Capitolo 2. Natura e scelte del governo Renzi

Il Coordinamento Nazionale di Sinistra Anticapitalista nella sua riunione del 25 settembre ha discusso ed approvato un documento che sintetizza il quadro sociale e politico dello scontro di classe nel nostro paese, definendo alcune proposte politiche e l’impegno dell’organizzazione per una mobilitazione ampia, unitaria e generale nella battaglia di autunno che si è aperta.

Contro il governo Renzi costruire percorsi unitari di lotta

Documento del Coordinamento nazionale di Sinistra Anticapitalista
Bellaria, 25 settembre 2014

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Capitolo 2

Natura e scelte del governo Renzi

Il governo Renzi è in piena continuità politica con i governi che lo hanno preceduto ed ha scalzato il governo Letta proprio per permettere alla classe dominante di avere uno strumento meno logoro e più efficace per continuare le politiche dell’austerità e soprattutto per poterle gestire dal punto di vista sociale e del consenso.

1. L’operazione che Renzi ha costruito insieme agli esponenti della borghesia e dei suoi media è stata quello di presentarsi esattamente all’opposto di quel che è, cioè come una rottura della continuità dei governi precedenti di unità nazionale o delle larghe intese, cioè bipartisan; l’uomo nuovo che crea nuove speranze, che realizza la rottamazione del vecchio e che quindi deve apparire come capace di assicurare quel cambiamento a cui aspirano ampi settori di massa dopo anni di sopportazione del peso delle politiche di austerità.
In realtà siamo sempre dentro la convergenza delle forze sia del cosiddetto centro destra, che del centro sinistra, non solo perché NCD e SC sono nel governo, ma soprattutto perché Renzi è con Berlusconi che ha sancito un oscuro patto di ferro che va sotto il nome del Patto del Nazareno, che ancora probabilmente non ha rilasciato tutto i suoi veleni. L’operazione è quella classica gattopardesca del “cambiare, apparentemente tutto, perché nulla cambi”; peraltro la sua ascesa è stata possibile solo con una alleanza molto forte coi settori sociali ed economici, nonché gli apparati dello stato che veramente contano.
Finora ha gestito con una certa abilità e successo una propaganda demagogica contro burocrati, politici e sindacati, facendo molte promesse o anche verniciando come nuovi provvedimenti in realtà già realizzati da precedenti governi (vedasi per esempio la promessa stabilizzazione di un certo numero di insegnati precari, dopo che per altro negli ultimi anni il corpo insegnante si è già ridotto di oltre 100.000 unità).

2. In realtà ogni proposta o promessa di migliorare la condizione di qualcuno non è altro che il classico zuccherino con cui si prova a mascherare la scelta liberista di fondo che è alla base della sua azione. Questo è stato il significato degli 80 euro unito all’ulteriore precarizzazione del lavoro e al Job Act. Così è anche quello che si intende fare nella scuola, dove decisivo, dal suo punto di vista, è riuscire ad operare una divisione del personale, per ridurre gli stipendi e fare un passo avanti nella sua privatizzazione. Le risorse vengono prese sempre nello stesso sacco, quello del lavoro dipendente e del welfare, penalizzando alcuni settori e dando qualche piccola mancia ad altri, con una risultante complessivamente peggiorativa per i lavoratori nella distribuzione del reddito.
Così in particolare si intende fare con la gigantesca operazione della spending review che se portata a termine distruggerà letteralmente quel che resta del welfare e dell’intervento pubblico sociale e dei servizi; nella stessa direzione vanno i progetti di nuove accelerate privatizzazioni di settori industriali strategici finora pubblici ed anche assai redditizi, così anche i regali costanti che vengono fatti al padronato che, la stampa quasi omette dalla sua informazione. Siamo di fronte un padronato sempre più avido, che insorge contro una spesa pubblica accusata di essere insopportabile e al di sopra delle possibilità del paese, ma che, a questo stesso stato chiede sempre più prebende e risorse.

3. E non va dimenticato come il governo, con la protervia di sempre, continui a sviluppare le grandi opere di cementificazione, come la TAV in Val Susa, come l’Expo di Milano, come il Mose di Venezia (solo per citarne alcune), nonostante le devastazioni ambientali e sociali, le astronomiche spese e le deformazioni speculative che queste comportano, nonostante le proteste diffuse e, persino, nonostante sia acclarato dalle numerose indagini giudiziarie come tali opere siano sede di vergognose operazioni di corruzione politica.

4. Per fare tutto questo serve la controriforma costituzionale per due ragioni: da una parte spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo terreno per mostrare quanto rapidamente e bene sappia fare il giovin signore di Firenze e come si sia intrapresa veramente una nuova strada; dall’altra perché la classe dominante ha bisogno di una involuzione autoritaria delle istituzioni e di una mortificazione della democrazia perché questa sono funzionali a poter gestire con meno intoppi sociali le politiche dell’austerità. Siamo di fronte non a qualche correzione di rilievo della Costituzione, ma a una riscrittura sostanziale del testo che ne modifica completamente il quadro democratico, riducendo fortemente la stessa espressione della sovranità popolare nella sua correlazione con la nuova legge elettorale già approvata dalla Camera, complicando anche la possibilità di espressione diretta della volontà popolare tramite gli istituti di legge popolare e di referendum.
E questa involuzione antidemocratica non è altro che una trasposizione nazionale di quelle che sono le strutture istituzionali europee, che non a caso sono costruite il più lontano possibile dai cittadini e dal loro controllo e soprattutto sono costruite sul totale dominio degli esecutivi e sul potere “esterno” delle forze borghesi finanziarie, cioè sulla Troika.

5. Ma se Renzi aveva puntato da una parte su una parziale ripresa economica e dall’altra sul fatto che la commissione europea, se pure sottovoce e con qualche riserva, avrebbe dovuto dargli il permesso di non intervenire con una manovra correttiva sul bilancio di quest’anno, la situazione economica e le dure leggi liberiste del fiscal compact e i famigerati vincoli di bilancio europei sorvegliati dalla Commissione europea, lo stanno mettendo con le spalle al muro.
Si tratta infatti di varare la legge di stabilità per il 2015, la vecchia legge finanziaria, e, a differenza di quel che ha voluto far credere, la flessibilità, cioè la possibilità di poter agire un poco di più sul deficit è ridotta nelle attuale condizioni quasi allo zero, come gli ricordano quotidianamente i garanti europei dell’austerità. E qui si parte da 20 miliardi come minimo.
Le slides televisive possono ingannare molti cittadini, ma non i tecnici della borghesia, le controriforme costituzionali non evitano, ma anzi sono funzionali a una nuova stagione di offensiva contro le classi popolari.
I margini di manovra del governo sono dunque assai stretti e si reggono in particolare sulle molteplici forme di subordinazione e collaborazione che caratterizzano, se pure in forme diverse, tutte le Confederazioni sindacali.
Né è escludibile che Renzi, per salvare se stesso e per gestire comunque la sua politica sia spinto alla crisi di governo e alle elezioni anticipate, per cercare un plebiscito vincente sulla sua persona ed in questo modo avere via libera nella gestione di una fase di politica dell’austerità.

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