Napoli, un’altra giornata di mobilitazione contro il governo

di Umberto Oreste, Sinistra Anticapitalista Napoli

Il movimento che dall’inizio dell’autunno attraversa l’Italia per rottamare il governo Renzi ha segnato un’altra tappa. Napoli già si era espressa contro la BCE il 2 ottobre, contro lo sblocca Italia il 7 novembre, per lo sciopero sociale il 14. Questa volta, il 21 novembre sono scesi in piazza i lavoratori della FIOM per uno sciopero generale di tutto il Centro Sud.

Quattro cortei su temi diversi ma tutti con la stessa strategia: opporsi alle politiche economiche dell’austerità, ricercare unità di lotta tra precari, operai, studenti, disoccupati, pensionati, avere consapevolezza di una fase di scontro sociale che deve continuare a crescere, che deve fare paura al governo, alla Confindustria, all’Europa dei trattati.

Ma a Napoli da tempo non ci sono soltanto grandi cortei ma la conflittualità sociale è quotidiana e si esprime nelle tante vertenze contro le privatizzazioni, i licenziamenti, la chiusura delle fabbriche; sarebbe lungo elencarle tutte, ma senza il sostrato del disagio sociale sul lavoro, sulla casa, sulla carenza dei servizi, non ci sarebbe spazio per le mobilitazioni cittadine e nazionali.

La crisi al Sud è tremendamente più grave che altrove e veramente stanno scivolando nella povertà estrema tante famiglie di lavoratori che perdono il posto, di commercianti costretti a chiudere le attività, malati che non possono accedere alle cure, anziani ai quali viene tagliata l’assistenza. Per questo succede che quando i movimenti antagonisti vanno nei quartieri popolari, la gente accoglie bene i cortei come sta avvenendo negli ultimi tempi.

Oggi a Napoli i vari spezzoni del sindacalismo conflittuale, della sinistra alternativa, dei comitati studenteschi, dei comitati di quartiere, dei centri sociali hanno cominciato a fare insieme laboratori di approfondimento analitico sulle contraddizioni sociali, sulle forme di lotta, sulle strategie nel conflitto. Sono momenti importanti per una lotta che non è fatta solo di una serie di date di manifestazioni, ma vuole arrivare a risultati positivi e non solo alla limitazione del danno come è la pratica storica delle burocrazie sindacali. Dopo la giornata del 21 ci saranno momenti di bilancio e di rilancio: il vero obbiettivo è un vero sciopero generale che blocchi tutto il paese dalle fabbriche ai trasporti, dalle scuole ai mercati, dai call center alle autostrade, dai porti ai giornali, uno sciopero che scuota il paese e rottami il governo Renzi. La storia ci dimostra che gli scioperi generali possono fare cadere i governi: è successo anche nel 1960 governo Tambroni, 1970 governo Rumor, 1994 governo Berlusconi. E’ anche vero, però, che lo sciopero generale può essere controproducente se fatto solo per mantenere in piedi la concertazione, come quando, contro la riforma Fornero delle pensioni, nel 2011 vennero proclamate solo tre ore di sciopero a fine turno. Questa volta non lo permetteremo.