Napoli, i Rom, Scampia e la “questione meridionale”.

di Annamaria Di Stefano

Se fosse lecito ironizzare (ma forse serve alla riflessione sullo “stato dell’arte” della coscienza anticapitalista) intorno a ciò che venerdì 20 novembre 2014 è accaduto a Scampia di Napoli, per l’arrovellarsi del municipio locale sull’affaire rom (1), diremmo che si è trattato di un bell’esempio di sconfitta morale del capitalismo e del liberismo delle mani sulla città.

Se sa di molto amaro ironizzare sull’impari lotta tra vita e potere (l’attacco alla vita della politica liberista è ormai finalmente coscienza diffusa), bisognerà pure ammettere che il prendere atto che si vuole che sia da sempre troppo tardi per il meridione ed il popolo dei rom, non è cosa da poco, e dà l’unico senso possibile alla resistenza ed alla lotta.

Fatto sta che nella famigerata banlieue napoletana, dopo decenni di roghi che la criminalità organizzata ha negli anni ripetutamente appiccato agli insediamenti-lager dove sono stati relegati dal razzismo istituzionale e dalla Bossi-Fini i profughi rom, per la prima volta si è verificato un fronte unico immigrati–deprivati del mondo, uniti ad opporsi con coscienza di classe alla forza bruta dello sgombro e del respingimento.

Sempre più e da più parti si sta gridando che “il re è nudo” e ciò sta avvenendo non in maniera ideologica e con lo sguardo di lontananza, ma con l’internazionalismo della lotta affianco ed insieme ai fratelli immigrati.

Una lotta che smaschera, e non è poco, l’ultimo affaire che la politica razzista vuole perpetrare sulle persone immigrate, avvalendosi della maschera nazional-popolare, quotidianamente confezionata dalle televisioni di stato.

I re questa volta in questione sono di fatto i sindaci delle locali municipalità delle sterminate periferie del nord-est di Napoli, che non hanno perso l’occasione di seguire il trend attualmente più in voga (sempre più feroce in periodi pre-elettorali) di imperare dividendo i poveri del mondo.

A Scampia, il 20 novembre 2014, è accaduto un miracolo che codesti re non avevano previsto e non potevano, a mio avviso, mai prevedere.

Essi infatti, sono molto disinvolti con i potentati locali, entrano ed escono dagli assessorati spesso radical-left, si sentono accolti ed ascoltati.

Tanto, agire, sanno che lo faranno loro, per la ininterrotta presa di possesso del territorio, perfino vidimata da legittime elezioni.

Ed in maniera strategica mobilitano le televisioni locali, le barricate, i boss e le manovalanze delinquenziali, per l’ora X in cui famiglie di profughi, prigioniere dei campi da più di tre generazioni, vengano “delocalizzate” al quartiere limitrofo, per ingoiare un altro giro di discariche, essere angariati da altri delinquenti, rendere fruttuoso qualche altro affaire.

Invece a Scampia di Napoli (ben scavato vecchia talpa!) è accaduto il miracolo che l’associazionismo giovanile, i parroci di periferia, tre generazioni di rom, le insegnanti precarie ed i presidi di frontiera si sono uniti per deridere il re, per dire che era nudo!

E mentre costui voleva mobilitare l’esercito per vendicarsi di dover regnare (non sui poveri, che quello è il più grande degli affari), ma su un numero troppo limitato di Km quadrati, mentre la macchina del rifiuto sociale continua a stritolare famiglie, donne, bambini, ed insomma il diritto alla vita, c’è stata quella che lui non riesce nemmeno ad immaginare: l’immateriale solidarietà della coscienza di classe!

1) cfr Marco Nieli “A nuie ce’ dispiace sul’ pe’ zoccole” edizioni La città del sole , Napoli, 2011. La definizione è dell’autore.