun’altra soluzione è veramente efficace per limitare i danni delle sciagurate politiche nazionali che invece si basano sull’aggressività militare, l’esclusione e lo sfruttamento. Riconvertire le spese militari in tutt’altra direzione e favorire il flusso e il deflusso delle migrazioni in modo virtuoso è l’unica soluzione non solo per limitare le stragi nel Mediterraneo, ma anche per pensare un futuro in cui nella nostra regione lo sfruttamento e l’esclusione ammantate di “buonismo” coloniale non abbiano più ragione di esistere.