Contributo da Torino: STOP TTIP

di Giorgio Carlin

Il trattato di liberalizzazione degli scambi interatlantici rappresenta un insieme di enormi vantaggi commerciali per gli USA perché, oltre ad azzerare i già bassi dazi, consentirebbe di cancellare, addirittura vietare come “distorsive della concorrenza”, tutte le norme di protezione dell’ambiente, di sicurezza e certificazione della qualità dei cibi, della protezione dei diritti (residui..) dei lavoratori e della gestione pubblica di almeno alcuni servizi essenziali.
Di qui l’enorme interesse delle corporation americane, ma gli europei, i “nostri” eurocrati perché lo fanno?
Certo ci sono centinaia di miliardi in ballo e quindi ci immaginiamo le tangenti già distribuite dalle lobby e c’è il delirio ideologico che alberga nel cuore della troika, questi Pol Pot dell’ultraliberismo.
Per il TTIP ( e la Troika) il profitto deve affermarsi come unica “variabile indipendente”. Indipendente dalla difesa dell’ambiente, dei diritti e della salute umana che non ne potranno contrastare in alcun modo il pieno ed incontrollato sviluppo .
Ma non può bastare, penso ci sia dell’altro.
Parliamo dell’aspetto agricolo del trattato: nella distruzione della produzione “contadina” europea (il principale obbiettivo dichiarato del TTIP) c’è l’obbiettivo di una drastica riduzione del costo, e ovviamente della qualità, degli alimenti popolari.
Pollo al cloro, carne agli estrogeni, prodotti geneticamente modificati, in America legali ed in Europa attualmente proibiti, costano alla produzione molto meno.
Imporli sulle mense popolari rappresenta la possibilità di ridurre ulteriormente i salari, ormai schiacciati sul livello di sopravvivenza elementare. Come la sostituzione, nel’800, del mais al molto più salubre grano nelle coltivazioni padane e mense contadine. Con le conseguenze sanitarie che leggiamo nei libri, ma un buon aumento dei profitti dei latifondisti. D’altronde, con consueta schiettezza, la banca Morgan dice più o meno così: “I poveri vivono troppo a lungo, un bel po’ oltre l’età di un loro utile sfruttamento”.
Naturalmente la rovina dell’agricoltura contadina europea e la svendita dei loro terreni consentirebbe anche (con moderne “enclosure”) un magnifico campo di speculazione per la finanza e le multinazionali dell’agrobussines.
“Loro” invece non si avvelenerebbero. Resterebbe un mercato sempre più ridotto, ma al contempo sempre più costoso e controllato, di alimenti “naturali”, ormai di lusso.
Una nuova frontiera del lusso, che già oggi viene celebrata negli Eatitaly ed avrà la sua apoteosi nella prossima Fiera milanese.
Occorre che “gli altri” si mobilitino. Cominciando dai contadini e dalle loro organizzazioni e dai consumatori, oggi intrappolati da associazioni troppo dipendenti da benevolenze governative. Ma la cosa riguarda tutti i lavoratori il cui futuro rischia di assomigliare alle più cupe profezie dei romanzi di fantascienza cosiddetta post-atomica. Fortunatamente senza atomiche.. Siamo sicuri? Gli USA non ci regaleranno anche quello?

Torino 30-10-2014
Giorgio Carlin